Tema:
Partecipanti:
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Nostra signora della dinamite
Restiamo attoniti
quando cade il vento,
stupiti, immobili.
Resta il silenzio.
Angeli autistici
svolazzano ostinati intorno,
qualcuno deve dirglielo
che non è giorno
oggi.
Perdonami, perché ho peccato.
Lasciami l’anima, rubami il corpo, liberami dal tormento.
Ero a pregare per un’anima morta.
Lui era lì. Il viso di San Michele, le labbra e gli occhi dei santi, il corpo di un animale. L’abito nero lo accarezzava, lo segnava, lo faceva vibrare ai miei occhi. Mai, Padre, mai prima d’ora avevo rivolto il mio sguardo così in basso da sfiorare gli uomini. Perché esisteva? Perché hai creato questa prova? Lasciare la mia anima in pace, vivendo ignorando il sentire, gli impeti e il sangue… Sarebbe forse stato troppo semplice, Padre? Perché?
Il suo volto spezzato dagli affanni e da una lacrima è stato l’ultimo strappo del mio spirito. Perché nella sua vita è entrata la persona per cui pregavo? Perché il suo dolore e la sua rabbia verso di Te non sono guidati dal mio ricordo, ma da quello di una qualsiasi altra anima triste?
Mentre il mondo vive il suo miraggio
di essere reale,
fra un treno in ritardo
e una morte puntuale,
fra prediche mediatiche
e discussioni etiche,
le fantasie degli incubi che siamo noi.
E poi, d’improvviso, ho compreso.
Volevo entrare dentro di lui e che entrasse dentro di me. Il mio corpo urlava alla mia anima di destarsi dal torpore, le mie vene chiedevano sangue bruciante, le sue labbra parlavano tra le lacrime alle mie sensazioni corrotte. Mi ha strappato l’anima e mi ha lasciato nuda sulla terra, mi ha convinto a rinnegarti.
E ti ho rinnegato, ho desiderato morire. Ho pregato per essere la ragazza che, dalla bara di ciliegio, si portava all’inferno le sue lacrime come dote; e quando mi ha voltato le spalle ha lasciato il corpo di una donna, un crocifisso tra i suoi seni, e un’anima perduta a vagare nel piacere del suo ricordo.
Vene che esplodono,
piogge rosse, grida distorte,
sento il mio cuore
che si ferma poi riparte.
Tu testimone impassibile
di queste nostre vite,
salvaci dalle micce corte
nostra signora della dinamite.
Guardando giù
C’è qualcosa nell’aria. Quella sensazione agghiacciante, come un cigolio improvviso nel silenzio della notte, mentre torni a casa in un vicolo deserto e buio; senti i brividi lungo la schiena, e non vuoi voltarti perchè hai paura di quello che potresti vedere; ora la vita è così, vado avanti, convivo con la sensazione costante che stia per succedere, che stia succedendo, che sia successo qualcosa della quale non mi voglio rendere conto.
Sai, ma non vuoi sapere.
Fa freddo. È indubbio, fa freddo ormai da qualche settimana, fa sempre più freddo. È freddo il mio cuore, il mio animo, è fredda la mia vita, niente sembra più avere un senso.
Trasportati dalla corrente. Come i ragni; sarebbe bello: “Questo posto non mi piace, faccio un saltino e me ne vado altrove”, la natura decide per lui. Provarci non costa nulla, cosa si può perdere, con un salto?
Gente... Questo posto non mi piace!
...un saltino...
La marmotta stupida
Certe volte ti svegli la mattina e ti chiedi “Sono viva? Sono morta? Perché?
Altre volte ti svegli e basta.
In Primavera la marmotta intelligente si sveglia dal lungo letargo, si guarda intorno e decide di tornarsene a dormire. La marmotta stupida si sveglia dal lungo letargo, si guarda intorno e decide di confezionare cioccolata.
Di mattina le cose non devono aver per forza un senso.
Oggi è il mio primo giorno di vita. Simbolicamente s'intende. Le zampe di gallina e il seno in decadenza mi ricordano fin troppo bene i miei quarantatré anni.
Una volta, nella mia vita precedente, cioè fino a ieri, avrei aspettato la fine dell'anno. Del resto manca solo una settimana. Anno nuovo, vita nuova. Ha anche una certa logica.
Eppure, mi sono detta basta. Con le diete dimagranti, le ossessioni per le smagliature, la piastra per i capelli, il dentifricio sbiancante, il tonno in scatola eco compatibile. Basta inseguire l'icona della donna sempre perfetta, con tacco dodici e abito succinto anche in casa. Avevo comprato le pantofole con i tacchi, ecco fino a dove si può arrivare. Dove sarei arrivare, non lo saprò mai.
Arrivate ad un certo punto non si può far altro che dare un taglio netto. Ho cambiato acconciatura sette volte in un anno. Segnale pericoloso, un messaggio d'aiuto in codice. E' praticamente un suicidio cambiare taglio più di due, massimo tre, volte all'anno, autolesionismo puro. Altrettante volte ho cambiato guardaroba perché, si sa, tutto deve intonarsi.
Adesso mi sveglio in questo posto che non è il mio appartamento in centro. Stile moderno, luminoso, finestre rivolte a ovest, me stessa abbinata alle pareti abbinante alle tende abbinate ai mobili abbinati alle piastrelle abbinate alle porte abbinate abbinate abbinate.
Tutto secondo un criterio rigoroso e razionale. Dipinti di schizzi casuali appesi alle pareti per dare un illusorio senso di non ordine. Ritmi scanditi, piani quinquennali da seguire. Addio.
Il cielo è il mio tetto, l'erba il mio letto, il sole il mio calore, la natura mia compagna.
Oggi è il mio primo giorno di vita, non ho niente se non me stessa.
E finalmente mi sento libera.