"Soccorsi inutili sull'Himalaya"
Polemica sul recupero degli alpinisti
Mentre Walter Nones e Simon Kehrer, i due alpinisti italiani soccorsi in elicottero sull'Himalaya, si apprestano a tornare in Italia, scoppia la polemica proprio sui soccorsi. Anzitutto sul costo dell'operazione di salvataggio per le casse dello Stato, ma anche sull'opportunità di andare a recuperare i due che, secondo l'alpinista Fausto De Stefani "non avevano bisogno di soccorsi", e sull'"inutile spettacolarizzazione della montagna".
Per quanto riguarda la spesa di recupero, la Farnesina ha immediatamente messo a tacere qualsiasi commento spiegando che "per le casse dello Stato il costo è stato zero: chi intraprende queste spedizioni è assicurato, e quindi è stata l'assicurazione a pagare il recupero", avvenuto con l'utilizzo di mezzi militari pakistani. Resta, invece, la polemica sull'opportunità di andare a recuperare a tutti i costi i due alpinisti italiani dopo la morte del loro capocordata, Karl Unterkircher, sul Nanga Parbat. E non è una polemica da poco, perché l'accusa è quella di aver voluto speculare sul dolore per la morte dell'alpinista altoatesino e di aver voluto a tutti i costi recuperare con un'operazione di salvataggio i suoi compagni che potevano benissimo farcela da soli.
"I due alpinisti - attacca il presidente dell'associazione protezionista Mountain Wilderness, Fausto De Stefani parlando ad Auronzo di Cadore, nel Bellunese, durante una conferenza dedicata proprio all'Himalaya - non avevano bisogno di essere salvati, tanto è vero che nella prima comunicazione telefonica con il satellitare avevano lanciato e ribadito l'idea di scendere da soli con gli sci".
"Walter e Simon - prosegue De Stefani - apparivano come due alpinisti ancora in possesso delle loro forze, e non avevano ancora lanciato alcun sos. Quello accaduto a Unterkircher è un dramma di fronte al quale bisognerebbe rimanere in silenzio".
De Stefani, secondo alpinista italiano dopo Reinhold Messner e sesto al mondo ad avere scalato tutte le 14 vette superiori agli 8mila metri (anche se l'impresa non è unanimemente accettata), spiega anche che chi parte per questo tipo di spedizioni "sa a quali rischi va incontro. Sa che potrebbe perdere la vita. E parte comunque per trovare il silenzio della montagna". Un silenzio che, secondo il fondatore di Mountain Wilderness, questa volta è stato rotto.