Rifiuti ovunque. Roghi di notte. Comune senza un euro. E i turisti sono scomparsi. Peccato, perché era una bellissima città
C'era una volta Palermo: il Teatro Massimo, il mare di Mondello, il fascino dei mercati della Vucciria e di Ballarò. E la mafia. Oggi Cosa nostra c'è ancora, ma le bellezze della città sono sfregiate da tante piccole e grandi discariche sotto il sole impietoso di giugno: Palermo come una Calcutta mediterranea in cui i turisti e i cittadini sono costretti a vedere cassonetti pieni di immondizia, frigoriferi o divani abbandonati per strada da cittadini incivili, alberi giganteschi circondati da transenne perché negli ultimi mesi due persone sono state uccise da grossi rami staccatisi all'improvviso.
E' difficile vivere a Palermo di questi tempi. Perché se vuoi prendere un autobus che dalla periferia porta al centro - e questo miracolosamente arriva in orario - probabilmente l'obliteratrice ti ruberà una mezz'ora sul biglietto a tempo. Se la sera vuoi fra due passi sul lungomare del Foro Italico può capitare che lo dovrai attraversare al buio perché non sempre i lampioni sono accesi. Di notte troverai delle luci, però, in quasi tutte le periferie: ma sono quelle dei roghi con cui i palermitani esasperati bruciano - per quanto possibile - le tonnellate di spazzatura che nessuno passa a ritirare per giorni. E il fumo della plastica incendiata, insieme a tutto il resto, ti costringerà a tenere la finestra chiusa anche se il caldo, ormai, è arrivato.
Venerdì scorso, ad esempio, le fiamme sono state appiccate ai cumuli di rifiuti in via Campisi, via Ruffo di Calabria e in piazza XIII Vittime. Vicino all'aeroporto di Punta Raisi sono dovuti arrivare i pompieri. E anche nei paesi vicini a Palermo è emergenza rifiuti: dati alle fiamme quintali di immondizia a Trappeto e ad Altavilla Milicia.
Intanto Cosa Nostra continua a imporre la sua legge del pizzo e a lucrare sugli appalti: come sempre, del resto. Certo, le retate contro capimafia, soldati e colletti bianchi non si fermano. La settimana scorsa, anche grazie a una serie di intercettazioni, la polizia ha eseguito 19 arresti: colpito un clan che si è infiltrato nel business degli appalti attraverso imprenditori e una rete di insospettabili che controllavano consorzi e società di primo piano nel mercato palermitano. Tra gli imprenditori coinvolti ce n'è uno - Vincenzo Rizzacasa - che aveva avuto il coraggio di portare in tribunale Confindustria Sicilia perché lo aveva sospeso dopo le prime inchieste che lo coinvolgevano. Chissà se adesso, dal carcere, continuerà a chiedere di essere reintegrato.
Intanto le casse del Comune sono rimaste vuote. I servizi sociali sono al collasso. Dopo i lunghi anni di dominio democristiano (dal sindaco-mafioso Vito Ciancimino al regno di Salvo Lima), c'è stato il periodo della "primavera" di Leoluca Orlando (1985-1990 e 1993-2000). Ma dal dicembre 2001 Palermo è guidata da Diego Cammarata, avvocato eletto con Forza Italia e poi col Pdl ed ex pupillo di Gianfranco Miccichè, che lo ha scaricato. Cammarata sostiene che se la città è invasa dai rifiuti non è colpa del Comune, e che lui può fare poco.
Certo è che l'anno scorso, a maggio, la Regione ha speso 750 mila euro per fronteggiare l'emergenza-immondizia. Dodici mesi dopo, la situazione è solo peggiorata: cumuli di immondizia per strada, roghi di cassonetti e di rifiuti nelle notti, la discarica sulla montagna di Bellolampo ormai satura e destinata a riempirsi entro la fine dell'anno. Le periferie sono costrette allo spettacolo di cassonetti pieni di rifiuti per giorni.
Cammarata dal 30 maggio è iscritto nel registro degli indagati: "disastro ecologico" è il reato ipotizzato dai sostituti procuratori Gery Ferrara e Maria Teresa Maligno. In sintesi: nella discarica si è formato un lago di percolato (il liquido tossico prodotto dai rifiuti abbandonati) che potrebbe aver inquinato la falda acquifera che attraversa la città fino a mare. "Non ho poteri diretti sulla gestione della discarica" si è difeso il sindaco appena avuto notizia dell'atto della procura.
Mentre i cumuli di rifiuti si accatastano lungo le strade per giorni, i commissari liquidatori dell'Amia (Azienda municipalizzata per l'igiene ambientale) fanno i salti mortali per salvare il salvabile. L'indagine della procura contro i vertici dell'Amia allora retta da Enzo Galioto (che ora è stato promosso senatore del Pdl) si è fermata per un problema tecnico, che però è anche politico. Infatti il falso in bilancio dell'Amia doveva essere perseguito su querela di parte. E il sindaco Cammarata, grande sponsor e collega di partito di Galioto, non ha attivato la procedura di legge.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio//2128814