Originariamente inviata da
s@ve
Originariamente inviata da
adfk
save, tralasciando chi non ha un lavoro o chi ha un rapporto di collaborazione, i contratti a tempo determinato e indeterminato portano alla fine del rapporto di lavoro al tfr o tfrl (si è la stessa cosa)...è vero che per ora se lo godono le aziende, ma nota che è molto più sicuro li che in mano a un qualsiasi istituto previdenziale...in poche parole i vari governi (e questo dovrebbe riuscirci) vogliono toglierlo ai lavoratori per integrarlo nella loro pensione....il fatto è che se fosse facoltativo potrebbe essere anche accettabile ma obbligatorio, mi pare un abuso di potere (i soldi sono sempre NOSTRI dopotutto) nonchè uno tattica per ripianare il debito pensionistico...e in poche parole dare le pensioni a quelli che la devono prendere tutt'oggi...fin qui ci siamo?
Se ho imparato il tuo pensiero innquesti mesi che ci conosciamo, credo di poter affermare che su questo tasto potremmo pensarla in modo simile.
Ti dico il mio pensiero:
Io credo che quando un lavoratore versa i contributi per la SUA pensione, questi soldi dovrebbero servire per essere accumulati per la SUA pensione e non per pagare - al presente - quella di suo padre e di sua madre, i cui contributi sono spariti non si sa dove.
Quindi c'è questo buco nel pagamento delle pensioni. Che va risanato, ce lo stanno imponendo a livello di CEE se ho ben capito.
Siccome non sanno come fare, tutti i governi avrebbero voluto appropriarsi del TFR, ma nessuno ha fin'ora avuto il coraggio di farlo per paura di perdere voti.
Io dico che sarebbe una grande porcata e che i soldi per risanare l'inps vanno cercati altrove. punto.
Però ti prego di non farne un discorso politico, che il problema esiste dai tempi della DC, e probabilmente i soldi relativi all'ammanco sn nei c.c. di qualche suo notabile esponente.
Detto questo devo dire che non mi piace nemmeno che i soldi del TFR, che sn proprietà del lavoratore, debbano essere nel c.c. dell'azienda per cui lavora. Io dico che questi soldi dovrebbero essere versati in una banca di comprovata serietà, magari sotto il severo controllo della banca d'Italia e rivalutati adeguatamente in funzione del costo del denaro, magari seguendo gli indici dettati di anno in anno dalla BCE.