Amici di Fuoriditesta,
a distanza di poco più di 12 giorni entro i quali i due finalisti, uno proveniente dal Girone A e uno dal Girone A, ecco a voi i due elaborati finalisti della seconda edizione del Concorso di Scrittura Creativa di Fuoriditesta!
Il tema affidato ai finalisti era un aforisma celeberrimo di Oscar Wilde:
"Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni."
Elaborato 1
Anarchia
11-11-2022
David Looker si trovava seduto al tavolo del suo salone, stava segnando sulla cartina topografica di Seattle dei punti. La X corrispondeva a dove si trovava in quel momento. Il cerchio invece, rappresentava il suo obbiettivo. Unì i punti tracciando la strada migliore che potesse percorrere fino alla casa di Gabriel Castle.
In quel giorno tutti i reati erano permessi, ma questo a David non interessava, voleva solamente compiere la sua vendetta contro il suo vecchio compagno delle superiori.
Castle a quei tempi era capo di una gang skinhead che seminava il terrore nel quartiere di Charming e alla Sam Thomas, dove ebbe a che fare con David. Minacce, scherzi, e un odio verso le persone di colore che portò Looker al coma per 2 mesi e alla paralisi della parte destra del volto. David ne usci scosso, non ebbe più un adolescenza e iniziò a soffrire di depressione.
David prese la cartina, la infilò in tasca e scese nel garage. Le pareti erano completamente ricoperte di coltelli, spade e ascie. Diede un’occhiata alle sue armi, roteando lo sguardo e decise di prendere l’ascia con il manico in pelle che usava suo padre per andare a caccia. Salì in macchina, posò l’ascia sul sedile del passeggero e controllò l’orologio sul cruscotto: mancavano 20 minuti all’inizio dello sfogo. Partì facendo sgommare le ruote della sua Jaguar del '66 e si diresse verso la 70esima.
Le strade erano deserte, le porte e le finestre sprangate. Si percepiva un’atmosfera surreale. Quando svoltò sulla Saint Catherine Avenue, incrociò un fuoristrada, che sul retro trasportava uomini mascherati e con sulle spalle dei fucili d’assalto. A breve le strade si sarebbero trasformate in un inferno.
Arrivò di fronte al vialetto di Castle sulla Liar Avenue, allo scoccare della mezzanotte. Una sirena risuonò e subito dopo i primi spari ed esplosioni.
Le luci della casa di Gabriel erano accese, prese l’ascia e si avvicinò correndo alla porta. Iniziò a sbattere i pugni ed a urlare supplicando di farlo entrare. Continuò in quel modo per alcuni minuti, mentre le urla e le sparatorie si facevano sempre più forti. All’improvviso Looker sentì un giro di chiavi e la lenta apertura della porta. Notò un mano aggrappata alla maniglia, riconobbe il tatuaggio con una svastica sulla mano sinistra di Gabriel, impugno l’ascia e colpi il polso mozzandogli la mano. Aprì la porta di scatto e lancio l’ascia contro Gabriel conficcandogliela nel cranio. Castle caddè a terra ancora imbracciando il suo fucile.
David estrasse l’ascia e usci dalla casa. All’esterno c’era una strana quiete, non sentiva nulla. Si diresse alla macchina, quando a pochi passi da essa venne colpito alla testa da un colpo di fucile. La sua faccia esplose in mille pezzi.
Elaborato 2
La Resistance
"Pronto?"
"Sono io"
"Uh... oh... Ciao... Dimmi."
Silenzio
"Gianni?"
"Sono qua."
"Perché mi hai chiamato alle 6 del mattino?"
"Non lo so. Volevo sentirti soltanto, credo. Non lo so."
"Anche io ho voluto, ma lo sai."
"Sì, lo so. E prima che me lo dica tu, so anche che non merita che non è giusto verso di lei che io faccia questa telefonata. Ma l'ho fatto, quindi."
"Come va fra voi due?"
"Non ti ho chiamata per parlare di questo."
"Nemmeno lo sai perché mi hai chiamata."
"Già."
"Vuoi che ci vediamo?"
"Sì..."
"Perché"
"Voglio sapere com'è."
"Oggi ho l'esame."
"Passo fra un paio d'ore."
"Ti aspetto."
Scende il vialetto del giardino, ed è un tuffo al cuore. È bellissima, ma questo lo sapeva già. Indossa il suo maglione, e forse un po' se l'aspettava. Quello nero, largo che gli "rubò" una delle tante serate in gruppo a casa di Cristiano. Lo prese davanti agli occhi della sua ragazza, e questa non battè ciglio. Non li aveva mai visti di cattivo occhio, e non aveva mai visto di cattivo occhio il loro rapporto. E in effetti non le avevano mai dato motivo di farlo. Si volevano bene, e tanto, ma non avevano mai avuto atteggiamenti equivoci, e lei ne era contenta. In realtà, anche loro due si adoravano. Si fidava di lui, e aveva tanta stima di lei. In realtà ne aveva ancora, e aveva sofferto l'allontanamento subdolo che piano piano avevano avuto lei e il suo ragazzo dal gruppo, e il graduale disfacimento del gruppo stesso. Anche a lei mancava. Le mancava l'ostacolo tra lei e l'uomo di cui era innamorata. Odiava doverla odiare.
Sale in macchina, e non dice una parola. Lui, non fa nulla di diverso. La sua testardaggine è proverbiale fra quelli che lo conoscono, così come il suo mettere in discussione qualsiasi cosa, qualsiasi rapporto, se convinto di aver ragione, e di non dover muovere il primo passo.
Lei accende la radio, cambia qualche stazione, e si ferma su una che sta passando "Arrivederci, amore, ciao.", della Caselli. Sorride, e sorride anche lui, anche se molto meno, molto più nascosto. Entrambi perché pensano ad una notte, in estate, in macchina, a cantarla a squarciagola su una strada deserta delle 3 di notte. Tutti e tre. Lui davanti, la sua ragazza accanto, lei dietro, con la testa e il busto sporti in avanti, tra loro due, sorridenti. L'ultima loro serata in macchina. Per mezz'ora buona, la radio è l'unico rumore che fa concorrenza al silenzio interno dell'auto, intervallato ogni tanto solo dal suono dell'accendino di lui, fattosi sentire almeno 4/5 volte.
"Smettila di fumare così tanto."
Senza dire niente, abbassa un po' il finestrino e butta via la sigaretta quasi intera, non si sa se per forzata accondiscendenza, o come gesto distensivo.
Esce sorridente dall'università, insieme ai compagni di corso, mentre si abbracciano e si salutano.
"30 e lode! Sono contenta."
"Congratulazioni. Sono contento." Abbozza un sorriso, un ghigno. Il muscolo si tende troppo e gli causa un crampo. Dura qualche millesimo di troppo per non risultare forzato.
"Mangiamo qualcosa?"
"Andiamo."
Lei gli cammina davanti, nelle mani una pizza a portafogli, di quelle grandi da street food che si ripiegano su sé stesse per essere mangiate. Si gira verso di lui, chiedendogli ad ogni morso, se ne vuole.
Lui rifiuta ogni volta con esagerato garbo.
"Gianni, è solo oggi. E tu volevi vedermi."
"Già, è solo oggi. Io amo Serena. E non potrei amare un'altra persona. Nessuna."
"Non stiamo facendo niente di male."
"Lo so."
"L'ho sentita qualche giorno fa. Mi ha detto che le mancavo e che ci era rimasta male per come erano andate le cose nel gruppo. Velatamente, sembrava dare un po' la colpa a te, ma in modo comprensivo. Mi manca anche lei. E' il tipo di persona a cui avrei raccontato una situazione simile. Le voglio bene. Le voglio bene e devo odiarla."
Lui sta per dire qualcosa, ma vede che lei si è pentita di quello che ha detto, ed evita, per far scivolare il momento. Gli accarezza il viso col dorso della mano, come a dire "Grazie".
Camminano su corso Garibaldi, sempre lei davanti, tenendolo per mano, girandosi ogni tanto, in un atteggiamento quasi infantile. Perde tutta la serietà che di solito ha di fronte a lui. E funziona, lui si lascia andare un po'.
Napoli non è mai stata così bella. C'è il sole, che scalda nonostante l'aria pungente di metà Gennaio. Lei balla passando sotto la Galleria, e persino certi bambini idioti che sembrano voler dare fastidio a chiunque, sembrano tranquillizzarsi al loro passaggio. Passano a Piazza del Gesù, e si fermano in un bar, quel bar, dove il barista/titolare li saluta appena entrano. Chiede loro del gruppo, di cosa fosse successo, delle sparizioni graduali. Gli spiegano tutto, con tutta sincerità, o quasi. Lui gli dice di essere sinceramente stato il primo ad allontanarsi, ma non il perché, forse perché, in sostanza, non esiste. Sembravano più distesi entrambi.
"Dove andiamo adesso?"
"Portami a casa."
"Va bene."
Si fermano davanti casa, e Annibale, il labrador gigante di lei, è una furia, alla ringhiera che circonda il lato del cortile che dà sulla strada. Lo vede ed impazzisce, vuole fargli le feste, come se volesse recuperare i mesi arretrati.
Lo guarda dalla macchina, sorride e lo saluta con la mano e sorridendogli.
"Perché non scendi a salutarlo? Credo gli manchi."
"Perché io qua non ci posso scendere."
"Lo so. Forse è per questo che avrei voluto."
Le mette una mano su una spalla, e la bacia, delicatamente. Ha esattamente il sapore che per tutto questo tempo si è aspettato che avesse.
Ha mesi e mesi di aromi accumulati. Sembrano incontrarsi sguardi dolci e passioni salate, tutti repressi. Dura poco, sì e no 5 secondi.
Apro gli occhi, e alzo il busto dal letto, sedendomi, con le gambe ancora sotto le lenzuola. In bocca l'amaro di quando sai che stavi facendo un sogno fantastico e si è interrotto.
Ma non dormivo. Non sognavo, immaginavo, consciamente, e più o meno volontariamente, anche se ad occhi chiusi. E ora che li avevo riaperti, avevo un groppo in gola, forte, imponente, nonostante il respiro fosse calmo.
Ed in testa, martellante, quella stessa, stramaledettissima domanda.
Avete tempo fino a Mercoledì 4 Febbraio per votare l'elaborato che vi è piaciuto maggiormente, in maniera anonima!
Concordo con Lunantica. Nessuno dei due si è avvicinato particolarmente alle mie corde, mi aspettavo qualcosina di più, però l'idea del primo è più originale. L'elaborato due invece è identico a quello già proposto nel girone precedente. Stesso argomento, stesso tema solo scritto con parole diverse. Voto il 1^
Il sondaggio della finale è finito in perfetta parità.
Alla luce di ciò, verrà organizzato uno spareggio fra i due finalisti.
Tenendo conto dei pareri espressi da alcuni utenti in questo topic e dai pochi voti ricevuti a fronte di diciotto utenti sono entrati in questo topic, per lo spareggio il tema sarà libero in modo da permettere ai due partecipanti di dare il meglio di sé.