ACCEDI

Password dimenticata?

×
Seguici su Instagram Feed RSS Seguici su YouTube
Pagina 26 di 29 PrimaPrima ... 162223242526272829 UltimaUltima
Visualizzazione risultati da 251 a 260 su 284

Moriresti per il tuo paese?

  1. #251
    Dovahkiin
    Utente cancellato

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da yasha Visualizza il messaggio
    non causa guerra,ma 7 mesi fa ci sono andato vicino





    secondo me assolutamente no...


    cmq per curiosità: esiste una forza militare europea?

    praticamente,l'esercito europeo?
    la Repubblica/mondo: Nasce l'esercito europeo Un corpo di centomila uomini



    Risale al 2000.

  2. #252
    Assuefatto da FdT singXS
    Donna 30 anni da Salerno
    Iscrizione: 16/12/2007
    Messaggi: 604
    Piaciuto: 2 volte

    Predefinito

    per l'italia di ora no...ma in un senso piu generale,per i miei valori come italiana,per l'italia come dovrebbe essere e come vorremmo che fosse si,oggi e sempre

  3. #253
    ... SteekHutzee
    Uomo 36 anni
    Iscrizione: 19/7/2008
    Messaggi: 16,203
    Piaciuto: 100 volte

    Predefinito

    Quel sangue del Sud versato per il Paese

    Vengo da una terra di reduci e combattenti. E l'ennesima strage di soldati non l'accolgo con la sorpresa di chi, davanti a una notizia particolarmente dolorosa e grave, torna a includere una terra lontana come l'Afghanistan nella propria geografia mentale. Per me quel territorio ha sempre fatto parte della mia geografia, geografia di luoghi dove non c'è pace. Gli italiani partiti per laggiù e quelli che restano in Sicilia, in Calabria o in Campania per me fanno in qualche modo parte di una mappa unica, diversa da quella che abbraccia pure Firenze, Torino o Bolzano.

    Dei ventun soldati italiani caduti in Afghanistan la parte maggiore sono meridionali. Meridionali arruolati nelle loro regioni d'origine, o trasferiti altrove o persino figli di meridionali emigrati. A chi in questi anni dal Nord Italia blaterava sul Sud come di un'appendice necrotizzata di cui liberarsi, oggi, nel silenzio che cade sulle città d'origine di questi uomini dilaniati dai Taliban, troverà quella risposta pesantissima che nessuna invocazione del valore nazionale è stato in grado di dargli. Oggi siamo dinanzi all'ennesimo tributo di sangue che le regioni meridionali, le regioni più povere d'Italia, versano all'intero paese.

    Indipendentemente da dove abitiamo, indipendente da come la pensiamo sulle missioni e sulla guerra, nel momento della tragedia non possiamo non considerare l'origine di questi soldati, la loro storia, porci la domanda perché a morire sono sempre o quasi sempre soldati del Sud. L'esercito oggi è fatto in gran parte da questi ragazzi, ragazzi giovani, giovanissimi in molti casi. Anche stavolta è così. Non può che essere così. E a sgoccioli, coi loro nomi diramati dal ministro della Difesa ne arriva la conferma ufficiale. Antonio Fortunato, trentacinque anni, tenente, nato a Lagonegro in Basilicata. Roberto Valente, trentasette anni, sergente maggiore, di Napoli. Davide Ricchiuto, ventisei anni, primo caporalmaggiore, nato a Glarus in Svizzera, ma residente a Tiggiano, in provincia di Lecce. Giandomenico Pistonami, ventisei anni, primo caporalmaggiore, nato ad Orvieto, ma residente a Lubriano in provincia di Viterbo. Massimiliano Randino, trentadue anni, caporalmaggiore, di Pagani, provincia di Salerno. Matteo Mureddu, ventisei anni, caporalmaggiore, di Solarussa, un paesino in provincia di Oristano, figlio di un allevatore di pecore. Due giorni fa Roberto Valente stava ancora a casa sua vicino allo stadio San Paolo, a Piedigrotta, a godersi le ultime ore di licenza con sua moglie e il suo bambino, come pure Massimiliano Radino, sposato da cinque anni, non ancora padre.

    Erano appena sbarcati a Kabul, appena saliti sulle auto blindate, quei grossi gipponi "Lince" che hanno fama di essere fra i più sicuri e resistenti, però non reggono alla combinazione di chi dispone di tanto danaro per imbottire un'auto di 150 chili di tritolo e di tanti uomini disposti a farsi esplodere. Andando addosso a un convoglio, aprendo un cratere lunare profondo un metro nella strada, sventrando case, macchine, accartocciando biciclette, uccidendo quindici civili afgani, ferendone un numero non ancora precisato di altri, una sessantina almeno, bambini e donne inclusi.

    E dilaniando, bruciando vivi, cuocendo nel loro involucro di metallo inutilmente rafforzato i nostri sei paracadutisti, due dei quali appena arrivati. Partiti dalla mia terra, sbarcati, sventrati sulla strada dell'aeroporto di Kabul, all'altezza di una rotonda intitolata alla memoria del comandante Ahmad Shah Massoud, il leone del Panjshir, il grande nemico dell'ultimo esercito che provò ad occupare quell'impervia terra di montagne, sopravvissuto alla guerra sovietica, ma assassinato dai Taliban. Niente può dirla meglio, la strana geografia dei territori di guerra in cui oggi ci siamo svegliati tutti per la deflagrazione di un'autobomba più potente delle altre, ma che giorno dopo giorno, quando non ce ne accorgiamo, continua a disegnare i suoi confini incerti, mobili, slabbrati. Non è solo la scia di sangue che unisce la mia terra a un luogo che dalle mie parti si sente nominare storpiato in Affanìstan, Afgrànistan, Afgà. E' anche altro. Quell'altro che era arrivato prima che dai paesini della Campania partissero i soldati: l'afgano, l'hashish migliore in assoluto che qui passava in lingotti e riempiva i garage ed è stato per anni il vero richiamo che attirava chiunque nelle piazze di spaccio locali. L'hashish e prima ancora l'eroina e oggi di nuovo l'eroina afgana. Quella che permette ai Taliban di abbondare con l'esplosivo da lanciare contro ai nostri soldati coi loro detonatori umani.

    E' anche questo che rende simili queste terre, che fa sembrare l'Afganistan una provincia dell'Italia meridionale. Qui come là i signori della guerra sono forti perché sono signori di altro, delle cose, della droga, del mercato che non conosce né confini né conflitti. Delle armi, del potere, delle vite che con quel che ne ricavano, riescono a comprare. L'eroina che gestiscono i Taliban è praticamente il 90% dell'eroina che si consuma nel mondo. I ragazzi che partono spesso da realtà devastate dai cartelli criminali hanno trovato la morte per mano di chi con quei cartelli criminali ci fa affari. L'eroina afgana inonda il mondo e finanzia la guerra dei Taliban. Questa è una delle verità che meno vengono dette in Italia. Le merci partono e arrivano, gli uomini invece partono sempre senza garanzia di tornare. Quegli uomini, quei ragazzi possono essere nati nella Svizzera tedesca o trasferiti in Toscana, ma il loro baricentro rimane al paese di cui sono originari. È a partire da quei paesini che matura la decisione di andarsene, di arruolarsi, di partire volontari. Per sfuggire alla noia delle serate sempre uguali, sempre le stesse facce, sempre lo stesso bar di cui conosci persino la seduta delle sedie usurate. Per avere uno stipendio decente con cui mettere su famiglia, sostenere un mutuo per la casa, pagarsi un matrimonio come si deve, come aveva già organizzato prima di essere dilaniato in un convoglio simile a quello odierno, Vincenzo Cardella, di San Prisco, pugile dilettante alla stessa palestra di Marcianise che ha appena ricevuto il titolo mondiale dei pesi leggeri grazie a Mirko Valentino. Anche lui uno dei ragazzi della mia terra arruolati: nella polizia, non nell'esercito. Arruolarsi, anche, per non dover partire verso il Nord, alla ricerca di un lavoro forse meno stabile, dove sono meno certe le licenze e quindi i ritorni a casa, dove la solitudine è maggiore che fra i compagni, ragazzi dello stesso paese, della stessa regione, della stessa parte d'Italia. E poi anche per il rifiuto di finire nell'altro esercito, quello della camorra e delle altre organizzazioni criminali, quello che si gonfia e si ingrossa dei ragazzi che non vogliono finire lontani.

    E sembra strano, ma per questi ragazzi morti oggi come per molti di quelli caduti negli anni precedenti, fare il soldato sembra una decisione dettata al tempo stesso da un buon senso che rasenta la saggezza perché comunque il calcolo fra rischi e benefici sembra vantaggioso, e dalla voglia di misurarsi, di dimostrare il proprio valore e il proprio coraggio. Di dimostrare, loro cresciuti fra la noia e la guerra che passa o può passare davanti al loro bar abituale fra le strade dei loro paesini addormentati, che "un'altra guerra è possibile". Che combattere con una divisa per una guerra lontana può avere molta più dignità che lamentarsi della disoccupazione quasi fosse una sventura naturale e del mondo che non gira come dovrebbe, come di una condizione immutabile.

    Sapendo che i molti italiani che li chiameranno invasori e assassini, ma pure gli altri che li chiameranno eroi, non hanno entrambi idea di che cosa significhi davvero fare il mestiere del soldato. E sapendo pure che, se entrambi non ne hanno idea e non avrebbero mai potuto intraprendere la stessa strada, è perché qualcuno gliene ne ha regalate di molto più comode, certo non al rischio di finire sventrati da un'autobomba. Infatti loro, le destinazioni per cui partono, non le chiamano "missione di pace".

    Forse non lo sanno sino in fondo che nelle caserme dell'Afghanistan possono trovare la stessa noia o la stessa morte che a casa. Ma scelgono di arruolarsi nell'esercito che porta la bandiera di uno Stato, in una forza che non dispone della vita e della morte grazie al denaro dei signori della guerra e della droga. Per questo, mi augurerei che anche chi odia la guerra e ritiene ipocrita la sua ridefinizione in "missione di pace", possa fermarsi un attimo a ricordare questi ragazzi. A provare non solo dolore per degli uomini strappati alla vita in modo atroce, ma commemorarli come sarebbe piaciuto a loro. A onorarli come soldati e come uomini morti per il loro lavoro. Quando è arrivata la notizia dell'attentato, un amico pugliese mi ha chiamato immediatamente e mi ha detto: "Tutti i ragazzi morti sono nostri". Sono nostri è come per dire sono delle nostre zone. Come per Nassiriya, come per il Libano ora anche per Kabul. E che siano nostri lo dimostriamo non nella retorica delle condoglianze ma raccontando cosa significa nascere in certe terre, cosa significa partire per una missione militare, e che le loro morti non portino una sorta di pietra tombale sulla voglia di cambiare le cose. Come se sui loro cadaveri possa celebrarsi una presunta pacificazione nazionale nata dal cordoglio. No, al contrario, dobbiamo continuare a porre e porci domande, a capire perché si parte per la guerra, perché il paese decide di subire sempre tutto come se fosse indifferente a ogni dolore, assuefatto ad ogni tragedia.

    Queste morti ci chiedono perché tutto in Italia è sempre valutato con cinismo, sospetto, indifferenza, e persino decine e decine di morti non svegliano nessun tipo di reazione, ma solo ancora una volta apatia, sofferenza passiva, tristezza inattiva, il solito "è sempre andata così". Questi uomini del Sud, questi soldati caduti urlano alle coscienze, se ancora ne abbiamo, che le cose in questo paese non vanno bene, dicono che non va più bene che ci si accorga del Sud e di cosa vive una parte del paese solo quando paga un alto tributo di sangue come hanno fatto oggi questi sei soldati. Perché a Sud si è in guerra. Sempre.

    Roberto Saviano | articoli | Quel sangue del Sud versato per il Paese

  4. #254
    FdT-dipendente
    Uomo
    Iscrizione: 4/7/2007
    Messaggi: 1,581
    Piaciuto: 1 volte

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da drkheart Visualizza il messaggio
    Ok ho sbagliato xD
    Resta il fatto che è questa secondo me la direzione da seguire

  5. #255
    ... SteekHutzee
    Uomo 36 anni
    Iscrizione: 19/7/2008
    Messaggi: 16,203
    Piaciuto: 100 volte

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da SleVin.23 Visualizza il messaggio
    YouTube- Roberto Saviano - L'era glaciale - parte 1/10

    YouTube- Roberto Saviano - L'era glaciale - parte 2/10

    l parte che interessa la discussione parte dal minuto 3.14 del primo video.

    che schifo le risposte della gente,
    mentre saviano sempre un grande.

  6. #256
    FdT-dipendente
    Donna 30 anni da Alessandria
    Iscrizione: 5/8/2007
    Messaggi: 1,641
    Piaciuto: 0 volte

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da Latika Visualizza il messaggio
    Arriverei ad uccidere se mi toccassero i miei cari.
    Farei di tutto per poterli salvare e poter stare in un posto più sicuro.
    Ma per l'Italia non credo...no...

  7. #257
    Sempre più FdT _HaRmOnY_
    Donna 33 anni da Pesaro-Urbino
    Iscrizione: 23/5/2007
    Messaggi: 3,201
    Piaciuto: 409 volte

    Predefinito

    riflessione personale non indirizzata a nessuno..

    ma solo perchè sono italiana dovrei essere disposta a morire per l'Italia? un Paese in fin dei conti è tutto li, sulla cartina geografica... ma nel mondo siamo tutti uguali, non ci sono confini politici che tengano.
    quindi perchè morire per l'Italia? piuttosto morire per il mondo.. per gli uomini.. quelli che valgono, che siano intesi come "i miei cari" o "i buoni" -o semplicemente un pò meno cattivi del resto.

    perchè tanto di gente corrotta ce n'è in Italia così come ce n'è ovunque.. quindi dire "non morirei per l'Italia perchè è un Paese corrotto" non ha senso... l'umanità è tutta corrotta.. ma nello stesso tempo non ha senso morire per l'Italia solo perchè ne sono cittadina.. sono cittadina del mondo..
    quindi boh

  8. #258
    Nerd Master
    Uomo 48 anni
    Iscrizione: 22/12/2008
    Messaggi: 2,317
    Piaciuto: 5 volte

    Predefinito

    a mio avviso la domanda è posta male, se vogliamo vederla un'ottica di una guerra.

    A mio avviso la domanda corretta sarebbe:

    "Moriresti per difendere la tua sostanziale libertà e quella dei tuoi cari in un paese (all'incirca) democratico o accetteresti di arrenderti ad un dittatore che ti dice <<tu ora fai quello che dico io, pensi quello che dico io, dici quello che io voglio che tu dica, lavori per me gratis e se tenti di fiatare ti ammazzo!>> ?"

  9. #259
    FdT svezzato
    Uomo 44 anni
    Iscrizione: 6/10/2009
    Messaggi: 113
    Piaciuto: 0 volte

    Predefinito

    Quote Originariamente inviata da K1ll3r Visualizza il messaggio
    Mettiamo ke l'Italia fosse in guerra,per difendere la tua terra,la tua casa... la tua nazione saresti pronto ad andare in prima linea?
    O prenderesti i tuoi cari ed emigreresti assieme a tutti i tuoi denari?
    Insomma ne varrebbe la pena morire x qst Italia?

    Io potrei morire per difendere la mia famiglia. Degli altri non me fregherebbe nulla.

  10. #260
    Sempre più FdT
    Uomo 30 anni da Taranto
    Iscrizione: 20/8/2006
    Messaggi: 2,691
    Piaciuto: 0 volte

    Predefinito

    L'Italia, come tutte le altre nazioni sono state create dall'uomo. Non hanno senso di esistere se ci pensate. Quindi per l'Italia non morirei di certo, ma per la mia famiglia si!

Discussioni simili

  1. Non è un paese per vecchi
    Da keira nel forum Cinema e televisione
    Risposte: 80
    Ultimo messaggio: 4/4/2009, 20:02
  2. Ke paese?
    Da Carousel nel forum Figuracce
    Risposte: 3
    Ultimo messaggio: 8/1/2009, 20:54
  3. nel paese del...
    Da Usher nel forum Barzellette e testi divertenti
    Risposte: 10
    Ultimo messaggio: 14/12/2008, 13:35
  4. storie di paese 2
    Da Usher nel forum Barzellette e testi divertenti
    Risposte: 1
    Ultimo messaggio: 17/8/2007, 20:59
  5. paese
    Da vacante nel forum Immagini e foto divertenti
    Risposte: 0
    Ultimo messaggio: 5/7/2007, 21:31