Partecipanti
@Holly;
@Slint;
Luci
Quando si passa troppo tempo al buio, è difficile riabituarsi alla luce. Gli occhi si richiudono. La rifiutano. La letizia assoluta, l’immagine più bella e più viva, diventa un semplice fastidio.
È così anche quando si ritorna alla vita. Ho trascorso tanto tempo a brancolare nel buio delle mie insicurezze, nel sottosuolo della mia anima. Nulla mi ha mai ferito quanto la mano che mi ha riportato verso la luce del sole. Trascorrevo le mie ore a osservare la vita degli altri dal finestrino di un tram affollato. Avevo dimenticato quanto fosse bello non respirare, perdersi fra le luci dell’esistenza. Ho sempre fatto un passo indietro. Ho abbandonato per anni la mia anima da qualche parte, l’ho lasciata ad aspettare. Forse è rimasta in un angolo fra le ragnatele, in attesa di qualche ferita su cui piangere.
È stata una piccola mano ossuta a riportarmi in vita, stringendomi mentre aspettavo sommerso fra polvere dell’esistenza. Mi ha portato in salvo, verso quel sole, e ho avuto paura. Ho risalito la superficie tremando, ho aspettato che mi stringesse fra le sue ferme ed esili braccia. Ma quanto a lungo durerà la luce?
Apro piano gli occhi. Le mie pupille non sono più abituate a dilatarsi. È un attimo, è il puro dolore. Richiudo le palpebre, respiro, provo ancora una volta. Vedo solo un bianco accecante. Respiro, ancora una volta. Riapro gli occhi e d’improvviso e di fronte a me tutto adesso ha una forma. C’è il sorriso di una strega, e poco di più.
Vuoto
Ieri mentre cucinavo mi sono tagliata. Non ho mangiato niente. Anche il nostro cane ha perso l’appetito da quando te ne sei andato. Ho preso dallo scatolone in soffitta le foto e ho cominciato a sfogliare i vecchi album. Questa casa sa essere così silenziosa. Avremmo dovuto parlare di più, io e te, da padre e figlia.
Stamattina sono venuta da te, a cambiare i fiori, a dare una ripulita alla tomba, e ho trovato lei, quella con cui andavi a letto. L’amante con cui hai sostituito mamma. Piangeva, così brutta e con il trucco ormai sbavato, così sbagliata lì accanto alla tua tomba. Lo sai che non l’ho mai accettata, hai fatto troppo male a mia madre. E’ per colpa tua che è scappata. Hai fatto troppo male a me, che ora sono sola.
Gli zii dicono che non soffro abbastanza. Parlano a vanvera, sputando sentenze, senza capire che quel filo che ci avvolgeva era di ferro, spinato, ma tanto forte da essere indelebile. Ho provato a contattare mamma, ho pianto e urlato contro la segreteria. Mi piace pensare che all’altro capo anche lei pianga silenziosamente, nel ronzio del dolore.
Ho rotto un tuo quadro, mentre stavo pulendo. Quello di arte moderna che hai pagato tanto. Forse l’ho fatto apposta, mi dispiace. Odio ciò che è tuo, la tua presenza. Eppure improvvisamente ho paura di distruggere tutto ciò che rimane di te, di perdere ciò che rende i miei ricordi reali. Non voglio che diventino sogni sfumati, senza riscontri. Ho paura di dimenticarti. Sei stato reale vero?
Mi manchi papà.