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Permettetemi una cosa abbastanza dotta:
Sempre natura, se fortuna trova
discorde a sé, com' ogne altra semente
fuor di sua regïon, fa mala prova.
E se 'l mondo là giù ponesse mente
al fondamento che natura pone,
seguendo lui, avria buona la gente.
Ma voi torcete a la religïone
tal che fia nato a cignersi la spada,
e fate re di tal ch'è da sermone;
onde la traccia vostra è fuor di strada».
D. Alighieri, Paradiso VIII, 139-148
(parafrasi mia: La natura, se trova la fortuna discorde dal fondamento che lei stessa ha posto, come ogni altro seme al di fuori della sua regione naturale, dà cattivi risultati. E se il mondo terreno tenesse a mente il fondamento che la natura pone, seguendo questo fondamento, avrebbe gente migliore. Ma voi spingete verso la religione chi nacque per portar la spada, e incoronate re chi invece dovrebbe dir sermoni, ecco perché il vostro cammino non segue la retta via)
È una violenza la mia parafrasi ma vabbè XD è il modo in cui Dante ci dice che l'unico modo per essere felici è seguire le nostre inclinazioni naturali. L'uomo deve fare quello per cui è nato.
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"A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l'amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un'altra."
John Williams - Stoner
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Il Pugno Di Dio (Frederick Forsyth)
C'era un generale americano di nome Patton. Mai sentito nominare?»
«No, Beduino.»
«Diceva che il suo compito non era assicurarsi che i suoi soldati morissero per il loro paese, ma fare in modo che fossero quei poveri bastardi degli avversari a morire per il loro.»
Una Stagione Selvaggia (Joe R. Lansdale)
«Stai parlando con Leonard, signor Hap Collins, non con uno di quei negri che lavorano nei campi di rose.»
«Leonard, tu sei un negro che lavora nei campi di rose, e lo sono anch’io. Sono la versione bianca.»
Una Stagione Selvaggia (Joe R. Lansdale)
Secondo me è una che molla. Le piace ammucchiare i rametti per il fuoco, le piace accenderlo, ma non vuole esserci quando comincia a fare troppo fumo e troppo caldo. A quel punto se ne va, a raccogliere altri ramoscelli, ad accendere nuovi fuochi, sempre andandosene prima che brucino bene. Lascia che sia qualcun altro a occuparsi delle fiamme, a beccarsi il caldo e il fumo e a bruciarsi.
Ninna Nanna (CHUCK PALAHNIUK)
Il vecchio George Orwell aveva capito tutto, ma al rovescio. Il Grande Fratello non ci osserva. Il Grande Fratello canta e balla. Tira fuori conigli dal cappello. Il Grande Fratello si dà da fare per tenere viva la tua attenzione in ogni singolo istante di veglia. Fa in modo che tu possa sempre distrarti. Che sia completamente assorbito.
Fa in modo che la tua immaginazione avvizzisca. Finché non diventa utile quanto la tua appendice. Fa in modo di colmare la tua attenzione sempre e comunque.
Questo significa lasciarsi imboccare, ed è peggio che lasciarsi spiare. Nessuno deve più preoccuparsi di sapere che cosa gli passa per la testa, visto che a riempirtela in continuazione ci pensa già il mondo. Se tutti quanti ci ritroviamo con l’immaginazione atrofizzata, nessuno costituirà mai una minaccia per il mondo.
Rumble Tumble (Joe R. Lansdale)
Il messaggio del libro era che, perché tutto andasse nel migliore dei modi, bastava soltanto credere nell’amore, e l’amore avrebbe riempito l’aria.
L’inquinamento riempie l’aria, tesoro, che noi ci crediamo o no. Per credere nell’amore ci vuole uno sforzo maggiore. E a differenza dell’inquinamento, l’amore a volte scompare.
Rumble Tumble (Joe R. Lansdale)
Poi una notte, come stanotte, ho guardato le stelle e ho capito che là fuori, nello spazio profondo, non c’era nulla. In cielo non c’è un Dio, ci sono solo le stelle. E le stelle non sono altro che luci morenti, e tra l’una e l’altra non c’è che tenebra. Di tanto in tanto mi sforzo ancora di credere in Dio. Uso il suo nome. Ma dentro di me so che non esiste e che non posso più nascondermi dietro di lui. So quello che sono, ed è una cosa difficile da ammettere. E Red, lui adesso è com’ero io. È strano, davvero. A volte guardo un albero, un cespuglio, e lo vedo per quello che è: una cosa morente. Tutto ciò che vive sta già morendo. Non è una grande rivelazione, lo so. Ora non sento più il bisogno di lavarmi o di pulire il posto dove vivo. Voglio che tutto sia sporco come mi sento sporco io.
Capitani oltraggiosi (Joe R. Lansdale)
Come diceva mio padre, metti un desiderio in una mano e una merda nell’altra, e vedi quale mano si riempie prima. Lo stesso vale per le preghiere. Una merda in una mano, e una preghiera nell’altra, e nel giro di pochi secondi si riesce a determinare il potere della preghiera.
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In realtà, ogni lettore, quando legge, è il lettore di se stesso. L'opera dello scrittore è solo una specie di strumento ottico offerto al lettore per consentirgli di discernere ciò che forse, senza quel libro, non avrebbe potuto intravedere in se stesso. Il riconoscere in sé, da parte del lettore, quanto il libro dice, è la prova della verità di quest'ultimo, e viceversa, almeno in una certa misura, la differenza tra i due testi potendo spesso essere imputata, non all'autore, ma al lettore.
"ma a volte, proprio nel momento in cui tutto ci sembra perduto, giunge il messaggio che ci può salvare: abbiamo bussato a porte che davano sul nulla; e nella sola per cui si può entrare, e che avremmo cercata invano cent'anni, urtiamo
inavvertitamente ed essa s'apre".
M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto
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Ho sempre avuto fame di affetto, io. E mi sarebbe bastato riceverne a piene mani anche solo una volta. Abbastanza da dire: grazie, sono piena, più di così non ce la faccio. Sarebbe bastato una volta, una sola unica volta.
Haruki Murakami, Norwegian Wood
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Per conoscere alcuni aspetti dell’avvenire, non abbiamo bisogno di super proiezioni o apparecchiature sofisticate: possiamo scorgere il prossimo millennio nel modo in cui ci prendiamo cura dei nostri bambini di oggi.
Kofi A. Annan.
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"Omnia vincit Amor, et nos cedamus Amori"
Amore vince tutto, e noi cediamo ad Amore
Virgilio, Bucoliche, X, 69
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"Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola".
Cesare Pavese, il mestiere di vivere
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Non lasciatevi intruppare dai dogmi, dalle uniformi, dalle dottrine, non lasciatevi turlupinare da chi vi comanda, da chi vi promette, da chi vi spaventa, da chi vuole sostituire un padrone con un nuovo padrone, non siate gregge perdio,, non riparatevi dietro l'ombrello delle colpe altrui, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individu prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere.
Un uomo - Fallaci
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Lui aveva compiuto da poco trentacinque anni, e proprio allora si era improvvisamente accorto che sulla sommità del cranio i capelli avevano cominciato molto visibilmente a diradarsi. Non era ancora la calvizie, ma già la si poteva immaginare benissimo (sotto i capelli si intravedeva la pelle), peggio ancora, appariva del tutto sicura e imminente. Certo, è ridicolo trasformare il diradarsi dei capelli in un problema esistenziale, ma lui si era reso conto che, con la calvizie, sarebbe mutato anche il suo viso, e che quindi la vita di uno dei suoi aspetti (ed evidentemente il migliore) era sul punto di terminare.
E gli erano venute alla mente tristi considerazioni su un possibile bilancio di quel suo aspetto (capelluto) che lo stava abbandonando, un bilancio di ciò che aveva realmente vissuto e fatto, e lo paralizzava la consapevolezza di aver fatto ben poco; quando ci pensava, sentiva di arrossire; sì, si vergognava: perché vivere così a lungo sulla terra e avere così poche esperienze è una cosa vergognosa.
Che cosa intendeva esattamente, quando diceva di aver avuto poche esperienze? Si riferiva ai viaggi, al lavoro, a un’attività pubblica, allo sport, alle donne? Naturalmente si riferiva a tutte queste cose insieme, ma soprattutto alle donne perché, se in altri campi la sua vita era povera, certo se ne rammaricava, ma non doveva dare la colpa necessariamente a se stesso: non poteva farci nulla se il suo lavoro era noioso e senza prospettive; non poteva farci nulla se per viaggiare non aveva né i soldi né il beneplacito della sezione quadri; e infine non poteva farci nulla se a vent’anni si era rotto il menisco e aveva dovuto rinunciare agli sport che gli piacevano. In compenso, il regno delle donne era per lui un regno di relativa libertà, e perciò qui non aveva scusanti; qui poteva far sfoggio di tutta la sua ricchezza; le donne erano diventate per lui l’unico vero criterio per misurare la densità della propria vita.
Il guaio era che neanche con le donne gli era andata molto bene: fino ai venticinque anni (pur essendo un bel ragazzo) era stato bloccato dalla tremarella; poi si era innamorato, si era sposato e per sette anni aveva cercato di convincersi che in un’unica donna era possibile trovare l’infinito dell’erotismo; poi aveva divorziato, l’apologetica della monogamia (e l’illusione dell’infinito) si era dissolta e, al suo posto, era sopravvenuta una piacevole e audace voglia di donne (della variegata finitezza del loro numero), purtroppo però fortemente frenata da un cattiva situazione economica (doveva pagare all’ex-moglie gli alimenti per un figlio che aveva il permesso di vedere una o due volte all’anno) e dalle condizioni di vita di una piccola città dove la curiosità dei vicini è tanto smisurata quanto è esiguo il numero delle donne a disposizione.
Poi il tempo era passato molto velocemente e, all’improvviso, si era ritrovato in bagno davanti allo specchio ovale sopra al lavandino: con la mano destra teneva alto sulla testa uno specchietto tondo e osservava inebetito la calvizie incipiente; di colpo (senza preavviso) quella vista lo aveva posto di fronte alla banale verità che non è possibile recuperare ciò che abbiamo perso. Si era ritrovato addosso un cattivo umore cronico e gli erano venute anche idee di suicidio. Naturalmente (ed è necessario sottolinearlo, per non vedere in lui un isterico o uno sciocco): si rendeva conto della loro comodità e sapeva bene che non le avrebbe mai messe in atto (aveva riso tra sé della propria lettera di comm iato: Non potevo rassegnarmi alla calvizie. Addio!), ma è sufficiente che idee simili, anche se platoniche, gli siano potute venire.
Cerchiamo di capirlo: Si facevano sentire in lui un po’ come in un maratoneta si fa sentire l’irresistibile desiderio di abbandonare la gara quando, a metà percorso, è sicuro che ormai perderà ignominiosamente (e anzi, per colpa sua, per errori suoi).
Anche lui considerava persa la propria gara e non aveva più voglia di correre.
E adesso si chinava sul tavolinetto basso e posava una tazzina di caffè davanti al divano (dove poi si sedette lui stesso), poi mise la seconda tazza davanti alla comoda poltrona occupata dall’ospite, e intanto si ripeteva che c’era una particolare malignità nell’aver incontrato questa donna, di cui un tempo era stato follemente innamorato e che aveva perso (per colpa sua, per errori suoi), proprio in un simile stato d’animo, quando ormai non era più possibile rimediare a nulla.
Amori ridicoli. Milan Kundera