Aldrovandi, la Cassazione conferma:
3 anni e 6 mesi di carcere ai poliziotti
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi, e Lino Aldrovandi, padre di Federico Aldrovandi, all'uscita del Palazzaccio dopo la sentenza
La Procura della Corte Suprema: "Agirono da schegge impazzite".
In corso un processo ad altri agenti che avrebbero cercato
di "coprire" i colleghi
ROMA
Sono stati quattro poliziotti, con le loro percosse, a causare la morte del giovane studente ferrarese Federico Aldrovandi, la sera del 25 settembre del 2005, e non uno stato gi «agitazione psicomotoria» del quale sarebbe stato preda il giovane, come hanno sempre sostenuto i quattro agenti. È questa la verità processuale resa definitiva dalla Cassazione che ha confermato le condanne a tre anni (condonati) e sei mesi di reclusione per gli imputati - Monica Segatto, Enzo Pontani, Paolo Forlani e Luca Pollastri - nei confronti dei quali si aprirà un procedimento disciplinare.
In aula, al momento del verdetto, c’era il papà di Federico, vigile urbano a Ferrara, che per tutti questi anni ha seguito insieme alla moglie Patrizia - la prima a non essersi rassegnata all’insabbiamento delle indagini - la battaglia giudiziaria nei confronti della pattuglia che, alle sei del mattino di sette anni fa, ha «ecceduto» nell’uso della forza contro il loro ragazzo un pò casinaro che gironzolava da solo, disarmato, in via Ippodromo. «È un’aria di giustizia che vorrei si respirasse in tutti i tribunali del Paese, penso soprattutto a quelli che devono decidere dei casi di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Michele Ferulli. Con i loro familiari ci sentiamo ormai tutti uniti da uno stesso dolore e dalla stessa ricerca di verita», ha esclamato, commosso, Lino Aldrovandi, appena uscito dalla Cassazione circondato dagli amici di Federico che gli hanno portato un mazzo di belle gerbere gialle.
«È una sentenza storica che speriamo cambi la cultura delle forze dell’ordine», ha aggiunto l’avvocato Fabio Anselmo che ha affiancato la famiglia Aldrovandi e che segue anche gli altri casi. Nella sua requisitoria il sostituto procuratore della Cassazione Gabriele Mazzotta aveva ricostruito quell’alba di botte, quattro contro uno, nella quale «in una sorta di delirio, agendo come schegge impazzite, anzich‚ come responsabili rappresentanti delle forze dell’ordine, i poliziotti ritennero di trovarsi davanti a un mostro dalla forza smisurata che aveva solo tirato un calcio a vuoto, e lo hanno immobilizzato, percosso fino a farlo ricoprire di ematomi». Il Pg, come già appurato dalle sentenze di merito, aveva rimarcato «l’irrilevanza» della droga assunta da Aldrovandi - un pò di anfetamina - nella causa del decesso. In proposito, l’avvocato Anselmo ha ricordato come la famiglia non abbia mai negato che Federico potesse aver assunto droga, mentre uno dei poliziotti rifiutò di fare il test tossicologico.
Per il Pg, il giovane è morto «per il trauma a torace chiuso», provocatogli con «percosse da schiacciamento quando era già ammanettato» e «c’è stata cooperazione colposa per via della comune scelta di azione, della consapevolezza di agire insieme che avrebbe imposto di controllare anche quello che facevano i colleghi e di regolarlo. Invece gli agenti hanno trasceso colposamente i limiti consentiti al loro intervento». Solidiarità è arrivata, alla famiglia di Federico, da Amnesty International che ha ricordato i «depistaggi» dell’inchiesta da parte delle istituzioni che avrebbero dovuto collaborare. È, infatti, in corso un altro processo a carico di altri agenti che volevano "coprire" i colleghi. Soddisfazione per il verdetto è stata espressa dal pm ferrarese Nicola Proto, il primo a chiedere le condanne. «Non mi importa quanto avranno di pena se e come la sconteranno, voglio sapere se saranno ancora nella polizia, adesso che sono stati condannati in via definitiva: quei quattro poliziotti, quella mattina, hanno fatto morire mio figlio», ha solo voluto dire Patrizia Moretti, la mamma di Federico.
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