Oriana Fallaci, una grandissima giornalista e scrittrice. In un futuro prossimo, due sono le possibilità: o che la donna venga ricordata storicamente, oppure che i suoi scritti vengano vietati da qualche editto islamico. Ma non in Africa o Asia, come qualcuno potrebbe essere indotto a credere, ma qui – in Europa – che in quel futuro prossimo potrebbe essere più Eurabia di oggi.
Le sue parole – che spese soprattutto negli ultimi anni in una denuncia esasperata e a tratti urlata del pericolo di una invasione islamica del vecchio continente – oggi risuonano in modo sinistro nelle nostre orecchie e nella nostra mente. Risultano paure scolpite sulla pietra, davanti ai disordini nel medioriente, all’approdo incensante di profughi nelle nostre coste, al tentativo di fare passare qui da noi il burqa come espressione della libertà religiosa; e lo sono ancor di più davanti all’ingresso delle navi militari iraniane nel Mediterraneo e al come ci sono entrate, e cioè attraverso il Canale di Suez, gestito dall’Egitto, ormai libero dalla dittatura del «moderato» e «occidentale» Mubarak. Risultano come il materializzarsi di una «profezia» politico-culturale che si configura anche attraverso un atteggiamento tollerantista, e a tratti ridicolarmente asservito, sul quale l’antico progetto di rendere l’Europa un sultanato occidentale sta trovando la propria lenta ma inesorabile realizzazione: «la politica del ventre» non è una stupidaggine fallacciana. È una strategia politica che già negli anni ‘70 aveva i suoi «illustri» predicatori. All’ONU, nel 1974, profetizzava il leader algerino Boumedienne: «Presto irromperemo nell’emisfero Nord. E non vi irromperemo da amici, no. Vi irromperemo per conquistarvi. E vi conquisteremo popolando i vostri territori coi nostri figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria».
Eppure fin da allora questa frase così sinistra e profetica viene ignorata. Addirittura derisa o ridicolizzata dai signorotti dell’Europa bene e sinistrata; o è tacciata come strumento di intolleranza e xenofobismo. Eppure, basta aprire e leggere i giornali per capire che quel che accade da noi non è frutto della visione di un pazzoide delirante, o di uno xenofobo con la bava alla bocca. È frutto di una società che sta perdendo la memoria di se stessa; di un’Europa che non si rende conto che la storia non aspetta e non confida sull’idea che principi astratti di libertà e tolleranza possano attecchire in una cultura che fonda da secoli la propria esistenza e i propri ritmi di vita su rigidi precetti religiosi che se ne fregano altamente della nostra democrazia, dei nostri valori occidentali e dei sentimenti di libertà e tolleranza che la dominano.
Oriana Fallaci aveva già previsto tutto già dieci anni fa, e infatti lo scriveva nei suoi libri. Se la prendeva con l’ipocrisia e l’ottusità di certi settori borghesi e filo-sinistri. Se la prendeva con il buonismo e con i principi ottusi dell’accoglimento confuso e appiattito sul rinnegamento della propria identità sociale e culturale, e se la prendeva con chi comanda in Italia e in Europa, con chi dalle nostre Tv sponsorizza un astratto principio multiculturale che necessita di ben altro che di un falso tollerantismo, capace di strappare lacrime di pietà per il povero profugo sbattuto nelle pagine dei quotidiani o nei servizi televisivi, ma sterile nell’indurre alla riflessione sul progressivo svuotamento della nostra identità culturale millenaria in nome di un perverso laicismo che svende al peggior offerente la nostra storia e la nostra società.
Di questo atteggiamento passivo, quasi decadente, ne è dimostrazione l’incapacità del vecchio continente di dare una risposta coerente e coordinata ai disordini maghrebini e alle grandi manovre che stanno cambiando gli equilibri geopolitici alle porte dell’Europa. A sinistra esultano, illudendosi che dopo i dittatori, il Maghreb avrà democrazie laiche fondate sulla libertà e la tolleranza. Un’illusione stolta che dimostra quanto sia abissale l’ignoranza sulle azioni umane e sulla storia dei paesi islamici. Se si guardasse con maggiore attenzione al Medioriente, si capirebbe – per dirla con Oriana Fallaci – che «non v’è un solo paese islamico che sia governato da un regime laico, da uno straccio di democrazia» Perché, dunque, questa realtà dovrebbe essere diversa per i popoli che si affacciano sul Mediterraneo? Credono davvero, i cosiddetti progressisti che acclamarono l’Iran integralista trent’anni fa come simbolo della libertà dei paesi musulmani, che Twitter e Facebook siano capaci di fare la differenza e di portare nelle società islamiche, quei valori che gli occidentali ormai stanno perdendo dentro i loro confini? Sono solo strumenti che anche i fondamentalisti e gli integralisti di Maometto hanno imparato a usare per i loro scopi. E anche fin troppo bene…
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