Questa è una parte di una lettera che ho scritto alla mia migliore amica circa due anni fa, della quale ero profondamente innamorato. L'ho messa così, anche se a dire la verità non ne avevo molta voglia, comunque a me piace molto, credo sia una delle più belle che le ho scritto. se avete la pazienza e la voglia di leggerla tutta, mi farebbe piacere, i commenti li credo superflui!!.. boh, fate voi..
E' sera, è tardi. La luna non si vede e le stelle sono semi-buie nascoste dalla elettrica luce dei lampioni.
Vado sul balcone e guardo per le strade: ci sono macchine e scooter e moto che corrono veloci sull'asfalto, ognuno preso dalla sua velocità.
Un barbone è seduto sul marciapiede: accarezza meccanicamente il grosso cane bianco che gli si è posato in grembo e beve una birra.
Che squallido paese, l'Italia!
Ho passato un'altra giornata di inferno, ma ormai non mi stupisco più: la mia vita sembra essere un'inferno e forse lo è.
Non lo so.
Mi suona debole il telefonino, lo prendo, vedo il nom e che mi ha appena chiamato: "rori mia"...
Ecco, mi hai appena dato la buonanotte, nonostante tutta la rabbia, mi scivola un sorriso.
Rientro dentro casa, prendo un foglio bianco, una penna e scrivo...
"Ciao tesoro mio!...E' sera, è tardi..."
Le lettere pretendono risposte, conferme. Questa invece, non ha nessuna pretesa. Voglio solo dirti quanto mi sento solo.
E quanto mi manchi.
Mi mancano i tuoi sorrisi, le tue parole così dolci e dirette, i tuoi sguardi sicuri e affidabili e quell'aria di sofferenza che a volte hai
e che mi fa sentire come una persona più vicina, mandata apposta per proteggerti dal male e farti sorridere di nuovo.
Che pazzia! Ricordo ancora quei pochi momenti in cui mi sentivo vivo, quando scendevo dal treno e ti venivo incontro e tu mi abbracciavi,
sorridente e con i capelli al vento!
Era come rivedere il sole dopo aver vagato senza meta nell'oscurità, e ogni volta che risalivo sul treno per tornare nella mia squallida città,
il solito pensiero: Dio! Che cosa mi hai tolto?
E poi la solitudine...
Io non voglio vivere nell'errore di non averti mai incontrato e se ancora non sono morto, quando morirò, lo farò sorridendo perchè capirò di non aver vissuto invano
e di non essere perito anch'io come quella stella ubbidiente.
Invece ho incontrato te, l'altra stella della mia costellazione e, anche se sei così lontana, la tua luce continuerà a risplendere come un faro sulla mia vita.
A volte, la tua luce mi arriva a intermittenza e non riesco a perdonarmi il fatto di essere inerme davanti a ciò.
Vorrei trasgredire le leggi dell'universo e venirti a trovare. Ma mi dici sempre che stai bene, di non preoccuparmi, che tutto va bene.
Ma come faccio a non preoccuparmi? Mi sento morire quando la vita sembra voltarti le spallee cerchi di nasconderlo.
Sono inerme, non posso. Non voglio. No!
Siamo due stelle incompatibili che si sono cercate e trovate tra miliardi di altre stelle e sono diventate compatibili. O almeno ci stanno provando.
A volte ringrazio il cielo che mi ha messo accanto una persona come te.
Non ho mai creduto agli angeli finchè non ti ho conosciuta, finchè non ti ho trovata.
Ecco, di nuovo il telefonino: il trillo acuto e penetrante del messaggio: "Buonanotte, tesoro", accanto uno smile, un tadb.
Una parola, un sorriso. Vita. Vita pura.
Un'altro squillo, leggo il tuo nome sul display. Forse volevi essere sicura che avessi letto il tuo messaggio.
Scrivo: "Buonanotte anche a te", non è molto, lo so. Invio in corso.
Messaggio inviato.
Ecco.
Guardo il cielo la mia stella: è luminosa come non lo è stata mai, la tua splende a tal punto che oscura la luna.
Abbiamo vinto la forza universale. Ci siamo incontrati, di nuovo.
Adesso c'è la fine.
Posso morire felice.
Finalmente.