Questo che vi posterò è la metà del primo capitolo di un libro che sto cercando di scrivere intitolato "Anche le stelle piangono".
Accetto consigli e critiche!
"Katia se ne stava lì, seduta sulla sua piccola poltroncina di pelle rossa. Guardava fuori dalla finestra. Esplorava tutto in modo vago, non riusciva a mettere a fuoco nulla di quello che la circondava. Mille pensieri le apparivano nella mente in modo confuso come una composizione astratta. Arrancava a fatica nella sua testa. Cercava un modo per spiegarsi quello che era successo qualche mese prima.
Alcune lacrime le scendevano lentamente sul viso. Le sembravano in fiamme quelle piccole goccioline di acqua. Con una mano, si ripulì il viso dal trucco e andò a posarla leggera su di un bracciolo in pelle.
I suoi occhi azzurri erano stanchi di scrutare inutilmente l’orizzonte della città in cerca di una conclusione plausibile, poiché il tutto smentiva le sue ipotesi.
Era come una nuvola grigia in un cielo azzurro, come un nido di rondine abbandonato, come una nave alla deriva nell’immenso oceano. In poche parole, ora, era sola.
Non mangiava da giorni, non dormiva da sette. Per lei, tutto questo era interminabile. Un dolore troppo forte, un dolore con cui nessuno poteva convivere.
Era colpa sua? Doveva dar retta a suo zio? Forse sì. Forse, quel piccolo neurone adulto le aveva detto qualcosa a riguardo, ma i restanti, ancora giovani, immaturi, vogliosi di rischi, le avevano fatto fare tutto il contrario. Ed ora? Eh, ora se ne stava là, seduta, chiudendo stancamente le palpebre ed inspirando profondamente.
Molti dei suoi amici l’avevano telefonata. Milioni di volte qualcuno suonò il suo campanello, quante le lettere… ma per loro fu tutto invano.
Katia aveva voglia soltanto di piangere, piangere fin quando tutto il Mondo non si sia allagato, piangere fin che giustizia non fosse fatta.
Il cane la guardava di sbieco da sotto il tavolino di marmo rosa. Quando la padrona muoveva un braccio iniziava a scodinzolare e poi, più nulla. La ragazza sembrava aver perso la volontà di amare, la volontà di andare avanti, la volontà di vivere.
Che cosa doveva fare? Dio l’aveva abbandonata, le aveva dato in mano le redini, le redini di un cavallo selvaggio che sgroppava furioso.
Ogni tanto muoveva le dita delle mani, le sembrava di suonare il suo vecchio pianoforte. Sussurrava qualche strofa e poi basta, ritornava nell’abisso nel quale anche ad uno squalo sarebbero venuti i brividi.
Il piccolo appartamento era freddo. Le luci erano sempre spente, il frigorifero sempre vuoto, soltanto qualche sacchetto di crocchette per cani. Anche Pussi, il suo levriero, aveva perso l’appetito. Non poteva non soffrire anche lui.
Katia piangeva in un pianto silenzioso, straziante. Urlava dentro di se, era un grido così penetrante che persino ad Ade avrebbe fatto terrore.
Non si guardava più allo specchio, aveva paura, una paura cieca che non aveva nessun significato.
Se ne stava là, a guardare i profili delle case bagnate dalla leggera pioggia estiva, a masticare l’aria, a respirare aria spasimante.
Perché tutto questo? "