"Ho eseguito gli ordini ma mi vergogno
Parlano i militari delle motovedette italiane che hanno riportato in Libia i migranti
Solo un giovane del Mali è riuscito a nascondersi ed è sbarcato a Lampedusa: "Miracolato"
"Ho eseguito gli ordini ma mi vergogno
Quei disperati ci chiedevano aiuto"
dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO
http://www.repubblica.it/2009/04/sez...6574_53050.jpg
LAMPEDUSA - "È l'ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati", dice uno degli esecutori del "respingimento". "Dopo aver capito di essere stati riportati in Libia - aggiunge - ci urlavano: "Fratelli aiutateci". Ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l'abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno".
Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. Un "successo", lo ha definito il ministro Maroni, che finanzieri e marinai delle due motovedette non condividono anche se hanno eseguito quegli ordini. Niente nomi naturalmente, i marinai delle due motovedette rischierebbero quanto meno una punizione se non peggio. Ma molti non nascondono il loro sdegno per quello che hanno vissuto e dovuto fare. "Eravamo impegnati in altre operazioni - dicono fiamme gialle e marinai della capitaneria - poi improvvisamente è arrivato l'ordine di andare a soccorrere quelle tre imbarcazioni, di trasbordarli sulle nostre motovedette e di riportarli in Libia".
Non è stato facile, a bordo di quelle carrette del mare c'erano donne incinte, tre bambini e tutti gli altri che avevano tentato di raggiungere Lampedusa. "Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell'inferno dal quale erano scappatati a rischio della vita".
A bordo hanno anche pregato Dio ed Allah che li aveva risparmiati dal deserto, dalle torture e dalla difficile navigazione verso Lampedusa. Ma si sbagliavano, Roma aveva deciso che dovevano essere rispediti in Libia. "Nessuno di loro lo aveva capito, ci chiedevano come mai impiegavamo tanto tempo per arrivare a Lampedusa, rispondevamo dicendo bugie, rassicurandoli".
La bugia non è durata molto, poco prima dell'alba qualcuno ha notato che le luci che vedevano da lontano non erano quelle di Lampedusa ma quelle di Tripoli. Alla fine i marinai italiani sono stati costretti a spiegare: "Non è stato facile dire a tutta quella gente che li avevamo riportati da dove erano partiti. Erano stanchi, avevano navigato con i barconi per cinque giorni, senza cibo e senza acqua. Non hanno avuto la forza di ribellarsi, piangevano, le donne si stringevano i loro figli al petto e dai loro occhi uscivano lacrime di disperazione".
Lo sbarco a Tripoli è avvenuto poco dopo le sette del mattino: "Vederli scendere ci ha ferito tantissimo. Ci gridavano: "Fratelli italiani aiutateci, non ci abbandonate"". Li hanno dovuti abbandonare, invece, li hanno lasciati al porto di Tripoli dove c'erano i militari libici che li aspettavano. Sulla banchina c'erano anche i volontari delle organizzazioni umanitarie del Cir e dell'Onu, ma non hanno potuto far nulla, si sono limitati a contare quei disperati che a fatica, scendevano dalla passerelle delle motovedette per tornare nell'inferno dal quale erano scappati. Le donne sono state separate dagli uomini e portati in "centri d'accoglienza" vicino Tripoli. Non si sa che fine faranno.
Solo uno è riuscito a sfuggire al rimpatrio. Un ventenne del Mali che aveva intuito cosa stava succedendo a bordo e si era nascosto sotto un telone. Ha messo la testa fuori solo quando la motovedetta della Finanza è attraccata a Lampedusa, ha aspettato che a bordo non ci fosse più nessuno e poi è sceso anche lui. È stato rintracciato mentre passeggiava nelle strade dell'isola ed ha subito confessato. Adesso si trova nel centro della base Loran di Lampedusa. Un miracolato.
"Ho eseguito gli ordini ma mi vergogno Quei disperati ci chiedevano aiuto" - cronaca - Repubblica.it
che schifo.......non li hanno neanche soccorsi.
Attacco finale di Berlusconi alla rete internet per metterla sotto controllo
L’attacco finale alla democrazia è iniziato! Berlusconi e i suoi sferrano il colpo
definitivo alla libertà della rete internet per metterla sotto controllo.
Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza
(disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti scellerati come l’obbligo di
denuncia per i medici dei pazienti che sono immigrati clandestini e la schedatura
dei senta tetto, con un emendamento del senatore Gianpiero D’Alia (UDC), è stato
introdotto l‘articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione
a delinquere compiuta a mezzo internet“. Il testo la prossima settimana
approderà alla Camera.
E nel testo approdato alla Camera l’articolo è diventato il nr. 60.
Anche se il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al
Governo, questo la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida
della “Casta” che non vuole scollarsi dal potere.
In pratica se un qualunque cittadino che magari scrive un blog dovesse invitare
a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo.
Questo provvedimento può obbligare i provider a oscurare un sito ovunque si trovi,
anche se all’estero. Il Ministro dell’interno, in seguito a comunicazione dell’autorità
giudiziaria, può disporre con proprio decreto l’interruzione della attività del blogger, ordinando
ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi
strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
L’attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore.
La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria
da euro 50.000 a euro 250.000 per i provider e il carcere per i blogger da
1 a 5 anni per l’istigazione a delinquere e per l’apologia di reato, da 6 mesi
a 5 anni per l’istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o
all’odio fra le classi sociali.
Immaginate come potrebbero essere ripuliti i motori di ricerca da tutti i
link scomodi per la Casta con questa legge?
Si stanno dotando delle armi per bloccare in Italia Facebook, Youtube, il blog
di Beppe Grillo e tutta l’informazione libera che viaggia in rete e che nel
nostro Paese è ormai l’unica fonte informativa non censurata.
Vi ricordo che il nostro è l’unico Paese al mondo, dove una media company,
Mediaset, ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube.
Vi rendete conto?
Quindi il Governo interviene per l’ennesima volta, in una materia
che vede un’impresa del presidente del Consiglio in conflitto giudiziario
e d’interessi.
Dopo la proposta di legge Cassinelli e l’istituzione di una commissione contro
la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà
presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento
al “pacchetto sicurezza” di fatto rende esplicito il progetto del Governo
di “normalizzare” il fenomeno che intorno ad internet sta facendo crescere
un sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce
a dominare.
Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet?
Chi non può farlo pensa bene di censurarlo e di far diventare l’Italia
come la Cina e la Birmania.
Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati
Beppe Grillo dalle colonne del suo blog e la rivista specializzata Punto Informatico.