Oggi a messa il prete ha dato una risposta illuminante: la crisi è stata generata dal valore smisurato che associamo ai beni materiali. Questo ci fa credere che il nostro benessere dipenda dal nostro potere di acquisto e dai nostri beni, quando non possiamo fare gli americani con gli stipendi da africani crediamo nella crisi.
Provo a rispondere ad alcune delle domande che hai posto, prendi il mio intervento con la pinza.
La Banca centrale europea non può stampare carta moneta quando vuole perché l'euro corre il rischio di essere svalutato e aumenterebbe l'inflazione. Non si può investire sui settori in crisi, perché nella maggior parte dei casi si tratta di settori saturi (es. l'automotive di massa).L'ideale sarebbe andare alla ricerca di mercati nuovi, a basso impatto ambientale, eco-sostenibili e con forza lavoro qualificata. Questo però richiede una evoluzione lenta, che ad oggi c'è, ma va ad impattare sulla vecchia guardia di imprese e lavoratori con delle competenze obsolete. Non dobbiamo pensare al mercato come qualcosa di stabile: devi pensarlo come una giostra, laddove qualcuno esce qualcun altro entra, solo che l'eco è di chi perde perché gli interessi che ha lasciato alle spalle sono moltissimi in ogni settore (primario,secondario e terziario - anche se nel terzo andiamo bene purtroppo viene tendenzialmente pagato poco).
La moneta c'è sempre, ma non tutti - una volta guadagnato il denaro - lo investono in conti italiani. C'è chi preferisce investirli in beni materiali (immobili, opere d'arte, etc.) e c'è chi li trasferisce direttamente in conti esteri. Quando pensi alla moneta non devi pensare solo all'euro, ma al rapporto euro/moneta del luogo in cui le persone scelgono di investire (e chi preferisce l'estero all'Italia ha già impoverito con la sua scelta il suo paese).
L'Italia è in crisi perché si sono ridotti i consumi, ma riduzione del consumo non è solo riduzione del potere di acquisto. A livello aggregato è in crisi anche la famiglia che sceglie di lasciare la macchina parcheggiata e di affidarsi al servizio pubblico. Pertanto il consumo di materia prima si riduce, il prezzo aumenta perché il bene è consumato da meno persone (ma ci sono comunque degli accordi tra paese acquirente e paese venditore circa la quota minima di materia che va venduta) ma va comunque acquistato per mezzo degli accordi di cui tra parentesi. Quindi le aziende acquistano beni materiali, producono, nessuno compra più il bene come prima, la produzione si ferma, l'azienda chiude (alla estrema spicciola). Ma l'azienda ha comunque accordi in essere con i fornitori, deve pagare, e l'imprenditore non è un eroe ma qualcuno che si assume un rischio di impresa (guadagni:perdite). Converrai che in una economia basata sulla catena di sub-appalti la crisi di una sola azienda ha un eco immediato sull'intero circolo di aziende che interessano quell'intero sistema produttivo. E non può che essere così, perché come produttore finale riduci il rischio di avere stock inutilizzati in magazzino derivanti da un ciclo di produzione totale/completo, ma aumenta comunque la responsabilità verso chi ti fornisce, che a sua volta è fornito da qualcun altro. In questo modo è facilissimo perdersi nel labirinto del primo anello della catena e dell'economia informale (chiamiamola "informale") che c'è dietro.
I soldi li abbiamo perché l'Italiano medio è un risparmiatore, non bisogna confondere il debito pubblico con il debito delle famiglie. Il debito pubblico è un debito dello stato, che può avere un impatto sul reddito delle famiglie. Devi pensarlo come un enorme gioco, di cui per conseguenza di un meccanismo domanda - offerta non avremo mai piena visibilità perché non dipende esclusivamente da noi come Stato. Il debito pubblico può essere generato da una miriade di fattori, non è detto che sia traducibile in denaro contante ma anche in servizi, accordi con istituti di credito, accordi con altri Stati. Ricordiamoci che l'Italia è una delle nazioni rimaste sconfitte dalla seconda guerra mondiale, neppure così lontana. Noi non siamo stati salvati proprio da nessuno, stiamo continuando a pagare.