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Elaborato, si suppone al prezzo di laceranti sofferenze, il lutto per la dipartita mundial del Ghana e della restante truppa del gagliardo e proletario calcio africano, i comunisti si trovano ora a confrontarsi con un nuovo, lancinante dilemma. Ma quei tifosi che vanno a festeggiare le vittorie degli azzurri sventolando il bandierone tricolore d'ordinanza sono fascisti? E, dato che la risposta affermativa appare loro abbastanza scontata, sono consapevoli, gli sventolanti, di essere ignari strumenti nelle mani delle forze oscure della reazione in agguato? La domanda . se la sono posta ieri mattina Liberazione e il Manifesto, con gli esiti che seguono.
L'analisi dell'organo di Rifondazione, affidata al direttore Piero Sansonetti, è di chiarezza esemplare, a cominciare dal titolo'. «Quei cortei notturni con troppi tricolori». «A me i cortei che sventolano il tricolore fanno sempre un certo effetto», scrive Sansonetti, «voglio dire: non un buon effetto». Seguono i ricordi di gioventù, quando «c'erano solo due tipi di cortei: conlebandie rosse e con i tricolori. I primi erano comunisti, i secondi fascisti». Dal '68 ad oggi non e che la situazione sia poi cambiata granché. «L'altra sera», confessa il direttore, «mi ha dato un po' fastidio quel brulicare di bandiere tricolori». Urge, come da consolidata tradizione comunista, l'approfondita disamina della questione: «Possibile che l'unico "valore" unificante per tanta gente sia il tifo per la nazionale?». Già, possibile?
Certo, «insieme alle bandiere biancorossoverdi c'erano anche tante magliette del Che» e «insieme agli italiani festeggiavano anche tanti immigrati». MaKorda e i cori multicult non bastano a lavare l'onta. Perché in quei cortei c'erano «una grande componente nazionalista e - in parte - persino xenofoba», «l'incapacità a trovare altre dimensioni di vivere collettivo e altre idee di collettività». Pertanto, quello rappresentato dall'undici di Lippi, è «un valore nazionalistico, o di pura appartenenza», «un valore senza principi» e quindi «molto pericoloso». La gente che sventola i tricolori, in ultima analisi, è l'emblema di «un enorme vuoto culturale», tanto abissale che nemmeno «l'irrompere dei movimenti» ha saputo colmare. Tu credi di festeggiare la tua nazionale, ma non fai altro che precipitare l'Occidente nel baratro, in spregio ai valori e ai tifosi democratici, quelli «che amano il calcio e nonl e nazioni».
Ancor più tranchant il giudizio del Manifesto. Titolo: «Dieci buoni motivi per tifare Italia». In mezzo alle stringenti ragioni per le quali i compagni di via Tomacelli faranno il tifo per la banda Lippi compare il seguente, meditato argomento: «Quanto alle bandiere», scrive Alberto Piccinini, «lasceremmo volentieri il problema di esporle oppure no ai tedeschi che l'hanno risolto brillantemente mettendosi addosso quasiesi tipo di gadeget e parrucca con i colori della loro bandiere: carnevale, mica parate». Esaurita la doverosa ed oscura premessa, il redattore comunista sotto-linea che «quanto ai fascistelli da strapazzo che funestano le partite dell'Italia coiloro tricolori, le scritte in caratteri gotici e ifesteggiamenti coni cori "duce duce" a piazza Venezia, urge riprendersi la bandiera? Che fatica. E se tifassimo Italia sventolando la bandiera del Ghana? Tra noi, ci capiremmo lo stesso». Ricapitolando: la bandiera tedesca è una carnevalata, la nostra è littoria, quella del Ghana va bene. Sono gradite delucidazioni sulla superiorità morale del vessillo subsahariano.In mezzo a questo bailamme progressista, la figura migliore la fal'Unìtà, che tramite Nando dalla Chiesa si compiace delle «centinaia di migliaia di persone a sventolare il tricolore finalmente amico rilanciato da Ciampi».
Tolti gli incolpevoli immigrati (in centro a Milano ce n'è uno che vende bandieroni e altre amenità azzurre. Gli chiedi «ma tu sei fascista?» e quello ti fa un sorriso grosso così. Te ne vai confortato dal suo non essere un neonazista, e noti che, accanto ai pochi tricolori ancora invenduti, il pover'uomo ha ancora sulla groppa un mucchio di democraticissime bandiere arcobaleno, che a quanto pare nessuno vuole), a noi altri sventolatori patriottici resta una constatazione, che è in sé anche una piccola speranza. Ossia che i maestrini di correttezza politica e sentimenti equosolidali che ci rinfacciano il tricolore erano quelli che cantavano tutti felici «bandierarossala trionferà». Vistala fine che hanno fatto, c'è la speranza che abbiano preso un'altra cantonata, l'ennesima.
MARCO GORRA