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  • Svanire

    10 55.56%
  • Amaranta.

    6 33.33%
  • E fu buio.

    2 11.11%
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Visualizzazione risultati da 1 a 10 su 19

Concorso di scrittura creativa 2011: Gruppo C

  1. #1
    Dovahkiin
    Utente cancellato

    Predefinito Concorso di scrittura creativa 2011: Gruppo C

    Gruppo C
    Componenti:

    @|.Jolly.Jester.|;
    @AbsoluteSmile.;
    @Fr@nk;

    Tema:


    « Quando come un coperchio, il cielo basso e greve
    schiaccia l'anima che geme nel suo eterno tedio,
    e stringendo in un unico cerchio l'orizzonte
    fa del dì una tristezza più nera della notte,
    quando la terra si muta in umida cella segreta
    dove sbatte la Speranza, timido pipistrello,
    con le ali contro i muri e con la testa nel soffitto marcio;
    quando le immense linee della pioggia
    sembrano inferriate di una vasta prigione
    e muto, ripugnante un popolo di ragni
    dentro i nostri cervelli dispone le sue reti,
    furiose ad un tratto esplodono campane
    e un urlo lacerante lanciano verso il cielo
    che fa pensare al gemere ostinato
    d'anime senza pace né dimora.

    -Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali

    a lungo, lentamente, nel mio cuore: Speranza
    piange disfatta e Angoscia, dispotica e sinistra
    infilza nel mio cranio il suo vessillo nero.
    »

    C. Baudelaire


    Svanire

    Svanire
    Era iniziato tutto con una maschera rossa. La indossava quando l’avevo conosciuta e quando mi aveva abbandonato. E’ ormai l’unica immagine che ho di lei. Probabilmente non mi amava, magari aveva un amante. Chissà quanti altri segreti nascondeva quella maschera. Però mentre fuggiva mi aveva promesso che sarebbe tornata. Anche oggi sono alla stazione e aspetto lei. Aspetto il treno che l’aveva allontanata da me, la cerco tra la gente. Non ci credo neppure io, è ovvio, però col tempo la speranza è diventata abitudine, ed ora non ne riesco a fare a meno.
    Oggi mi sono comprato una maschera nuova, come regalo per le feste. E’ semplice, posso usarla in qualunque occasione, a lavoro o in chiesa. E’ un’ovale di fredda ceramica, arricchito da semplici tratti neri. L’espressione è seria ma rilassata, l’ideale per me.
    Adesso piove. Questo posto puzza di grigio. Un treno arriva, si ferma un attimo e riparte veloce. Il flusso della gente non mi interessa, scorre inutile intorno a me. Questa vita mi è estranea, subisco emozioni già vissute da altri, prive di senso.
    Poi, improvvisamente, tacchi. Una donna spunta da dietro un angolo e corre verso la ferraglia già lontana, quasi cade. Borsa e carte finiscono per terra. Cosa aspetto? Ho paura. Le vado incontro, raccolgo ciò che rimane e la accompagno sotto la pensilina. “Grazie davvero, maledizione, ed ora? Come faccio, ho perso … Cavolo è tutto bagnato, non si è salvato nulla. Non ci voleva!” Un vento fresco, un suono, un frastuono, una maschera sorridente color viola. Dietro, timidi occhi scuri castani danzavano intimoriti.
    Dimentico la promessa. Una corsa, un bacio, casa mia. Finalmente ci leviamo le maschere, la sua pelle è liscia e chiara. Il colore esplode assordante nella mia vita, il calore esplode silenzioso tra i nostri corpi. Movimenti leggeri e densi come il fuoco, odori sensuali, tessuto viola che scorre scoprendo e accarezzando suggestioni proibite. Il suo profumo è su di me.
    Qualcosa rompe la musica, il ritmo si dilata fino a spezzarsi con un silenzioso sussurro: “Devo andare. La mia vita non è qui”. Lei si rimette la maschera e in pochi secondi è già in strada. Io raccolgo la mia e la inseguo fino alla stazione.
    “Vieni con me”
    Non andare, non così presto.
    “Non posso”
    Hai distrutto la mia promessa, mi hai tirato nel vuoto. Se perdo te ho perso tutto, non fuggire. Dimmi che tornerai. Dimmelo. Anche solo con uno sguardo. Il treno parte, aspetta, dillo.
    “Addio”
    Urlo di dolore. Taci stupido, mi dice la mia maschera.

    Amaranta.
    Ho rasato i capelli.
    Ho rasato i capelli per far respirare meglio il bambino che ho in testa.

    È ancora molto piccino, il mio bambino, e tutta la chioma lo soffocava, a volte cadeva persino sulle guance, e l’aria non fluiva, non solo il peso lo schiacciava. Respirava attraverso le orecchie, le palpebre, ed i pori della fronte e della nuca, perché il naso e la bocca erano per me, ma, ora che ho pelato il mio cranio, lui respira bene.


    Ha una placenta di meningi.


    È tutto raggomitolato, prima poteva vagare agevolmente, nuotare, fare le capriole per quanto glielo permesse il midollo allungato attaccato al suo bianco culetto, e grattare con le manine le pareti viscide. Ora però è cresciuto, e gli tocca starsene sempre a faccia in giù, guardando i miei bulbi oculari, con le gambine strette e piegate sulla pancia, un po’ incrociate le caviglie, i gomiti contro il petto ed i pollici fra i denti.


    Il mio bambino a volte ha freddo.
    Il mio bambino ha freddo perché non è nato dal calore del sesso, o meglio, non dal seme di un uomo, il mio bambino è nato dalle capriole di un’idea.


    Ora quell’idea rimbalza per tutta la stanza, sulla carta da parati ammuffita, sulle travi marce.


    Eh no, non te ne andrai. Sgattaioli come i marinai che han soddisfatto le voglie, ti nascondi dietro le ragnatele così fitte, cerchi un raggio di sole per scappare, ma non c’è nemmeno quella via. Come vuoi scappare, da qui? Ora che sei soddisfatta, non puoi lasciarmi da sola col mio bambino. Ormai, ormai ti ho presa con le unghie e se tiri ti strappi, ormai, ******* ch’è venuta a farsi piacere e piacere non m’ha dato. Aspetta qui, che il mio bambino cresca. Aspetta qui con me, stiamo imprigionate insieme, giaci con me, respira con me, non puoi fare altro, ho attorcigliato le tue volute nelle mie dita, oh sì, e non ti vorrai lacerare come hai lacerato me. Ora taci. Palpita ed aspetta che il bambino sia troppo grosso per stare nella mia testa. Lo lascerai crescere? Già sento i suoi piccoli gomiti spingere contro i miei timpani. Il suo cranio ha forzato una protuberanza sulla mia fronte. I miei occhi pulsano come il suo cuore. I piedini cercano una via dietro la mia nuca, e quasi sento già un vagire, un protestare. Come uscirà? Coricati con me, come uscirà?

    Cosa aspetti, baciami, stupida. Credi che arrivi presto, qua, il mattino?
    E FU BUIO.

    Era buio, un buio scuro e vuoto e non vedevo nulla intorno a me, tranne la mia speranza e il mio libro che mi portava compagnia, l’unico che mi portava compagnia ed era un fedele amico, l’unico su cui potevo contare. Una luce soffusa sopra di me accompagnava i miei occhi che pian piano leggevano delle parole piene ed intense di significato. Vedevo delle immagini davanti a me, non delle parole. Io non stavo leggendo, stavo vedendo la dolce storia di due innamorati persi, un amore ostacolato da una società che non permetteva la gioia di due povere creature. E’ davvero cambiata la società di oggi? Riflettevo. Non ho mai reso importante nessun amore, nessuno. Ma cos’è davvero quell’amore di cui parlo? E’ sicuro fosse amore? Riflettendo mi alzai e mi affacciai alla finestra. Continuavo a vedere come un alone che mi rendeva la vista scarsa e mi faceva vedere come se fosse tutto bruciato, annebbiato e scuro. Avvicinai il libro agli occhi e vidi una cosa strana, le pagine del libro non apparivano scure bensì luminose e piene di colore. Con fatica poggiai il libro sul davanzale della finestra con l’intenzione di dirigermi verso il bagno per darmi una sciacquata. Mi sentivo pesante, come se fossi un elefante. Provavo a camminare ma non ci riuscivo, le gambe erano come dei grossi pesi che incidevano notevolmente con il lavoro dei piedi che sentivo come delle foglie rinsecchite d’autunno. Presi con la punta delle dita il libro e mi coricai sul letto affannato, proprio come se avessi fatto qualcosa di faticoso. Mi mancavano pochi righi alla conclusione del racconto, lo finì. Subito udì un frastuono e un rumore assordante, un colpo in petto e poi come se ci fosse un coltello che allargava la piaga. Il mio respiro diminuiva precipitosamente come la mia speranza di vita. Ero arrivato alla fine dei miei giorni. Mi sentivo proprio come Don Abbondio nella storia che stavo leggendo, mi sentivo un vaso di terracotta in mezzo a tanti vasi di ferro. Come evitare la morte? Non potevo, dovevo abbassare la testa alla presenza del nome morte. Il coltello continuava a scavarsi un buco dentro di me mentre al di fuori tutto quello che poco prima era bruciato e scuro era diventato nero e buio del tutto. I miei occhi si chiudevano da soli, è arrivata la mia fine mi dicevo. Pian piano, la luce scompariva e fu del tutto buio proprio come il tramonto dopo l’alba. Addio mondo, addio cielo.

  2. #2
    Chien Andalusia
    Donna 35 anni da Venezia
    Iscrizione: 1/4/2007
    Messaggi: 2,311
    Piaciuto: 0 volte

    Predefinito

    indecisione

  3. #3
    Temperance
    Donna
    Iscrizione: 15/1/2006
    Messaggi: 28,774
    Piaciuto: 9510 volte

    Predefinito

    Amaranta.
    Ma anche Svanire era bello, molto.

  4. #4
    Ghajarya Annie Lennox
    Donna 147 anni
    Iscrizione: 20/9/2010
    Messaggi: 17,421
    Piaciuto: 7509 volte

    Predefinito

    Indecisa sui primi due.
    Per un pelo Svanire.

  5. #5
    Assuefatto da FdT
    33 anni
    Iscrizione: 8/9/2010
    Messaggi: 763
    Piaciuto: 18 volte

    Predefinito

    Uh, ho preso un voto

  6. #6
    Thalion
    Uomo 28 anni da Frosinone
    Iscrizione: 2/3/2009
    Messaggi: 1,943
    Piaciuto: 21 volte

    Predefinito


  7. #7
    Eurasia
    Ospite

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    Tutti e tre molto belli, è stato veramente difficile..

  8. #8
    Lyla
    Ospite

    Predefinito

    Ho dovuto leggerli più volte..
    Amaranta..

  9. #9
    pls Paperoga
    36 anni
    Iscrizione: 27/3/2007
    Messaggi: 10,322
    Piaciuto: 2197 volte

    Predefinito

    Svanire

    'mazza questo è un gran gruppo

  10. #10
    FdT-dipendente Atilim
    Donna 34 anni
    Iscrizione: 16/9/2006
    Messaggi: 1,294
    Piaciuto: 32 volte

    Predefinito

    Amaranta.
    Veramente particolare, mi è piaciuto molto

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