Brusca: «Lo Stato trattò con Riina
fra gli attentati a Falcone e Borsellino»
Il collaboratore di giustizia: il boss consegnò un "papello" con le richieste. Un pentito: sul 41 bis si cercò l'aiuto della Chiesa
ROMA (21 maggio) - «Riina mi disse il nome dell'uomo delle istituzioni con il quale venne avviata, attraverso uomini delle forze dell'ordine, la trattativa con Cosa nostra». Lo dice per la prima volta in aula il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, deponendo nel processo al generale Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento alla mafia. I giudici del processo, che si svolge davanti ai giudici del tribunale di Palermo, sono oggi in trasferta nell'aula bunker di Rebibbia a Roma per sentire alcuni pentiti.
Rapporti con persone dello Stato. Brusca racconta che tra la strage di Falcone e quella di Borsellino «persone dello Stato o delle istituzioni» si erano «fatti sotto» con Riina, il quale aveva loro consegnato un «papello» di richieste per mettere fine agli attentati. Per la prima volta in un pubblico dibattimento, Brusca afferma di aver saputo da Riina il nome della persona a cui era rivolta la trattativa. Ma, quando il pm Nino Di Matteo gli chiede di farlo davanti ai giudici quel nome, Brusca si ferma e dice: «Mi avvalgo della facoltà di non rispondere, perché su questa vicenda vi sono indagini in corso e non posso rivelare nulla». Il riferimento è all'inchiesta che viene condotta dalla procura di Caltanissetta, guidata da Sergio Lari, che da mesi ha avviato nuove indagini sulle stragi del '92.
Spunta fuori la Lega. E Brusca fa riferimento anche alla Lega: «Tra l'omicidio di Salvo Lima e quello del dottor Falcone alcuni politici si proposero a Riina per prendere il posto che era stato dell'europarlamentare ucciso. Ma Riina non era soddisfatto, voleva di più. E qualcuno tentò di proporgli anche un contatto con la Lega di Bossi. Ma non so cosa ne fece, perché nel frattempo Riina aveva trovato il canale giusto ed era soddisfattissimo».
Strage di Capaci non doveva fare così clamore. Brusca rivela anche che «la strage di Capaci, così come è stata fatta, Provenzano non la voleva, perché lui preferiva che Falcone venisse ucciso a Roma o in altri luoghi, senza fare troppo clamore.A Provenzano non piaceva la spettacolarizzazione degli omicidi, ma condivideva con Riina l'uccisione dei magistrati Falcone e Borsellino». Il boss, infatti, dopo l'arresto di Riina, impedì a Bagarella, Messina Denaro, Graviano e allo stesso Brusca di proseguire gli attentati in Sicilia.
Rapporti con la Chiesa. Dal pentito Ciro Vara invece rivelazioni sui rapporti con la Chiesa. «Dopo le stragi del '92 e del '93 Provenzano per alleggerire la pressione dello Stato su Cosa nostra, in particolare per i detenuti sottoposti al 41 bis, aveva cercato una strada attraverso la Chiesa». Lo ha rivelato oggi il pentito Ciro Vara dicendo di aver appreso questa strategia di Provenzano nel novembre 1993 da un mafioso di Caltanissetta, Mimmo Vaccaro, che all'epoca era latitante. «Nel 1993 soffrivamo la pressione dello Stato, i detenuti in particolare, e per questo motivo - dice Vara - incontrando Vaccaro dopo che per una settimana era stato insieme a Provenzano, gli chiesi cosa stava facendo per aiutarci. E Vaccaro mi rispose che stava tentando la strada attraverso la Chiesa, in modo da ammorbidire la repressione della magistratura e alleggerire il 41 bis». Vara ha inoltre rivelato per la prima volta in aula che il boss catanese Pietro Balsamo, negli anni Novanta, riusciva a conoscere in anticipo le mosse delle forze dell'ordine a Catania. «Balsamo - dice Vara - aveva notizie sempre di prima mano su arresti che doveva effettuare la Dda di Catania».
Brusca: «Lo Stato trattò con Riina fra gli attentati a Falcone e Borsellino» - Il Messaggero
vorrei tanto sapere chi sia questo politico che ha avuto rapporti con quel pezzo di merda di riina......