Negli ultimi due anni - rivela Dagospia - la Chiesa ha venduto beni per quasi 50 milioni. Il patrimonio gestito dallo Ior sfiora i 6 miliardi. In Italia si stimano 200mila posti letto gestiti da religiosi
L'ultimo a essere venduto è stato un immenso complesso monastico sulla Camilluccia, alle spalle di Monte Mario. Nella stessa arteria a nord ovest della Capitale, zona Trionfale, un tempo tappezzata di rifugi per pellegrini e lazzareti, l'immobiliarista casertano Giuseppe Statuto (nella foto) si è portato via un ex convento del XVIII secolo di importante valenza storica, con una superficie di quasi 5 mila metri quadri, ed inserito in un'area naturale tre volte più grande.
Ma Statuto, l'enfant prodige dei nuovi palazzinari romani, l'unico ad non essere sfiorato dalle disavventure giudiziarie dei «furbetti del quartierino», in arte Stefano Ricucci e Danilo Coppola, deve avere buoni santi in Paradiso.Davvero: anche perché è uno dei rari operatori del settore ad avere accesso agli affari immobiliari della Chiesa. E così con la sua Michele Amari e le altre controllate attive nella Capitale (Bixio 15, Diemme Immobiliare, Derilca, Egis) in questi anni è andato collezionando immobiili di pregio dismessi da congregazioni religiose, ordini e confraternite.
La svolta è arrivata alla fine del 2002, con la nomina del cardinale Attilio Nicora alla presidenza dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), uno dei due pilastri economici del Vaticano, insieme all'Istituto per le Opere di religione (Ior), la banca pontificia. Una holding, l'Apsa, che a Roma risulta proprietaria di beni per pochi milioni, perché iscritti a bilancio al costo storico, e accatastati sempre come popolari o ultrapopolari, pur situandosi in pieno centro.Attraverso società come la Sirea, che ha intestati due palazzi in piazza Cola di Rienzo, valutati neanche 3 milioni e dati in affitto alla Direzione investigativa antimafia; la Edile Leonina, con locali per altri 3 milioni, occupati dal Viminale; e la Nicoloso da Recco, titolare di quattro appartamenti, dal valore nominale di appena 50 mila euro.
Ma che invece ha un potere di indirizzo enorme sull'immenso patrimonio che fa capo alla Chiesa e agli oltre 30 mila enti religiosi che operano sul territorio.
Un patrimonio sfuggito a ogni censimento, nei quasi ottant'anni seguiti al Concordato che dal 1929 regola i rapporti tra Stato e Vaticano. Come aveva sottolineato anche Francesco Rutelli, all'indomani della revisione dei Patti lateranensi. In un acceso dibattito parlamentare dell'aprile 1985 sulla legge che istituiva il Fondo edifici di culto, l'allora deputato radicale aveva fatto mettere agli atti l'interminabile elenco dei palazzi posseduti dagli enti ecclesiastici nella sola città di Roma per dare la consistenza reale dei beni della Curia.E rovesciare così quella visione di una confessione «poverella» che aveva spinto la Dc ad accollare allo Stato mille miliardi di lire (dell'epoca) di spese l'anno, per il mantenimento dei luoghi adibiti a culto. Poi Rutelli è diventato sindaco, e con la pioggia di finanziamenti pubblici arrivata con il Giubileo del 2000, 3.500 miliardi di lire per parcheggi e sottopassi, restauri di cappelle e palazzi, ristrutturazioni edilizie e nuovi alloggi per pellegrini, ha dato il suo contributo all'ulteriore espansione terrena della Chiesa.
Quattrocento istituti di suore, 300 parrocchie, 250 scuole cattoliche, 200 chiese non parrocchiali, 200 case generalizie, 90 istituti religiosi, 65 case di cura, 50 missioni, 43 collegi, 30 monasteri, 20 case di riposo, altrettanti seminari, 18 ospedali, 16 conventi, 13 oratori, 10 confraternite, sei ospizi. Sono quasi 2 mila gli enti religiosi residenti nella Capitale, e risultano proprietari di circa 20 mila terreni e fabbricati, suddivisi tra città e provincia.
Un quarto di Roma, a spanne, è della Curia. Partendo dalla fine di via Nomentana, all'altezza dell'Aniene, dove le Orsoline possiedono un palazzo di sei piani da oltre 50 mila metri quadri di superficie, mentre le suore di Maria Ripatrarice si accontentano di un convento di tre piani; e scendendo a sud est per le centralissime via Sistina e via dei Condotti, fino al Pantheon e a piazza Navona, dove edifici barocchi e isolati di proprietà di confraternite e congregazioni si alternano a istituzioni come la Pontificia università della Santa Croce.
E ancora, continuando giù per il lungotevere e l'isola Tiberina, che appartiene interamente all'ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio.E poi su di nuovo per il Gianicolo, costeggiando il Vaticano fino sull'Aurelia Antica dove si innalza l'imponente Villa Aurelia, un residence con 160 posti letto, con tanto di cappella privata e terrazza con vista su San Pietro, che fa capo alla casa generalizia del Sacro Cuore.È tutto di enti religiosi. Un tesoro immenso che si è accumulato nei decenni grazie a lasciti e donazioni: più di 8 mila l'anno scorso nella sola area di Roma città. Ma non c’è solo la Capitale. La Curia vanta possedimenti cospicui anche nelle roccaforti bianche del Triveneto e della Lombardia: a Verona, Padova,Trento. Oppure a Bergamo e Brescia, dove gli stessi nipoti di Paolo VI, i Montini, di mestiere fanno gli immobiliaristi.
«Il 20-22% del patrimonio immobiliare nazionale è della Chiesa», stima Franco Alemani del gruppo Re, che da sempre assiste suore e frati nel business del mattone. Senza contare le proprietà all’estero. «A metà degli anni ‘90 i beni delle missioni si aggiravano intorno ai 800-900 miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più», osserva l’immobiliarista Vittorio Casale, massone conclamato che all’epoca era stato chiamato dal cardinale Jozef Tomko a partecipare ad un progetto di ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fide, il ministero degli Esteri del Vaticano.Dicevamo del cardinale Nicora. Legatissimo ad Angelo Caloia, il banchiere del Mediocredito centrale che si è fatto interprete del rinnovamento dello Ior dopo il crack dell'Ambrosiano, Nicora è stato per tutti gli anni '90 «assistente spirituale e stimolatore» di un ristretto cenacolo milanese, il gruppo Cultura Etica e Finanza, nato per «porre a confronto il cattolicesimo col travolgente imporsi del primato economico-finanziario», come ha scritto Giancarlo Galli nel suo informatissimo libro sulla Chiesa e il capitalismo (Finanza bianca, 2004).Arrivato al vertice dell'Apsa, Nicora ha cercato di fare ordine nel portafoglio immobiliare della Santa Sede, con le stesse logiche dei banchieri da lui frequentati.
Scoperto con il Giubileo, il fenomeno del turismo religioso si è conquistato l’attenzione crescente delle alte sfere della Chiesa. Intorno a questo nuovo business si è sviluppata l’Opera romana pellegrinaggi di monsignor Liberio Andreatta, cui fa capo l’agenzia viaggi Quo Vadis. Insieme al gruppo Cit la Santa Sede aveva anche messo a punto un progetto molto ambizioso per creare a Pietrelcina, il luogo natio di Padre Pio, un polo turistico religioso, con 76 milioni di investimenti: poi la crisi dell’operatore viaggi ha fermato tutto. Ma che il settore sia in crescita lo dicono le cifre: in tutto il paese si contano circa 3.300 case per ferie gestite da enti religiosi, con un giro d'affari annuo stimato in 4,5 miliardi, e 200 mila posti letto.Di questi 5 mila sono a Roma, città che solo a Pasqua registra più di 600 mila pellegrini. Oltretutto il calo delle vocazioni ha svuotato abbazie e monasteri, che sono più di 2 mila in tutta Italia, e questo proprio mentre gli ordini venivano chiamati a rispondere ad una nuova razionalità economica. È un boom che ha moltiplicato i cantieri per trasformare antichi conventi e collegi religiosi in case di accoglienza e veri e propri alberghi, soprattutto nella Capitale.
FONTI
Dagospia.com
Quotidiano Net - La Chiesa possiede il 20-22% di tutto il patrimonio immobiliare Un quarto di Roma è del Vaticano