Roma, 22 apr. - E' Napoli la citta' in cui conviene di piu' fare la spesa di alimentari. Mentre ad Aosta costano di meno abbigliamento e calzature. Per l'arredamento e gli articoli per la casa e' invece Campobasso la meno cara. Al contrario il cibo costa di piu' a Bolzano, scarpe e vestiti toccano la punta massima a Reggio Calabria e arredare la casa e' piu' costoso a Milano.
Questi i principali risultati di uno uno studio congiunto Istat-Unioncamere e Istituto Guglielmo Tagliacarne sulle differenze nel livello dei prezzi tra i capoluoghi delle regioni italiane, relativi al 2006, che riguardano questi 3 capitoli pari al 35% della spesa complessiva dei beni.
In generale i livelli dei prezzi nelle citta' settentrionali risultano superiori a quelli dei capoluoghi del centro e soprattutto del mezzogiorno. La differenza riguarda soprattutto il settore degli alimenti e quello dell'arredamento. Bolzano, Trieste e Genova sono le citta' che registrano i prezzi piu' elevati rispetto alla media nazionale in tutti i comparti considerati. Mentre Napoli, L'Aquila, Campobasso e Palermo sono i capoluoghi con prezzi inferiori alla media nazionale nei tre capitoli di spesa. I calcoli sono stati effettuati attraverso gli indici di parita' del potere d'acquisto, che misurano le differenze tra il livello medio dei prezzi di un paniere standard di prodotti in una determinata zona e quello medio calcolato per il complesso delle zone, su un paniere di 1.737 prodotti.
Per quanto riguarda il settore alimentare le differenza tra la citta' piu' economica e quella piu' costosa sono rilevanti: Bolzano e Milano, fanno registrare livelli di prezzi piu' elevati di oltre il 10% rispetto alla media nazionale (rispettivamente +13,3% e +11,2%). Mentre le due citta' meno care, sono Napoli e Bari con prezzi inferiori di circa il 10% rispetto alla media.
Meno ampio il gap per l'abbigliamento con la citta' piu' economica (Aosta) che registra un livello di prezzi inferiore del 9,8%, mentre a Reggio Calabria e Venezia i prezzi sono piu' elevati rispettivamente del 6,5% e del 5,4%. Le differenze piu' rilevanti in assoluto riguardano invece il settore dell'arredamento con Milano e Roma a +25,8% e +12,8% rispetto la media e Campobasso a -22,8%.
Dall'indagine emergono dei dati ''interessanti'', dice il presidente dell'Istat, Luigi Biggeri. ''Anche se non forniscono una misura esatta -spiega- danno un ordine di grandezza delle differenze di prezzo dei beni, e sono differenze non banali''. "Si nota - aggiunge - una specie di dicotomia per alimentari, abbigliamento e calzature: in genere ci sono prezzi alti nelle citta' del Nord e piu' bassi nelle citta' del Sud. Per l'arredamento la situazione e' piu' differenziata". Mentre per il presidente di Unioncamere, Andrea Mondello, questo tipo di studio da ''dei risultati che potranno essere uno strumento straordinario per la classe politica che li potra' esaminare''. Un aiuto di questo tipo rispetto ai calcoli legati alle gabbie salariali per il presidente e' ''un salto logico''.
(Adnkronos)
-------------
Sarebbe giusto, alla luce di questo articolo, differenziare di conseguenza anche salari e stipendi ?
riflessione
sarebbe una regressione introdurre le gabbie salariali visto che nel 1969 i sindacati le abolirono?
(1969 - L'abolizione
È l'anno in cui le "gabbie salariali" vennero abolite. A febbraio infatti i sindacati proclamorono uno sciopero generale per ottenere l'unificazione dei minimi salariali in tutto il Paese che fino a quel momento era diviso in due "zone salariali", una al Nord e una al Sud.)