Nel pomeriggio "la marcia delle agende rosse" per ricordare Paolo Borsellino
La sorella Rita: "C'è puzza di rassegnazione, ma non dobbiamo arrenderci"
"Senza verità non c'è giustizia" Palermo e quelle stragi del '92
PALERMO - "Una verità che si attende da 17 anni: troppi per potere aspettare ancora. Solo con la verità si può avere giustizia. Questo quadro inquietante che si sta delineando sulle stragi del '92 e del '93 merita la massima attenzione, sia a livello nazionale che europeo". Rita Borsellino non ha mai avuto dubbi. Meno che mai ora che è stata riaperta l'inchiesta sul tritolo mafioso che diciassette anni fa ha insanguinato la Sicilia. L'eurodeputato Pd dice questo mentre partecipa assieme a duecento persone a un corteo antimafia che si è tenuto nel pomeriggio a Palermo. Una manifestazione che qualcuno ha già chiamato "la marcia delle agende rosse", perché tutti hanno in mano un'agenda simile a quella custodita gelosamente dal magistrato e sparita nel nulla dopo l'attentato di via d'Amelio.
Rita Borsellino sente "puzza di rassegnazione. Non e' possibile rassegnarsi. Non abbiamo questo diritto, dobbiamo continuare a impegnarci giorno per giorno perché solo l'impegno quotidiano puo' costringere chi ha il compito di fare delle scelte a intraprendere la strada giusta. Ci vuole il coraggio della rabbia, della denuncia". L'europarlamentare si riferisce alle parole pronunciate ieri da procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che ha denunciato minore rabbia di una parte della magistratura nella lotta alla mafia rispetto al 1992.
"Dal '92 ad oggi si è fatto poco - ha detto Salvatore Borsellino, fratello del magistrato - Sembra quasi che qualcuno stia pagando delle cambiali alla mafia. Oggi finalmente, dopo anni di tenebre, la lotta che si sta conducendo nelle procure di Palermo e Caltanissetta sta andando nel verso giusto. Si stanno acquisendo elementi positivi. Fino ad oggi ci sono stati tanti depistaggi, ora si sta lavorando per coprire la complicità di pezzi deviati delle istituzioni".
De Magistris dalla sua pagina Facebook scrive che "la magistratura, come intuirono per altro già Borsellino e Falcone, deve entrare nelle banche e nei conti correnti internazionali, nel meccanismo degli appalti e nei settori industriali, utilizzando le intercettazioni e operando in modo autonomo. La società civile deve avviare una riflessione interna profonda esigendo verità dallo Stato, anche sullo stragismo degli anni '90, su cui la Procura di Caltanissetta sta nuovamente indagando".
E se l'europarlamentare e sindaco di Gela Rosario Crocetta propone una commissione antimafia anche a Strasburgo, per l'Associazione familiari della strage dei Georgofili non bisogna istituire un'inchiesta parlamentare sulle stragi del '93. "Temiamo - si legge in una nota scritta dalla portavoce Giovanna Maggiani Chelli - che, come sempre, userà tutti i suoi strumenti per porre limiti ancora una volta alla magistratura. Una contromossa per esorcizzare la paura del fantasma di Vito Ciancimino".
Repubblica.it
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MAFIA: SALVATORE BORSELLINO, PAOLO MORI' PERCHE' SCOPRI' PATTO CON STATO Roma, 15 lug - ''Mio fratello era stato sicuramente informato dagli organi istituzionali della trattativa in corso tra mafia e Stato, perche' erano in mano sua le indagini sull'assassinio di Falcone e sulla mafia in Sicilia.
Non poteva non esserne informato''. Cosi' Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992 in via D'Amelio commenta le nuove rivelazioni sul patto tra Stato e mafia fatte da Massimo Ciancimino. Borsellino e' intervenuto a ''24 Mattino'' su Radio 24.
''Sostengo dal 1997 - ha aggiunto Borsellino - che il motivo dell'accelerazione della eliminazione di Paolo sia stato il fatto che lui si era messo di traverso rispetto a questa trattativa nel momento in cui ne fu informato, e questo avvenne al ministero dell'Interno il primo luglio 1992. A quel punto era necessario, per poter continuare a condurre la trattativa, eliminare l'ostacolo principale, Paolo Borsellino, ed eliminarlo in fretta''.
Ciancimino jr. ha detto che una copia del famoso ''papello' era nella cassaforte di casa sua a Mondello ma i Carabinieri durante una perquisizione evitarono di controllare: ''C'e' da chiedersi il perche' non sia stata aperta quella cassaforte - ha detto Borsellino -. Credo che sia lo stesso motivo per cui dopo l'arresto di Riina e' stato lasciato incustodito il suo rifugio, finche' squadre della criminalita' organizzata hanno potuto ripulire la casa e prelevare la cassaforte, nella quale c'erano cose che non dovevano venire fuori. Ciancimino non e' un pentito - ha detto Borsellino - ma uno che vuole salvare il salvabile, quel famoso tesoro del padre di cui evidentemente gli hanno sequestrato solo una minima parte. Ora ha scelto di collaborare e sta dando un validissimo contributo, ma per patteggiare la sua impunita'''.
Asca.it