Se riprendessimo la nostra sovranità monetaria andremmo incontro al modello Argentino:
Argentina: un passato e un presente da incubo | The Fielder
" Sovranità monetaria ed equivoci
Tutto ebbe inizio nel 1991. L’Argentina doveva fronteggiare un’inflazione che viaggiava a dati mensili vicini al 150%. Il presidente Carlos Menem introdusse un currency board («comitato valutario») che fissava una convertibilità d’1 a 1 tra il peso e il dollaro, ponendo come garanzia le riserve in dollari della banca centrale. Grazie a quest’intervento, il dato annuale dell’inflazione passò dal 4000% di fine anni Ottanta al 4% del 1994. Il tasso fisso tra peso e dollaro ricevette anche l’approvazione del Fondo Monetario Internazionale, che fu letta dagl’istituti di credito internazionali come un’implicita garanzia di salvataggio. Tutto ciò fece sí che gl’investitori internazionali riversassero ingenti quantità di dollari nel Paese. Contemporaneamente, l’Argentina registrò tassi di crescita annuali del 5%." (continua nel link)
Noi, grosso modo, abbiamo fatto lo stesso gioco dell'Argentina: abbiamo legato la nostra economia ad una moneta esterna forte, e così abbiamo debellato la nostra iper inflazione. Solo che ora, per recuperare competitività, quelli che si stanno rattrappendo non sono i poteri d'acquisto, ma i nostri salari.
Insomma, nelle nostre latitudini, la scelta è sempre tra la fame o la sete...
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Sì, ma poi il nuovo Huawei a 92 euro te lo sogni ...
Scherzi a parte, quando questi gingelli erano quasi tutti appannaggio dei giapponesi uno stereo della macchina costava, ricordo bene, uno stipendio di un operaio. Non vi dico quanto costasse uno stereo per casa.
Ora che facciamo, erigiamo una grande muraglia tutto intorno all'Italia? Penso che non funzioni. Se la costruissimo tutto intorno all'Europa forse sì. Vi invito a leggere questo articolo di questa persona che stimo molto:
http://www.corriere.it/editoriali/12...404235e2.shtml
"Non ieri ma diciannove anni fa (nel 1993) scrivevo che la globalizzazione economica - non quella finanziaria, che è cosa diversa - mi pareva un errore per questa semplice ragione (in condensatissima sintesi): che a parità di tecnologia i Paesi a basso costo di lavoro avrebbero messo in disoccupazione i Paesi benestanti, perché la manifattura si sarebbe dovuta trasferire nei Paesi poveri e così, ripeto, i lavoratori dei Paesi benestanti sarebbero restati senza lavoro.
Ho fatto questo rilievo in parecchie altre occasioni, ma sempre parlando a dei sordi. Eppure l'argomento era semplice e ovvio. Oggi la abnorme disoccupazione dell'Occidente e il trasferimento della manodopera nei Paesi nei quali costa anche dieci volte meno è sotto gli occhi di tutti. Ma gli economisti non l'avevano previsto e ora fanno finta di nulla. La loro ricetta per l'Occidente è di diventare sempre più inventivo e all'avanguardia. Ma è un alibi che non tiene. Anche loro, come tutti, sanno che da gran tempo il Giappone e successivamente anche Cina e India sono tecnologicamente bravi quanto noi. Resta il fatto che ormai la frittata è fatta.
In questa frittata gli italiani sono tra i peggio messi. Noi siamo chiaramente in recessione. Per uscirne e risalire la china la parola d'ordine è: investire-crescere, investire-crescere. Tante grazie; ma i soldi dove sono? Lo Stato è stracarico di debiti e non ha in cassa nemmeno i soldi per pagare i suoi fornitori in tempi ragionevoli." (continua nel link)
Il Jobs Act é una riforma molto più mirata di quello che possa sembrare. Se io dicessi così, per dire, che rendere un lavoratore precario fa bene ovviamente tutti quanti mi darete, giustamente, addosso. Il fatto é semplice anche se può sembrare paradossale: un eccessivo grado di tutela (e burocratizzazione) del lavoratore, così come in Italia, non fa altro che aumentare il tasso di disoccupazione. Non lo dico tanto per dire, basta aprire un buon libro di Macroeconomia per rendersene conto.
Quello che frena le assunzioni non è tanto il tasso di tutele (non dico che non abbia influenza, dico che ne ha di più limitata). Ciò che VERAMENTE frena è il COSTO DEL LAVORO, che non significa specificamente lo stipendio al lavoratore ma tutti i costi per l'azienda associati all'assunzione e al "mantenimento" di quel lavoratore. È quello che bisogna cercare di tenere assolutamente basso. Anzi, due cose: il costo del lavoro, e il costo dell'energia (immaginate anche solo un'azienda medio piccola, capirete che anche la semplice "bolletta della luce" è un costo non indifferente).
Assolutissimamente, tant'é vero che il motivo per il quale la tutela del lavoratore va ad aumentare la disoccupazione é data proprio dal fatto che in questo modo aumenta per l'impresa il costo del lavoratore stesso. Ci sono forti imposizioni fiscali che gravano sul lavoro dipendente, é anche questo che rende le nostre aziende poco competitive.
Riguardo al discorso sull'Argentina che è peggiorata tornando alla sovranità monetaria a me sembra tanto strano, dato che conosco una persona che in Argentina ci abita...
non sono tanto d'accordo o meglio la cosa peggiore sono le tutele assurde che i lavoratori hanno.
bisogna ficcarsi nella testa che nessun datore di lavoro ha interesse a licenziare qualcuno tanto per divertirsi.
se ti licenzio è perchè non sei capace, non hai disciplina, non me lo posso permettere ecc.. tutti motivi validi.
nessun capo ha interesse a licenziare per fare dispetto, nella gran parte dei casi sono tutte paranoie di chi oggettivamente crede di essere capace ma cosi indispensabile non è.
a me i buoni voucher hanno permesso di poter bypassare in parte questo problema.. di poter valutare per bene almeno chi assumo.. però se uno si comporta bene per 6 mesi poi inizia a far l'asino sono fregato perchè lo stato non mi permette di spedirlo a casa a calci in culo..
ho un lavoratore (oltretutto scarso ma non l'ho scelto io..) datato in officina che ogni anno in estate nel periodo in cui c'è più lavoro cade puntualmente in moto e si spacca e sta a casa un mese.. e di casi ben peggiori ne ho sentiti tanti.
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basta avere un pò di sale in zucca per capire che meno i lavoratori sono tutelati, più si faranno il culo per imparare a lavorare meglio, rendendo il lavoro del proprio paese più competitivo.
Mi piacerebbe pensare che fosse sempre così, Hulk, e ti dirò: di casi come quelli che descrivi ce ne sono certamente a bizzeffe. Non si può negare, però, che molti altri decidano semplicemente di sovra-sfruttare un numero più ristretto di lavoratori, cercando allo stesso tempo ogni possibile escamotage per non farli risultare come straordinari, o comunque pagare le loro prestazioni meno di quanto in realtà spetterebbe...Vedi ad esempio i call center, il sottobosco della grande distribuzione o il settore dei trasporti merci (camionisti e corrieri, in poche parole).
Il "non me lo posso permettere", inoltre, è un problema soprattutto per le aziende piccole, che già di loro hanno mano molto più libera (quelle al di sotto della fatidica soglia di 15 dipendenti). Per quelle medio-grandi e grandi è soltanto un paravento, una scusa per aumentare ancora i propri profitti sulla pelle dei lavoratori...
Sembrerà assurdo sentir dire qualcosa di simil-comunista da me, ma purtroppo è la verità. Non penserete di certo che gruppi come Fiat, Vestas o Marcegaglia siano VERAMENTE in crisi...eppure licenziano e delocalizzano...e lo fanno perchè purtroppo glielo si permette.
ma se, poniamo caso assurdo, io decido di pagarti 200 euro per lavorare 12 ore in officina e tu accetti, significa che molto probabilmente posso permettermi la stessa cifra con altri, e che quindi tu vali come gli altri, altrimenti tu non accetteresti.
al giorno d'oggi devi renderti indispensabile in quello che fai, o quantomeno saper fare molto più degli altri per poter avere un posto sicuro.. ho tanti bravi dipendenti capaci di fare ciò che fanno, ma che potrei tranquillamente sostituire in qualsiasi momento.