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Seveso: gli effetti a lungo termine della diossina

  1. #1
    Sedobren Gocce
    Ospite

    Predefinito Seveso: gli effetti a lungo termine della diossina

    MILANO - Sono passati più di 33 anni, ma la nube di Seveso e i suoi danni sono ancora lì. Fra le persone che quel 10 luglio 1976 furono esposte alla fuga di diossina dallo stabilimento chimico dell’Icmesa di Meda, in Brianza, si contano più casi di leucemie, linfomi e tumori del seno rispetto alla media. Lo affermano gli esperti dell’università di Milano, che continuano a tenere sotto stretto controllo l’area interessata dal più grave incidente chimico della storia d’Italia. Quel giorno un guasto ad una valvola provocò la dispersione di sostanze tossiche e il vento le spinse soprattutto verso la vicina cittadina di Seveso, nei comuni e nelle campagne circostanti. In tutto venne interessata un’area con 100mila abitanti.

    GLI ULTIMI DATI – Lo studio (Abstract | Cancer incidence in the population exposed to dioxin after the "Seveso accident": twenty years of follow-up) è stato condotto dai ricercatori dell’unità di Epidemiologia occupazionale e ambientale della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena di Milano e pubblicato sulla rivista Environmental Health . Setacciando la casistica di malattie tumorali fino al 1996, i ricercatori hanno rilevato un aumento di rischio significativo per alcune forme di cancro. In particolare, l’area colpita dalle esalazioni tossiche è stata suddivisa in tre zone di esposizione decrescente alla Tcdd (2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina, uno dei composti della diossina, classificato come cancerogeno di classe uno), più una zona di controllo non contaminata. Un eccesso di leucemie e linfomi è stato riscontrato nelle zone A e B (quelle più vicine al luogo dell’incidente e ad esposizione molto alta e alta), mentre per il tumore mammario l’anomalia riguarda le donne che vivono nella sola zona A, proprio in prossimità della fabbrica, e segna un picco a 15 anni dal disastro.

    «CE L’ASPETTAVAMO» - «Noi del gruppo della Clinica del lavoro dell’università di Milano occupiamo di Seveso da più di 20 anni –racconta Angela Pesatori, che ha diretto lo studio insieme a Pier Alberto Bertazzi – e questi ultimi dati sono in linea con i risultati di uno studio pubblicato l’anno scorso sulle cause di decesso fino al 2001, in cui già era emerso un aumento dei tumori del sistema linfatico ed emopoietico (Mortalità nella popolazione esposta a diossina dopo Seveso, Italia, nel 1976: 25 anni di follow-up, apparso sull’American Journal of Epidemiology). Oggi esce un lavoro con un follow-up più corto, fino al 1996, che però conferma un’incidenza superiore alla media, anche se su un numero limitato di casi, nelle zone A e B, le più vicine al luogo dell’incidente (la A proprio in prossimità della fabbrica, la B un po’ più estesa, fino a raggiungere i 5mila abitanti) ».

    DANNO SOLO PER CHI ERA LI’ NEL ’76 - L’indagine ha riguardato le vicende sanitarie di tutte le persone che vivevano nell’area dell’incidente al momento della fuga di diossina, oltre a quelle che l’hanno lasciata e che vi sono andate ad abitare nei dieci anni successivi. In tutto, 36.589 cartelle cliniche, con 2.122 casi di cancro. «Le uniche differenza degne di nota sembrano riguardare le persone che erano residenti nella zona interessata al momento del disastro, non chi vi è entrato negli anni successivi. In altre parole, il rischio-tumore aggiunto è correlato all’evento del 1976» spiega Angela Pesatori.

    BASTANO I NORMALI CONTROLLI - Questa appare l’ultima di una lunga serie di conferme sulla cancerogenicità della diossina. «Almeno per i livelli di esposizione di questa popolazione e soprattutto per quanto riguarda le malattie tumorali del sangue e dei linfonodi - precisa Pesatori –. Sul carcinoma mammario, invece, i casi sono veramente pochi e le possibili concause della malattia – età, storia riproduttiva, ormoni, etc. - rendono difficile puntare il dito con certezza sulla Tcdd. Lo capiremo solo con altri studi» . Quali le implicazioni per la popolazione residente, una delle aree più popolate del Paese? Devono sottoporsi a controlli supplementari? «No, non abbiamo indicazioni che queste persone possano trarre beneficio da qualcosa di diverso dai programmi di prevenzione per la diagnosi precoce suggeriti a tutti i cittadini» risponde la ricercatrice.

    I DATI PRECEDENTI – Oltre alle rilevazioni sui tumori, l’analisi della mortalità fra il 1977 e il 2001 ha mostrato un aumento dei decessi per malattie cardiocircolatorie nel primo anno dopo l’incidente, un fenomeno che, spiega Pesatori, può essere interpretato col «fattore-stress»: «Succede che con eventi così clamorosi e traumatici, lo stress contribuisca a un aggravamento delle condizioni preesistenti e già critiche». A fine ottobre è previsto un Convegno organizzato dalla Regione Lombardia, che illustrerà i risultati del monitoraggio avviato sin dai primi anni ’80.

    Non che non me lo aspettassi visto che la TCDD si attacca un po' dappertutto e dopo molto tempo e fatica diventa inerte ma... la cosa che più mi colpisce è che, leggendo qua e là, ci son voci sulla presunta mancata bonifica della zona B a Seveso. Dovete sapere che la zona di Seveso e dei paesi limitrofi fu divisa in 3 zone: A, B ed R a seconda della concentrazione di diossina e quindi della gravità. Son voci, forse senza fondamento ma non mi meraviglierei del contrario. Ancora oggi dopo 33 anni c'è un elevato tasso di tumori al seno, leucemie... Niente per cui star tranquilli insomma. Oggi dell'Icmesa resta solo un muro di mattoni con sopra un alieno stilizzato fatto da qualche presunto writer... Sopra le sue rovine c'è un parco... e attorno case popolari e villette a schiera. C'è chi non ne vuole più sapere di quegli anni. Bambine diventate ormai donne adulte che un po' di paura ancora l'hanno chiedono alle madri maggiori delucidazioni. A quei tempi abortire non si poteva ma Andreotti fece uno strappo per quelle donne che incinte o presunte tali volevano porre fine alla gravidanza. Molti in quegli anni non nacquero e ci fu una sorta di gap generazionale. Dall'altra parte c'è ancora chi lotta per aver un risarcimento. L'allora vertice dell'Icmesa pagò una cifra irrisoria e alcuni di questi pagarono con la vita. Una valvola da 5000 lire non sostituita provocò il rilascio nell'aria di una densa nuvola giallastra di "diossina" rovinando tutto e tutti. Un disastro sicuramente evitabile ma si sa che aver vicino un'industria chimica così come una centrale nucleare o una raffineria comporta dei rischi. Non voglio certo far l'avvocato e neanche giustificare quella mancata spesa. Spero che la lotta contro i tumori prosegua sempre. Dobbiamo vincere...


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