Mentre si stanno ancora stilando i tristi inventari della guerra in Libano – circa 1500 morti libanesi e 250 israeliani – Tel Aviv ha ripreso con regolarità la mattanza a Gaza: dal 28 giugno ad oggi, i morti palestinesi a Gaza sono stati 225 (fra i quali ben 62 bambini) e 900 feriti (ANSA, 30 /8/2006).
Quando fu decisa la missione in Libano, mi par di ricordare che il Ministro D’Alema “non escluse” l’invio di un contingente ONU anche a Gaza, perché è intollerabile che quotidianamente s’ammazzi la gente (i 62 bambini erano “terroristi”?) nel silenzio più assoluto delle cancellerie europee. Non è molto “fine”, via, ammettiamolo.
E passi che, oramai, Washington non tenti nemmeno più di recuperare un minimo di credibilità nel mondo arabo: quel poco che rimaneva sta svanendo con il sangue che arrossa le strade dell’Iraq, ma noi andiamo là per una missione di pace. O no? Il pericolo che i soldati italiani corrono non è quello di prendersi un razzo da Hezbollah oppure una bomba da un aereo israeliano: i danni possono farli solo i politici, con le loro dichiarazioni poco attente alla realtà internazionale, soprattutto per uno che di mestiere fa il Ministro degli Esteri.
La dichiarazione sorprendente di Massimo D’Alema riguarda il disarmo di Hezbollah: mentre tutti sembrano d’accordo per un graduale accorpamento delle milizie sciite nell’esercito libanese, Massimino Settebellezze se ne esce bello bello a dichiarare che “se la Siria non smetterà di rifornire Hezbollah, la comunità internazionale non rimarrà indifferente”.
Ora, Massimino, sappiamo che tu vivi tranquillo fra Roma, Gallipoli e la tua sontuosa barca a vela, ma così non è per i militari italiani che fra pochi giorni si troveranno catapultati fra l’esercito israeliano al quale brucia ancora il sederino per la constatazione di non essere riuscito a distruggere Hezbollah e le milizie sciite che sono fiere d’aver fermato Tzahal.
Non si tratta proprio di una scampagnata – questo il governo italiano lo ha più volte ricordato – ma se così non è, proprio il Ministro degli Esteri italiano deve mettercela tutta per dar fuoco alle polveri?
Si potrà replicare che la risoluzione 1701 prevede “il disarmo delle milizie”, ma non si fa cenno a chi debba disarmarle:
art. 8
… Full implementation of the relevant provisions of the Taif Accords, and of resolutions 1559 (2004) and 1680 (2006), that require the disarmament of all armed groups in Lebanon, so that, pursuant to the Lebanese cabinet decision of 27 July 2006, there will be no weapons or authority in Lebanon other than that of the Lebanese State;
-- no foreign forces in Lebanon without the consent of its Government;
-- no sales or supply of arms and related materiel to Lebanon except as authorized by its Government;
-- provision to the United Nations of all remaining maps of land mines in Lebanon in Israel’s possession;
Esecuzione completa delle disposizioni relative degli accordi di Taif e delle risoluzioni 1559 (2004) e 1680 (2006), che richiedono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano, di modo che, conforme alla decisione del governo libanese del 27 luglio 2006, non ci siano armi od altre autorità in Libano tranne quelle dello stato libanese;
-- non ci siano forze straniere nel Libano senza il consenso del relativo governo;
-- non ci sia vendita o rifornimento di armi nel Libano tranne quelle autorizzate dal governo libanese;
-- consegna alle Nazioni Unite di tutte le mappe dei campi minati nel Libano ancora in possesso d’Israele;
Nella risoluzione – in moltissimi punti – si richiama alla responsabilità del governo di Beirut per il disarmo di Hezbollah: per quale motivo?
Il compito di gestire le forze armate di un paese spetta al legittimo governo di quella nazione ed a nessun altro: sarebbe un precedente assai rischioso – per l’ONU – creare un precedente grazie al quale siano le Nazioni Unite a decidere della politica di difesa di una nazione.
Il caso dell’Afghanistan fu diverso; in quel caso, il governo talebano di Kabul era riconosciuto da soli tre stati: Arabia Saudita, Pakistan (!) ed Emirati Arabi Uniti, mentre il governo libanese è pienamente riconosciuto in tutti i consessi internazionali.
Israele ha quindi ragione quando addossa al governo di Fouad Siniora la responsabilità delle azioni militari di Hezbollah: il problema è che Hezbollah è un partito politico, ed è difficile sostenere che si tratti di una forza straniera, giacché è composta da libanesi.
La presenza di militanti d’altre nazionalità non deve stupire troppo: siriani e libanesi si considerano quasi un solo popolo (furono entrambi colonizzati dai francesi) ed è inutile qui ricordare che le “frontiere di burro” del Medio Oriente nascono dalle squadrette con le quali i solerti geografi inglesi e francesi le tracciarono sulle mappe, che non avevano alcun riscontro con le realtà locali.
Il “disarmo” di Hezbollah è quindi un problema d’assetto interno libanese – che il Libano dovrà risolvere – ma nessun potere esterno al Libano (tanto meno Israele, che ha dovuto ricorrere all’ONU per salvare la faccia in una situazione militare che diventava sempre più critica) può esigere che Hezbollah sia disarmato.
Ovviamente, una forza armata riceve rifornimenti: se la Siria invia rifornimenti ad Hezbollah ed il governo libanese non si oppone (o non ha la forza per farlo, il che dimostra chi veramente rappresenta politicamente il Libano) vogliamo inviare i nostri soldati sulla frontiera con la Siria per farli massacrare dai più che certi attacchi (di qualsiasi tipo) che andrebbero a subire? Massimino, rifletti un attimo e magari correggiti: puoi sempre affermare che il tuo pensiero è stato “distorto” dalla stampa tanto, con le sovvenzioni che ricevono annualmente dal governo, stai certo che faranno retromarcia, reciteranno il mea culpa e si cospargeranno il capo di cenere.
Sempre per l’annosa questione delle armi, il sottoscritto ha la ventura d’abitare proprio sotto un corridoio aereo, e qualche volta riesce a notare i velivoli commerciali che strapazzano i cirri, lassù, nel silenzio delle alte quote.
Ebbene, nei giorni della guerra era tutto un passa e ripassa di strani voli che sembravano commerciali, ma che dal rumore dei motori – quel buu-buu basso – non parevano carichi di gente che andava in vacanza. No, erano i C117 dell’USAF che portavano i rifornimenti d’armi ad Israele: non lo sapevi? Sì, volano bassi – fra i 10 ed i 15.000 piedi – perché sono così carichi che non ce la fanno a volare più alti: con quel che pesano quelle bombe da una tonnellata e quelle a frammentazione! Sbaglio o sono proibite? Chiedilo magari ad Annan, lui dovrebbe saperlo.
La sera del 10 agosto mi recai alla spiaggia per vedere qualche stella cadente – cosa vuoi, noi comuni mortali chiediamo solo un po’ di salute e di riuscire a pagare il mutuo, mica veleggiamo su yacht da milioni di euro – e, mannaggia se riuscii a vederne una!
Sì, c’era qualche nuvola, ma che traffico!
In un’oretta e mezza ne contai sette: alcuni volavano a coppie, altri soli soletti e tutti si dirigevano verso sud est come una mandria, una carovana di some colme d’esplosivo.
Mi è venuto allora un dubbio: chi decide chi può ricevere rifornimenti e chi no? Bella domanda vero?
Non mi sembra che le bombe israeliane (con targa USA) si comportino meglio dei razzi (con targhe siriane, iraniane, ecc) di Hezbollah: Oddio, forse si comportano meglio: la “partita” è finita con un centinaio di civili israeliani massacrati dai razzi che giungevano dal Libano e con un migliaio di civili libanesi spappolati dalle bombe israeliane. Sì, le armi americane si comportano meglio, hanno una ben diversa reputazione.
C’è qualcuno – che so io, un “Comitato Planetario della Buona Bomba” – che pone l’imprimatur sui rifornimenti d’armi? C’è un apposito ufficio che timbra le bombe ad una ad una, mette una targhetta, un segno con il pennarello indelebile, cosicché noi possiamo riconoscere una bomba buona da una cattiva? Oppure dobbiamo giudicarle solo dopo che sono scoppiate? Dai, diccelo…
No, perché ci assalgono dei dubbi che giungono da lontano, dal 1999, dal Kosovo. Rammenti?
Ricordiamo tutti la solerzia con la quale concedesti l’uso delle basi italiane per bombardare Belgrado, poi – all’improvviso – crepi l’avarizia! Inviasti anche i nostri AMX a buttar bombe, ovviamente buone. Nulla da eccepire per gli aerei: sappiamo che gli AMX cadono da soli – fino ad oggi 18 sono caduti in esercitazione, parecchi piloti morti, perché per risparmiare hanno montato su un aereo da combattimento il motore di una cinquecento, al punto che alcuni anni fa la magistratura italiana (unico caso al mondo!) sequestrò tutti e quanti gli AMX dell’AMI – ma non era proprio il caso di mandarli a piovere sulla testa dei poveri jugoslavi! E poi: che figura, dai…
La Grecia – nostra cara vicina e maestra di vita, che ricambiammo nel 1941 con un attacco da rubamazzetto per averci insegnato i rudimenti della civiltà – rifiutò agli americani l’uso dei porti e degli aeroporti greci: hai capito te che razza di filosofi?
La curiosità che ci coglie è quella di sapere se anche questa volta hai concesso l’uso delle nostre aerovie per trasportare le bombe americane ad Israele, bombe buone, lo abbiamo notato, e se qualcuno ci ha detto qualcosa in merito. Sì, perché ci coglie un dubbio: le bombe, forse, non sono buone o cattive per loro natura, ma ogni governo può decidere in autonomia del loro valore morale (!). Se i greci si sono permessi – nel 1999 – di giudicare “cattive” le bombe americane, perché tu le consideri tutte buone? Guarda che bisogna osservare sempre con attenzione: il settebello non vale mica come il sei di picche!
Per quanto riguarda la consegna delle mappe dei campi minati – un aspetto non poco importante, perché è su quelle mine che ci lasciano la pelle i civili – siamo certi che Israele lo ha già fatto: confermi Massimino? Beh, altrimenti…chiedilo di nuovo ad Olmert, prova a genufletterti, a metterti in testa la kippà…prova a corteggiare la Livni oppure manda Fini, che ha delle “aderenze” in loco…
Ah, c’è un’altra cosa che devi chiedere ad Olmert – quando lo vedi, per carità, senza fretta – che riguarda anch’essa la risoluzione 1701:
art. 5 Also reiterates its strong support, as recalled in all its previous relevant resolutions, for the territorial integrity, sovereignty and political independence of Lebanon within its internationally recognized borders, as contemplated by the Israeli-Lebanese General Armistice Agreement of 23 March 1949;
Inoltre reitera il suo forte richiamo, come ricordato in tutte le relative risoluzioni precedenti, per l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza politica del Libano all'interno dei relativi confini internazionalmente riconosciuti, come contemplato dall'accordo generale Israeliano-Libanese d’armistizio del 23 marzo 1949;
Ma Porca l’oca! Scusa se mi è scappata…stiamo qui a raccontarci mille storielle su chi deve ritirarsi per primo, chi deve aspettare la forza ONU, chi deve rimanere e chi deve migrare, chi sono quelli autorizzati a stare a sud del Litani e quelli che invece possono pescare solo sulla riva nord…e questi è dal 1949 che non rispettano le risoluzioni dell’ONU? Massimino, spiegaci l’arcano: perché nel terzo millennio – nella grande Era Acquariana della pace e della prosperità per tutti i popoli – dobbiamo andarci ad impelagare con un accordo di pace del 1949?!? Ma, israeliani e libanesi, stavano in pace od in guerra? Tu lo sai?
Per quel che so io non lo sanno più nemmeno loro, ma c’è un altro aspetto che mi sembra interessante; il Libano non è ritenuto uno stato, una nazione, un paese come tanti altri: è uno stato-sandwich, anzi è quasi un salame od un prosciutto, perché gli israeliani non l’hanno invaso ed occupato a più riprese tutto intero, ma a fette.
Sharon se ne fece una bella abbuffata nel 1982 – quasi mezzo chilo tagliato a fette spesse, ed un po’ gli rimase sullo stomaco, bisogna ammetterlo – e forse perché era un po’ indigesto gli israeliani se ne andarono, ma non da tutto il Libano: qualche fettina rimase attaccata alla carta, di quelle che restano dimenticate nel fondo del frigorifero e che si finisce per darle al gatto.
Se la politica internazionale si è ridotta a comportarsi come un pizzicagnolo – con la mano sudata appoggiata all’affettatrice – allora c’è speranza per tutti! Io sono un “innamorato” della Dalmazia: che dici, se entro in politica riuscirò a comprare tre etti dell’isola di Pago oppure quattro fette di Lussino?
Fammi sapere, perché mi piace osservare le dolci pennellate delle barche a vela sull’azzurro del mare, soprattutto se hanno due alberi e tante vele, come la tua.
Vorrei raccontarti altre storielle, sapere cosa ne pensi della riunione di 600 capitribù iracheni che hanno solennemente giurato di non ammazzarsi più fra di loro, ma so che hai tanto da fare e che sei pure un po’ incavolato perché hai passato un’estate di m… mentre Berlusconi aveva un sacco di tempo libero e si trastullava con la barca in Sardegna.
Che dici, i capitribù iracheni sono sinceri? E se non sono loro a soffiare sul fuoco dello scontro etnico in Iraq, c’è qualcun altro che ci prova? Magari perché non sa più che pesci pigliare e teme di non farcela a vincere le prossime elezioni, nonostante le macchinette della Diebold?
No, perché la teoria dell’affettatrice può essere applicata anche all’Iraq. La Turchia vuole due etti di Kurdistan? Si può vedere…intanto ha già spostato fior di truppe sul confine…
Rimangono gli avanzi, i resti delle cene mai concluse. Che ne facciamo del Kosovo? Una parte la consumiamo subito e quel che resta lo infiliamo nel congelatore? E della Bosnia?
Dai, rispondici, raccontaci veramente come stanno le cose perché – sai – un giorno o l’altro potremmo stufarci di farcelo fare a fette, e non sarebbe proprio un gran brutto giorno.