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Intervista a Don Gallo

  1. #1
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    dal sito www.lanternerosse.it



    Intervista a Don Andrea Gallo
    "CACCIAMO IL POLIZIOTTO CHE ABBIAMO NELLA TESTA"

    Abbiamo rivolto alcune domande allo storico fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova, che da decenni esprime fattivamente la propria solidarietà ai "drogati", alle persone più deboli ed emarginate. Ecco cosa ci ha risposto don Andrea, al quale inviamo il nostro ringraziamento e il più sincero augurio di buon lavoro!

    Lanterne rosse: Da anni, Don Andrea, tu combatti il concetto di "droga" come elemento deviazionista rispetto alla vera esposizione delle droghe nella nostra vita. Anabolizzanti, alcool, sigarette, sono tutte "droghe", sostanze che danno assuefazione e che modificano le funzioni biologiche dell'organismo. Quale pensi sia il modo migliore per fare in modo che la legislazione e la tutela della salute possano in qualche modo avvicinarsi, se non coincidere? La legge Fini sulle droghe è caratterizzata da una formulazione repressiva totalizzante. La sua abolizione è necessaria. Cosa suggeriresti al governo di centrosinistra in materia di cambiamento della legislazione medesima?

    Don Andrea Gallo: Il Governo Berlusconi in un solo “rogo” ha bruciato il risultato positivo del referendum del 1993, le Conferenze nazionali di Palermo (1993), Napoli (1998), Genova (2000). A Genova il Ministro della Sanità era il prof. Umberto Veronesi. La sua tesi fu accolta dalla grande maggioranza dei congressisti: "Il proibizionismo non porta da nessuna parte".
    E’ un fenomeno da governare, senza deliri di onnipotenza. E’ una lunga guerra, prima di tutto all’intolleranza e all’arroganza dei politici e degli Operatori delle varie Agenzie educative.
    Sollecitare proposte che partano da un NO secco a qualunque politica di penalizzazione e repressione del semplice consumo e individuare prospettive strategiche (con percorsi differenziati) della “riduzione del danno”, riaffermando una volta per tutte, la centralità del Servizio Pubblico, anello che si ponga come intenso luogo propedeutico nel processo, in una vasta rete terapeutica, inserita nel Dipartimento delle Dipendenze delle Regioni e dei Comuni, per portare speranza a tutti coloro (e a tutti noi), che vogliono, con la loro autodeterminazione, uscire dalla dipendenza per passare alla pratica della libertà, che significa emancipazione.

    Lanterne rosse: In che modo la gente comune può meglio essere vicina, assistere e continuare a far sentire parte della società i "drogati" e tutti coloro che sono oggi discriminati ed isolati anche per un solo spinello?

    Don Andrea Gallo: Per la "gente comune" è fondamentale sapere che non esiste alcun processo di liberazione collettiva che non sia anche un percorso rigoroso, sia sul piano del metodo che su quello dei contenuti, con i “saperi” che ci costringono ad una continua interrogazione dei risultati della medicina, della psicologia, della sociologia, del diritto, della pratica.
    Non ci sono ricette magiche, ma è necessario superare la logica della Terapia autoritaria, senza prescrizioni immodificabili e metodologie comunitarie valide per tutti e in tutte le situazioni.
    Bisogna cacciare il poliziotto che abbiamo nella testa e onestamente finire di considerare cattivi coloro che hanno scelto, con ponderazione, una visione complessiva differente, calda e umana.
    Una società meno coattiva offrirebbe infatti maggiori possibilità ai soggetti sociali intenzionati a sperimentare nuovi percorsi.


    Redazionale, 14 agosto 2006

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  2. #2
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    concordo... e aggiungo: casualmente i preti in gamba nn fanno carriera.

  3. #3
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  4. #4
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    concordo... e aggiungo: casualmente i preti in gamba nn fanno carriera.
    Vero, ma questo non è uno di quelli..

  5. #5
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    I preti non devono fare carriera

  6. #6
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    I preti non devono fare carriera
    No figurati.. Te associ, da comunista, la parola carriera a quella del denaro

  7. #7
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    I preti non devono fare carriera
    va beh, il senso dell'affermazione di TXUS era chiaro

    Comunque il rampantismo esiste anche negli ambienti clericali.

  8. #8
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    Vero, ma questo non è uno di quelli..
    Dov'è il problema?

  9. #9
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    va beh, il senso dell'affermazione di TXUS era chiaro

    Comunque il rampantismo esiste anche negli ambienti clericali.
    Si è vero,ma in "dosi" molto ridotte rispetto alla media, e caro Nem. potresti dirmi dove non ce ne sia?

    E poi scusa, che son tutti sti vocaboli complessi?! Parlate come mangiate grazie

  10. #10
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    I preti non devono fare carriera
    don dell'oratorio, parroco di paese, cardinale, vescovo, arcivescovo, monsignore, papa...

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