Tra la prima e la seconda ora, durante l'ed. fisica, un mio amico con la scusa di prendere il giubbotto, sale in classe, lascia una lettera sul banco e con una rincorsa si lancia dal balcone della sua classe del terzo piano attigua alla mia. La mia migliore amica (della classe sotto alla sua) l'ha visto cadere giù e ha chiamato il pronto intervento.
E' un dolore tremendo scrivere e parlarne: è successo Sabato ed ancora è in pericolo di vita con prognosi riservata.
La tv e la stampa ha invaso la scuola insieme alla polizia: ed ecco lo sciacallaggio di informazioni.
L'agitazione è stato la causa di molte ansie: tutti che correvano, polizia, vigili del fuoco, ambulanze, professori, alunni.
Il punto in cui è caduto è inacessibile, quindi i primi soccorsi li ha avuti dai vigili del fuoco che con le loro scale sono riusciti a portarlo nell'ambulanza.
Guardare il padre correre verso il proprio figlio, le parole del direttore (un prete salesiano) <<Voi>> mi hanno stretto il cuore e hanno lasciato un grande vuoto dentro me.
Dicono di sfogarsi, di parlare, di scaricare le tensioni, ma come si fa?
Come si fa a non pensare ad un tale dolore che lo ha portato a questo gesto estremo? E come non si può riflettere sul coraggio che ha avuto? Ed il dolore che ha provato all'impatto al suolo. Il dolore che continuerà a provare.
So cosa potreste pensare: un deviato mentale, un debole.
Nella sua lettera-testamento, alcune righe sono sfuggite alla polizia: <<non piangete ai miei funerali, pensatemi come una persona generosa, spargete le mie ceneri sull'etna>>.
Danilo era (perchè ora non so come si trasformerà) una persona allegra, simpatica: faceva sorridere tutti con i suoi discorsi bizzarri. Era veramente impensabile che proprio lui potesse arrivare a tanto.
Più penso al suo dolore, a ciò che provava e prova, alle sofferenze, a chissà quali suoi pensieri, al dolore dei genitori (lui viveva con il padre) quando hanno appreso la notizia, più io vorrei compensare un grande senso di affetto verso tutti coloro che se lo meritano e anche per coloro i quali sembrano non averne bisogno.
Io mi domando il motivo per cui, con tanto male che c'è al mondo, risulti estremamente più facile picchiare un ragazzino, aggredirlo verbalmente, essere indifferenti, diffidenti, ipocriti ed egoisti, piuttosto che considerare a quanto possa essere ancora più semplice tendere la mano alla persona che vedi in difficoltà e ancora di più focalizzare l'attenzione su chi non conosci bene e verso i tuoi migliori amici.
Vorrei piangere, ma piangerei ancor di più sapendo che molti guarderanno questo gesto come un qualsiasi gesto di debolezza.
Quindi piango silenziosamente, dentro di me.
Perchè è dal dolore che si nasce, che si cresce, che si matura.
Cosa ne pensate?