Così come non hanno mai usato una cabina a gettoni, i giovani non hanno memoria alcuna della SIP; eppure tra le vecchie generazioni c'è chi ancora chiama Telecom così.
Risalgono al 1925 le origini della principale compagnia telefonica italiana che ora finirà in mani spagnole. In pieno Ventennio nasce la Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda (Stipel) che solo 40 anni dopo, nel 1964, si unirà alle altre 4 società attive in Italia dando vita alla SIP, Società Italiana Per l'Esercizio Telefonico, controllata dallo Stato attraverso la STET, società finanziaria dell'Iri (l'Istituto per la Ricostruzione Industriale).
Al momento della sua nascita la SIP contava 4 milioni 222mila abbonati (pochi privilegiati), oltre 5,5 milioni di apparecchi telefonici in servizio e 27.600 postazioni pubbliche per telefonare. Negli anni Settanta vennero installate altre 30mila cabine telefoniche in tutta Italia, nel 1993 gli utenti privati della SIP arrivano a quota 24 milioni. Telecom Italia vede la luce l'anno successivo (1994) in vista della futura privatizzazione della compagnia telefonica di Stato. Nasce con la fusione di Sip con Iritel, Telespazio, Italcable e Sirm, società del gruppo STET già operative nel settore delle telecomunicazioni. Ormai da anni il campo d'azione della Sip non è più limitato solo alla telefonia fissa: c'è anche quella mobile, la telefonia IP, internet e la televisione via cavo.
Nel 1995 nasce Tim (Telecom Italia Mobile) con una scissione parziale dalla casa madre. Nel 1997, in vista della privatizzazione del gruppo e per massimizzare l'incasso di tale operazione, viene avviato il piano SuperSip per concentrare tutte le attività operative nella società da mettere in vendita: la finanziaria STET e Telecom Italia vengono fuse.
Nel 1997, sotto la presidenza di Guido Rossi e il governo di Romano Prodi, la società viene privatizzata con la vendita del 35,26% del capitale e l'uscita dall'azionariato quasi totale del Ministero del Tesoro, che incassa 26mila miliardi di lire. Non ci fu una grande risposta dagli investitori italiani: il gruppo con capofila gli Agnelli riunisce solo il 6,62% delle azioni. Nel novembre 1998 Franco Bernabè viene scelto come Amministratore Delegato di Telecom Italia.
Nel 1999 arriva l'Opa (offerta pubblica di acquisto) di Olivetti attraverso la Tecnost di Roberto Colaninno, già nelle telecomunicazioni con Omnitel e Infostrada, poi cedute. Nel giugno dello stesso anno assume il controllo di Telecom con una quota del 51,02%. Il Ministero del Tesoro, che aveva ancora una quota del 3,5%, non si presentò all'assemblea degli azionisti e non si oppose alla scalata da 61mila miliardi di lire. Tecnost viene poi fusa con Olivetti e alla fine a comandare sarà Bell, società con sede nel Lussemburgo che detiene il 22% di Olivetti
Nel 2003 la controllante Olivetti viene fusa con Telecom Italia e nel 2005 arriva l'Opa di quest'ultima su Tim.
In gravi difficoltà all'inizio del 2011 il gruppo è costretto a passare la mano e arriva l'era Tronchetti Provera. Il presidente di Pirelli e i Benetton rilevano la quota detenuta da Bell. Telecom è quindi controllata Olimpia, partecipata da Pirelli, Edizione Holding dei Benetton, Banca Intesa e Unicredit, cui in seguito si aggiunge Hopa, la finanziaria di Emilio Gnutti. La sede legale viene spostata da Torino a Milano.
La Telco, la società la quota più alta di azioni della compagnia di telecomunicazione italiana, nasce nell'aprile 2007 da una cordata italo-spagnola composta da Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e la prima compagnia spagnola Telefónica. Telco lancia un'offerta per rilevare la quota di Pirelli in Olimpia arrivando ad avere il controllo del 23% di Telecom e diventando quindi l'azionista di maggioranza.
La svolta iberica arriva ora con Telefonica pronta ad acquisire il 70% di Telco. L'azionista di maggioranza di Telecom diventa dunque spagnolo.