IL DOVERE DEONTOLOGICO LO RISPETTIAMO NOI



La La Curva Nord Milano ha deciso di dar eccezionalmente spazio a quelle notizie regolarmente insabbiate dai mezzi di comunicazione atti come sempre a tutelare gli interessi dei soliti noti invece che rispettare il Diritto d'informazione dei Tifosi.
Per questo motivo riportiamo l'articolo pubblicato da "la Repubblica" in data odierna e naturalmente dimenticato da tutte le testate sportive malgrado la gravità delle affermazioni contenute.



Ex dirigente della Juve rivela "Così Moggi pagava gli arbitri"
di MARCO MENSURATI


TORINO - Due premesse. La prima: "Tutto quello che dirò è documentato e dimostrabile". La seconda: "Sono in causa con la Juve davanti al tribunale del lavoro di Torino. Ho cominciato a lavorare con Boniperti nel 1984. Un uomo eccezionale. Poi nel settembre del 2005, dopo che già da tempo i miei rapporti con Giraudo erano degenerati, sono stato costretto a lasciare la società". Maurizio Capobianco, ex dirigente di Juventus F. C., è un tipo così. Uno a cui piace parlare chiaro, diretto e, soprattutto, dire le cose esatte.
Fino ad oggi, le inchieste erano accusate tutte di avere un punto debole: non si capiva per quale motivo, al di là di evidenti interessi di carriera e di posizione, gli arbitri italiani avrebbero dovuto rendere servigi a Moggi & co. Ora, per la prima volta, si capisce come gli arbitri "venivano ripagati". Spiega Capobianco: "Solo agli inizi del 2005 sono venuto a conoscenza di almeno quattro casi in cui la Juve ha fatto arrivare beni di ingente valore a due arbitri italiani, a un esponente della Figc, e a uno della Covisoc".
Beni di ingente valore?
"Beni facilmente monetizzabili che venivano consegnati per il tramite di società terze a soggetti terzi. Terzi legati agli arbitri da rapporti di parentela".
Si tratta di affermazioni pesanti, se ne rende conto?
"Sono tutte cose che, all'occorrenza, posso dimostrare".
A quando risalgono i casi in questione?
"Risalgono agli inizi della gestione Giraudo-Moggi nell'anno '95".
Chi sono questi arbitri?
"Questo non ho intenzione di dirlo, al momento".
Quanto ingenti erano questi beni monetizzabili?
"20-25 milioni di lire, per ogni "gratificazione"".
Dalle intercettazioni è emerso che Bergamo e Pairetto erano in ottimi rapporti con la Juve.
"Bergamo non so, Pairetto era di casa alla Juve".
Quei "beni" erano destinati a loro?
"Non ho intenzione di dire di più, ora. La mia intenzione è solo quella di dare un contributo di verità a tutta questa storia. Però per quanto riguarda Pairetto una cosa le posso dire: nel 2000 proprio lui tirò fuori la storia dei Rolex della Roma. Beh: pochi mesi prima, nell'ottobre del 1999, ricevette dalla Juve una moto che, in seguito, non mi pare si sia premurato di restituire".
Perché si è deciso a raccontare queste cose proprio adesso?
"Perché prima di Calciopoli quello che vedevo erano i frammenti di una vicenda che ha acquistato senso compiuto solamente dopo. Solo ora mi rendo conto di come hanno rovinato una società con una storia di oltre cento anni, con la complicità di arbitri, giornalisti, e istituzioni".
Cominciamo dai giornalisti?
"Sulla questione giornalisti la Juve aveva consulenze molto ricche con società vicine ad alcuni di loro. Almeno in un caso, a inizio stagione si stipulava un contratto per studiare dei progetti di comunicazione. Poi a giugno, se la Juve aveva vinto lo scudetto, la società decideva di realizzare quei progetti e pagava il premio alla società di comodo: i progetti, ovviamente, non vedevano mai la luce".
Un premio scudetto ai giornalisti. E sulla società Juve le inchieste hanno raccontato tutto?
"Quasi. Della Semana srl, la società voluta fortemente nel luglio 2003 da Giraudo e partecipata dalla Juve per il 30 per cento, si è parlato poco".
Cosa si poteva dire?
"Che attraverso la Semana, Moggi e Giraudo, in violazione della legge Pisanu, finanziavano indirettamente le curve. Nei bilanci ci sono fatture da decine di migliaia di euro a gara per l'acquisto di coreografie, striscioni e quant'altro".
A cosa serve la Semana?
"Gestisce tutte le attività che ruotano attorno allo stadio e agli impianti. Cosa che, almeno fino a quando c'ero io, ovvero marzo 2006, faceva a prezzi maggiorati del 20%, così come il contratto oltremodo oneroso stipulato con Juventus prevedeva. Va detto che la Semana è per il 30 per cento della Juve, per l'altro 70 di una ragnatela di fiduciarie che portano a Giraudo".
Che però adesso non ha più nulla a che vedere con la Juventus.
"Che mi risulti Semana è sempre operativa, Giraudo ha ancora il 2 per cento della Juve e questo fa di lui uno degli maggiori azionisti bianconeri. C'è ancora Bettega, è consulente: io me lo ricordo Bettega in società, partecipava a tutte le riunioni con Moggi e Giraudo. Oggi decide tutto Secco (Alessio, direttore sportivo, ndr) che in passato non ha mai mosso un dito senza il consenso di Moggi. Il direttore del personale Sorbone è lo stesso. Renato Opezzi (ad di Semana e procuratore della Juventus, ndr), è da sempre il braccio destro di Giraudo. Il direttore finanziario Michele Bergero e il direttore marketing Fassone (ex guardalinee Aia, ndr) sono sempre lì. La nuova Juve di Cobolli, la chiamano... Ma se si sono tenuti persino Bertolini".
Bertolini, quello che andava in Svizzera a comprare le sim per Moggi?
"Sì. È ancora lì. Fa l'osservatore ufficiale con tanto di presentazione nell'ottobre 2006 sul sito internet Juventus. Ma dico: è implicato con uno degli scandali peggiori della storia del nostro calcio e noi ce lo teniamo..."
Non si è mai accorto della rete svizzera di Moggi?
"Solo frammenti... Una volta viene da me la signora Gastaldo, ex-dirigente amministrativa e mi dice: "Questo Bertolini, ma che ci fa con tutte 'ste schede svizzere?"... Era disperata perché Bertolini quando riceveva l'ordine da Moggi andava da lei, prendeva tre-quattro mila euro in contanti e se ne andava in Svizzera. E così rimaneva un buco nella cassa. E la signora Gastaldo (in società fino al 2005, ndr), che è una persona molto seria e pignola, un paio di volte ricordo che mi chiese di vendere a privati degli orologi e dei preziosi della società per colmare il buco creato".
Sembra esserci un rapporto strano tra gli orologi e la Juventus...
"In dieci anni ho visto entrare centinaia e centinaia di orologi delle marche più prestigiose: Jaeger Le Coltre, Franck Muller, Cartier, Girard Perregaux, Bulgari. La destinazione degli stessi, a parte quelli che finivano ai soliti giornalisti amici (oltre che a giocatori e staff), sono segreti custoditi da Giraudo e dalla Gastaldo che ne teneva la contabilità".
Parliamo delle complicità. Fabiani, il ds del Messina che tirava le fila del mondo arbitrale insieme a Moggi, l'ha mai visto?
"Era di casa anche lui. Era così in confidenza con Moggi che all'inizio pensavo fossero parenti. Quando arrivava a Torino si prendeva gli uffici del settore giovanile e quelli diventavano i suoi uffici anche per giorni. La Juventus gli ha addirittura regalato una macchina".
Le istituzioni.
"Moggi e Giraudo in Figc facevano quello che volevano. Io rimasi molto colpito da come venne coperto un caso di positività alla cannabis di un giocatore. Lo scoprì l'Uefa, '97. Lo comunicò alla Figc e finì tutto lì".
La Gea.
"Ricordo che un caso che mi segnalò la signora Gastaldo. Nel dicembre 2004 si è coperta una provvigione liquidandola con un contratto di consulenza a una società di comodo. La fattura da 250.000 euro era intestata a una cooperativa romana di giornalisti dietro la quale, a dire della Gastaldo, c'era la Gea".
Si rende conto che questa intervista a Torino rischia di renderla impopolare?
"I primi dieci anni alla Juventus sono stati i dieci anni più belli della mia vita professionale. Penso che il mio contributo di verità sia dovuto".

(11 maggio 2007)

Non aggiungiamo commento se non quello di poter dedurre che il futuro promette il ritorno al passato.