Dal Messaggero studio a sopresa: in senato più il risultato è bipartitico più vince Silvio
Perché il vero «voto utile» è a sinistra
Matteo Bartocci
Più voti Veltroni più vince Berlusconi. Dati del 2006 alla mano è uno dei paradossi più clamorosi, per il senato, della legge elettorale «porcata» votata dal centrodestra. Uno studio pubblicato ieri sul Messaggero ha il merito di rovesciare tutti i luoghi comuni costruiti ad arte sul «voto utile». Soprattutto perché con un'operazione di verità ribalta l'analisi dal bipartitismo artificiale Veltroni-Berlusconi prendendo in considerazione tutte le forze principali in campo: Pd, Pdl, Sinistra arcobaleno e Udc.
Com'è noto, alla camera con questa legge elettorale basta un solo voto in più rispetto a tutti gli altri partiti per accaparrarsi 340 deputati (il 54%). E visto che a Montecitorio Berlusconi è in testa in tutti i sondaggi, Pd, Sa e Udc si spartiranno i 270 deputati restanti. Chi parla di pareggio dunque deve necessariamente concentrarsi su palazzo Madama, che anche nella prossima legislatura sarà l'ago della bilancia.
Sul Messaggero di ieri Claudio Sardo traccia 4 scenari constatando che «il controllo della camera alta non dipende solo dallo scontro diretto Berlusconi e Veltroni» ma soprattutto dal risultato delle altre forze politiche. Per come è fatta la legge elettorale e per la serie storica di dati tra regioni «bianche» e «rosse» una maggioranza chiara (di destra) è infatti quasi impossibile.
Salvo in un caso: con i due partitoni che prendono tutto o con una sinistra perdente sotto l'8%. Prendiamo per semplicità la simulazione più «bipartitica» di tutte: prevede un testa a testa Pd-Pdl (39,4% contro il 42, 4%) e una sconfitta pesante sia per Bertinotti che per Casini (entrambi sotto il 6%). Ebbene, potrà sorprendere, ma proprio il risultato più netto è quello che garantisce la maggioranza assoluta del senato a Berlusconi: 164 seggi al Pdl contro i 138 del Pd e 2 ciascuno per Sa e Udc ( in Toscana e Sicilia). Questo perché sia nelle regioni «rosse» che in quelle «bianco-azzurre» proprio le terze forze Sa e Udc hanno l'effetto (riequilibrante) di togliere seggi al partitone perdente. Facendo le somme, in quasi tutte le regioni un successo della Sinistra toglie seggi a Berlusconi. Al Sud, viceversa, un risultato dell'Udc favorisce (di poco) Veltroni. Non a caso, la simulazione massima in cui la Sinistra raggiunge il 9,3% (21 senatori) è anche quella in cui Berlusconi prende meno seggi (154).
Dal punto di vista politico si possono trarre due conclusioni. La prima è che chiunque vinca in senato ci saranno comunque tre opposizioni (Sa, Udc e Pd) che non si possono sommare tra loro. Per esempio: sulle missioni estere Udc e Pd potrebbero votare con il Pdl ma la Sa no.
La seconda, altrettanto importante, è che parlare di sostanziale pareggio non vuol dire altro che preparare uno scenario in cui Pd e Pdl da soli controllano 311 seggi su 315 a palazzo Madama. Un numero forse insufficiente a dare un governo stabile ma che consente di fare riforme costituzionali senza neanche passare per il referendum confermativo. Una «grande coalizione» per le riforme del tutto inedita nella storia repubblicana.
Nel 2006 Prc, Pdci e Verdi hanno avuto più voti al senato che alla camera. Segno che una parte dell'elettorato ha voluto garantire la vittoria a Prodi con un voto «utile» sentendosi invece più libero a palazzo Madama. Stavolta si vuole far credere l'esatto contrario. Ma se così avvenisse l'unico effetto concreto sarebbe di consegnare il paese a Berlusconi. Se il 30% di elettori è ancora indeciso è ora che la Sinistra arcobaleno provi a spiegare, anche con i numeri, che l'unico voto utile contro Berlusconi è il suo.
Alla faccia