ciao ragazzi, ieri leggendo un giornale mi è venuto un senso di disgusto perchè gente spregevole e senza cuore avvelena gli animali, e nello specifico mi ha colpito questa storia tristissima...
queste notizie vanno diffuse, affinchè mai più nessun animale venga avvelenato, e ci sia rispetto verso questi poveri esseri indifesi... c'è proprio da piangere...
E' FACILE ESSERE COME LORO - Fufi e "Miser X": provare pena, ma per chi?
Giacomo e Andrea (1 e 7 anni rispettivamente) attendevano con gioia il momento in cui avrebbero accolto i nuovi "fratellini"; anche M. e S. – i genitori - erano orgogliosi della loro cagnetta (una simpatica femmina di Jack Russel) che dopo 3 anni e mezzo di felice "convivenza" stava per renderli... "nonni"! Finora, d'altronde, FUFI aveva splendidamente svolto il suo "dovere": senza infastidire nessuno, in cambio di qualche crocchetta e di una buona dose di "carezze", aveva allietato la loro casa, facendosi volere bene da chiunque avesse avuto la fortuna di incontrarla.
Ed ora che la natura le chiedeva di diventare ed essere una buona madre per i suoi cuccioli... eccola lì (nella foto in alto a corredo di questo articolo) sdraiata accanto ai suoi piccoli. Una mano vile ed assassina ha troncato, a pochi giorni dal parto, tutte le attese, generando dolore, disgusto, rabbia. Tanta rabbia, e tanta voglia di vendetta...
Cos'altro può provocare la vista di quei corpicini innocenti, trucidati "a tradimento" con un'abbondante dose di lumachicida miscelata ad invitanti polpette di carne e pesce, "offerte" a Fufi alle prime luci dell'alba nel giardino della "sua" abitazione?
Sofferenza, indignazione ed ira, appunto, ma anche - per quel che mi riguarda – alcune considerazioni.
Perché – come scriveva Claudio Chieffo, grande poeta e cantautore cristiano - "noi non possiamo essere come loro!". Non possiamo divenire come quel pavido, vile torturatore di Fufi, parente stretto di quei fanatici vigliacchi assassini che ad Auschwitz – in tempi non così remoti - "hanno ucciso i fratelli miei".
No, non possiamo, anche se potremmo benissimo diventarlo macerando le nostre radici e – peggio ancora – il nostro destino. E allora che fare nei casi in cui l'assurdità di un gesto invita a reazioni decise (vendetta, denuncia alle autorità, creazione di comitati, associazioni e ronde)?
Non fidandomi del "fai da te" (i sentimenti "forti" – liberati dal guinzaglio della ragione – possono infatti condurre a comportamenti peggiori di quelli del bieco assassino...), mi piacerebbe appellarmi al senso di legalità. E quindi ben vengano le "Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati" (Ordinanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, a cura del sottosegretario Martini, datata 18-12-2008), in cui vengono delineati a riguardo i compiti di veterinari, Istituti Zooprofilattici, Sindaci e produttori di sostanze fitosanitarie. Ma si può sperare - in un Paese come il nostro - che funzionino prevenzione sanitaria e amministrazione della giustizia per l'uccisione di una cagnetta quando mafiosi governano interi territori o importanti Ministeri, ladri svaligiano impuniti le casse dello Stato e assassini d'ogni risma tornano in libertà per cavilli burocratici?
No, Francesco Cacciatore (l'amico medico-veterinario che con perizia e premura ha cercato invano di salvare Fufi ed i suoi piccoli e che poi – disgustato da tanta atrocità – mi ha offerto lo spunto per l'articolo, le foto del "massacro" e le disposizioni di legge in materia): non basta che la gente sappia dell'esistenza di norme regolatrici le diverse vicende della vita (e della morte). Forse che le migliaia di leggi esistenti hanno ridotto omicidi, furti, stupri, atti di pedofilìa, falsi in bilancio, corruzioni, concussioni, sopraffazioni?
Le uniche norme che producono effetto non sono quelle scritte su carta, ma quelle incise nel cuore e nella mente di ciascuno di noi. L'unica legge che conta è la cultura, di un popolo prima ancora che personale, plasmata da sentimenti, umori, colori, sapori e saperi trasmessi dalla natura e dalla storia. In altri termini, solo la "civiltà" può sconfiggere la "barbarie"!
Cosa ha invece testimoniato con la sua feròcia MISER X (non è un refuso il mio, perché il vigliacco non è affatto "sconosciuto" e neppure "signore", ma per l'appunto solo una "miserevole nullità"!)? Certo di essere un povero malato di mente, un "morto vivente", incapace di godere delle cose belle della vita (la nascita di una nidiata di cuccioli, lo scodinzolare orgoglioso di una madre in attesa, la festosa esultanza di due bimbi in cerca di "amici"...). Dunque un essere solitario, sconfitto dalla vita perché sopraffatto dai propri sentimenti di invidia, gelosia e rancore. Un malato nell'anima, che in me suscita una pena profonda piuttosto che moti di rabbia.
Ma questa vicenda – come tante altre che affollano il nostro quotidiano con notizie di morti altrettanto "significative" e ancor più gravi, non ultima quella del piccolo Stefano Mele (2 anni) sgozzato dal padre a T.S. Giovanni di Ugento - evidenzia qualcosa che non può non riguardare anche tutti noi.
Mi chiedo infatti: quale pianta o animale saprebbe solo immaginare l'assassinio di esseri indifesi ed innocenti senza motivo e necessità biologica? Nessuna "bestia" ammazzerebbe per vendetta o gelosia, invidia o rancore, dispetto o frustrazione! Un animale uccide per procurare cibo per sè e i propri cari, o tutt'al più per difendere il suo territorio e la propria famiglia.
Ma nessuna di queste "urgenze naturali" hanno sospinto Miser X alla barbara uccisione di Fufi e dei suoi figlioletti, nè queste sono alla base degli omicidi di ex-fidanzate e mogli separate, di genitori e figli, di vicini di casa e persone "diverse. Si svela allora come la vera "barbarie" sia dentro noi umani. Ed essa ci appartiene anche quando esprimiamo la nostra sterile indignazione per la crudeltà altrui, senza chiederci cosa fare per interrompere il "corto circuito" in cui siamo piombati, quali impegni personali intendiamo prendere, quali azioni collettive vogliamo assumere per accendere alla vita la "monade" leibniziana che siamo diventati.
S. Freud non è più sufficiente ad analizzare e curare le nostre ferite, così come non basta confessare i nostri "peccati" per lavare la nostra pavida coscienza umana.
La posta in palio è comunque troppo alta per non accorgerci che è davvero il "peccato originale" la causa dei nostri guai; la nostra presunta autosufficienza, la voglia di assoluta autonomia senza regole e limiti ("Io sono (d)io!" e tu non sei nessuno...) il motore della nostra discesa negli inferi. Per questo la vera "pandemìa" dei nostri tempi - pur conclamata - non richiama interventi: perché nessuno la riconosce come "estranea" alla nostra natura, che è pur sempre quella di Adamo ed Eva.
C'è però un modo in cui il gesto di un pazzo può tornare ad essere solo una perversione individuale: passare dall'indignazione e dall'accusa alla assunzione di responsabilità.
Farsi adottare da un cane: questa la (mia) "medicina" contro la malattia, ma anche l'augurio con cui vorrei congedare chi ha avuto la pazienza di leggermi. Accompagnarsi a "Bobby" il tempo sufficiente per (ri)scoprire quanto di semplice e puro è rimasto nella nostra vita (il senso di un'amicizia vera, sincera e disinteressata, che va oltre le nostre qualità ed i nostri difetti): questa è fortuna!
Ne incontreremo tanti al termine della stagione estiva: abbandonati, denutriti, randagi, forse arrabbiati o intimoriti, di sicuro increduli e smarriti. Oppure nei canili delle nostre città: sporchi, tristi, offesi, feriti, ma ancora capaci di scodinzolare alla vista degli "umani", alla ricerca di un gesto, un sorriso, un fischio, una carezza che dia loro la certezza (o anche solo la speranza) di essere ancora e per sempre i "migliori amici dell'uomo".
Se davvero non ci piace il gesto di Miser X e dei tanti vigliacchi che - meno atrocemente, ma con uguale aberrazione - condannano a morte i "loro" cani abbandonandoli sul ciglio di una strada, non affidiamo al vento la nostra rabbia, illudendoci che "noi non siamo come loro". Distinguiamoci per davvero da costoro, aprendo le porte della nostra vita a chi saprà insegnarci che per essere importanti e degni di esistere non è necessario "apparire", o "possedere", o "emergere".
E se davvero il mio augurio divenisse "impegno reale" per qualcuno, tanti piccoli Giacomo ed Andrea ne sarebbero felici (e forse anche il folle gesto di Miser X potrebbe acquistare un senso positivo). L'alternativa, ahinoi, è ciò che il profetico Chieffo registrava con malinconia al termine della sua canzone: "E' facile essere come loro!".
Molto più facile di quanto si sia disposti a credere.
a cura di Rosario Casto,L'Altra Voce
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