scelte di vita e di obbiettivi quando i soldi non ne hai e ti vuoi affermare qualche compromesso devi scendere, e facile giudicare chi lo fa o pontificare su quelle che la danno per un posto letto, quando si è dei priviligiati .
Ma oggi ci si prostituisce anche perchè e piu comodo per una donna e non sempre per necessità diciamo che un modo di vivere pratico
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dal corriere della sera del 25.03.08
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Vendute online
Due squillo raccontano come si sono prostituite via computer per libera scelta, senza intermediari Quattro ore davanti alla webcam fanno 400 euro
Adesso che ho smesso mi mancano i soldi e quell’emozione
Giovanni Savarese per il Magazine
Avrà problemi a pagare l’affitto da oggi in poi Ashley Alexandra Dupré, 22enne call girl della società Emperors, che è costata la poltrona al governatore di New York Eliot Spitzer, moralizzatore con il vizietto delle squillo. Un caso che ha riacceso i riflettori sul mondo della prostituzione d’alto bordo con tariffe per ricchissimi, se è vero che Spitzer pagava 5000 dollari l’ora. Una dimensione da pellicola hollywoodiana che non è però molto lontana dalla realtà e che proprio il cinema ci ha raccontato già più di 40 anni fa, quando Luis Buñuel portò sul grande schermo la “prostituzione della donna della porta accanto”. Nel film Bella di giorno la protagonista Severine vende il proprio corpo in una casa di appuntamenti per espiare colpe interiori e per sfuggire alla monotonia di una vita borghese. Una continua oscillazione tra un’esistenza di normalità e una seconda vita di trasgressione e masochismo.
Più di recente il regista tedesco Sam Garbarsky ha aggiornato il tema con il suo apprezzatissimo Irina Palm, film nel quale la pensionata Maggie trova lavoro in un locale a luci rosse per aiutare il nipote che ha bisogno di cure molto costose. Troppo anziana per esibirsi, soddisfa le voglie dei clienti in speciali cabine nelle quali l’unico contatto con loro avviene attraverso un buco nella parete: allungando una mano Maggie, nome d’arte Irina Palm, procura piacere ai suoi clienti, inaspettatamente sempre più numerosi.
Ashley Alexandra Dupré, call girl della società Emperors, al centro dello scandalo che ha travolto il governatore di New York Eliot Spitzer
«Il film Irina Palm rispecchia bene un fenomeno che attraversa la nostra società», sostiene Serenella Salomoni, psicologa e psicoterapeuta.«Una donna, anche di una certa età, che ha bisogno di soldi e cerca un lavoro, onesto. Non lo trova ed è costretta ad entrare nel mercato del sesso a pagamento».
L’associazione di cui Salomoni è presidente, “Donna e qualità della vita”, ha condotto un’indagine su questo fenomeno, che, secondo gli esperti, ha assunto negli ultimi anni proporzioni sempre crescenti, grazie anche all’affermazione di internet. L’inchiesta, realizzata attraverso circa 400 interviste telefoniche, in forma anonima, ad altrettante “prostitute a domicilio”, traccia il profilo della “squillo dell’era digitale”: spesso laureata (una su quattro), o diplomata (il 34%), consumatrice di libri e quotidiani (il 38% dichiara di leggere almeno un giornale al giorno) e grande utilizzatrice della Rete.
Sul web le opportunità di “mercato” sono infinite, tante quanti i siti che propongono annunci per chi cerca o offre sesso a pagamento. Un contatto diretto, senza bisogno di mediatori, possibile semplicemente con un computer, una connessione e un po’ di conoscenza di internet. Basta sapere quali sono le regole, conoscere il linguaggio, il codice condi viso da chi frequenta siti web di questo genere: la parola chiave è “incontri” e non si parla mai direttamente di denaro, né di euro, bensì di “rose”. «Trecento rose per un incontro di un paio d’ore».
Non c’è traccia di schiavitù o costrizione, si tratta di prostitute per scelta (il 37% delle intervistate si dice soddisfatta di questo tipo di lavoro) e “a tempo determinato”, con la prospettiva di svolgere l’attività soltanto per un periodo breve della propria vita (43%).
Niente a che fare con le circa 70 mila prostitute che, secondo una stima del dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio, operano nel nostro Paese. Da questi dati sfuggono le “escort”, le cosiddette squillo di lusso, e tutte quelle donne (e uomini) che decidono di prostituirsi per un periodo limitato della propria vita. «Il fenomeno esiste», afferma Pia Covre, leader del Comitato per i diritti civili delle prostitute onlus .«Colpa della precarizzazione del lavoro e della vita e colpa anche della logica consumistica. All’interno del mondo delle sex workers ci sono giovani donne che non vogliono identificarsi soltanto nella prostituzione, ma che rivendicano il diritto di guadagnarsi da vivere come vogliono. Semplicemente valutano anche la possibilità di fornire prestazioni sessuali come lavoro retribuito ».
Il bisogno di denaro, la precarietà del lavoro, come spinta principale ad entrare nel sex business, proprio come emerge dalle interviste realizzate dall’associazione di Salomoni: «C’è un fattore sociale importante alla base di tutto ed è il bisogno di denaro. Parliamo soprattutto di casalinghe e studentesse, alle prese con problemi economici sempre più pressanti, dalla rata del mutuo, alla difficoltà di arrivare alla fine del mese. Tanti i casi, poi, di studentesse universitarie che si prostituiscono per far fronte alle tasse scolastiche e alle spese di alloggio».
Proprio le studentesse sono protagoniste di un fenomeno che non riguarda soltanto l’Italia e mette in allarme le istituzioni anche in Gran Bretagna e Francia. Una ricerca condotta a Londra da esperti della Kingston University segnala che in pochi anni il numero delle ragazze entrate nel mercato del sesso (dalla prostituzione alle esibizioni nei locali di strip tease, fino all’attività di “accompagnatrice”) è aumentato del 50%. Anche Varsity, il prestigioso settimanale studentesco dell’ Università di Cambridge, ha di recente pubblicato testimonianze in questo senso: per colpa delle rette elevate molte giovani dell’ateneo inglese accettano di offrirsi per sesso a pagamento.
Anche la Francia ha scoperto questo fenomeno, grazie a uno studio condotto dal sindacato studentesco francese Sud-Etudiant e ripreso dal quotidiano Le Figaro: sarebbero circa 40mila le ragazze, tra i 19 e i 25 anni, che vendono se stesse per pagare l’affitto e per permettersi l’università. Una studentessa su 57 lavora per agenzie di “accompagnamento” oppure pubblica annunci via internet per offrire servizi sessuali. In Italia è stata la rivista Studenti Magazine a occuparsi della questione, tenendo conto non soltanto delle ragazze che si prostituiscono in senso stretto, ma più in generale di quelle che utilizzano il proprio corpo per mantenersi agli studi. L’esito conferma il quadro disegnato dalle due indagini britanniche e da quella francese: il 21 per cento degli intervistati italiani dichiara di avere compagne di corso che svolgono attività che hanno a che fare con il sesso, dalla lap dance nei locali a luci rosse, ai massaggi, al sesso virtuale delle web cam, a quello reale della prostituzione vera e propria. È proprio il sesso virtuale a rappresentare l’attività in maggiore espansione per questa categoria sociale, tanto da aver creato una nuova tipologia di “operatrice del sesso” al tempo di internet, la webcam girl: su richiesta di clienti disposti a pagare un tanto al minuto, si spoglia di fronte ad una telecamera digitale, accondiscendendo a richieste particolari di pose, gesti e atteggiamenti. Per lei è sufficiente lasciare acceso il computer e aspettare che un cliente si colleghi. Poi comincia lo spettacolo e, se la richiesta si fa troppo hard, basta disconnettersi. Non c’è contatto fisico, non c’è rischio di brutti incontri. E forse non c’è la percezione di essere una prostituta.
L’ADESCAMENTO È PIÙ FACILE «Il vero rapporto da analizzare è proprio quello tra il reale e il virtuale», afferma Luisa Leonini, docente di Sociologia dei consumi all’Università Statale di Milano. «Tutto ciò che è virtuale sembra finto, un simulacro, quindi non crea problemi, diventa molto più accettabile da parte della ragazza, che ha così la sensazione che mostrare il proprio corpo a pagamento non abbia nulla di riprovevole». La tecnologia ha un ruolo determinante anche nel caso della prostituzione reale, quella che prevede un incontro e un rapporto fisico, senza la protezione della virtualità. «La tecnologia ha reso più facile e privato l’adescamento», conferma la professoressa Leonini. «Il computer ha semplificato un fenomeno già presente, rendendo padrone di loro stesse le donne che decidono di vendersi. Grazie a internet oggi possono farlo senza intermediari né case di appuntamenti». Secondo Leonini «tutto questo ha a che fare con la cultura del denaro e delle merci: tutto è mercificabile. I confini, nella società contemporanea, si sono fatti sottili. La sessualità risulta sempre più disgiunta dall’affettività, anche per le donne. E il corpo, da sempre, è una risorsa facile».
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ma spogiarsi davanti a una webcam e sempre prostituzione?
Anche se non c'e un contatto fisico o si è prostitute nell'intenzioni ?