Aveva ragione il pentito Vassallo: i terreni a nord di Napoli, quelli della ex discarica Resit, sono stati avvelenati da lui, dai suoi fratelli e dall’avvocato Cipriano Chianesecon la complicità di quelli che ne hanno autorizzato l’utilizzo. E non solo: anche la falda acquifera contiene sostanze cancerogene. Lo sostiene il geologo Giovanni Balestri nella relazione consegnata a marzo alla Dda di Napoli. I magistrati, infatti, lo avevano incaricato di verificare la situazione dopo le dichiarazioni del manager dei rifiuti pentito. L’incartamento è poi stato inviato alla Regione e mercoledì si è svolto un vertice al dipartimento nazionale di protezione civile con l’assessore Giovanni Romano, il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Marco Lupo, e il commissario alle bonifiche, Mario De Biase.
Sono stati immediatamente stanziati 50 milioni di euro per risanare l’area della ex Resit e dei laghetti di Castelvolturno in stretto raccordo con la procura della Repubblica. Un intervento deciso praticamente ad horas vista la gravità della situazione descritta da Balestri: «Il ritrovamento in falda di sostanze cancerogene quali il tricloro e il tetracloro etilene direttamente e unicamente riconducibili alle attività delle discariche Resit in località Scafarea e alla tipologia dei rifiuti in essa smaltiti…comporta l’avvelenamento della falda acquifera sottostante gli impianti». Secondo l’esperto la contaminazione futura della falda acquifera si estenderebbe «sin oltre i confini provinciali interessando la popolazione di numerose masserie che utilizzano ancora i propri pozzi anche per l’uso alimentare personale. Ugualmente in zona sitrovano numerose attività agricole e zootecniche che utilizzano l’acqua estratta da questa falda per l’irrigazione e il beveraggio». E ancora: «La contaminazione può raggiungere i numerosi fossi e canali risalentialla rete idrica superficiale dei Regi Lagni, se in collegamento idrico diretto con la falda in questione».
Secondo i calcoli del geologo (che si è avvalso per le analisi di un laboratorio di Forte dei Marmi) l’infiltrazione di 14 mila tonnellate di percolato mostrerà tutta la sua carica letale entro il 2064. Infatti il liquido velenoso nei 23 anni di funzionamento della discarica non è mai stato smaltito. Inoltre: le pareti del sito non sono state impermeabilizzate. Spiega Balestri: «questo percolato attraverserà naturalmente il tufo sotto l’invaso in 79 anni dal loro inizio dell’accumulo (almeno dal 1985)nell’ipotesi più lenta, quindi il disastro ambientale inevitabile inizierànon più tardi del 2064».
Nella Resit sarebbero state sotterrate 341 mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, a cominciare dai fanghi dell’Acna di Cengio; 160 mila e 500 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi; 305 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani. E gli sversamenti sarebbero continuati fino al 2008 anche se il sito era stato sequestrato già nel 2004. Non salva nessuno il geologo: al momento del passaggio di gestione al consorzio di bacino Napoli 3, la discarica era ampiamente sfruttata e non più utilizzabile.
E come se non bastasse, ricorda Balestri, nel periodo dal 2001 al 2003 il sub commissario Facchi aveva concesso alla Resit dell’avvocato Chianese, già più volte indagato, un venti per cento delle volumetrie ancora disponibili alla Scafarea per lo sversamento di rifiuti speciali di provenienza privata e questo ha fatto sì che negli invasi Resit (congestionati dal sovrautilizzo) si arrivasse ad un’inevitabile miscellanea di rifiuti pericolosi privati con rifiuti non pericolosi. Per concludere nel periodo tra il 2003 e il 2004 secondo il docente si sarebbe realizzato un ulteriore sovrasfruttamento del sito. In quel periodo era stato infatti chiuso un accordo con Fibe Campania per lo stoccaggio delle balle.
E Balestrieri spiega: «Tale stoccaggio, finito subito male per i ripetuti incendi, non doveva essere assolutamente messo in opera». Nulla è stato risparmiato alla terra dei fuochi. Una storia di abusi ripetuti che si dovrebbe concludere con la bonifica: «Stiamo cominciando ad affrontare – dice Romano – questioni fondamentali che non siaffrontavano, in Campania, da un quarto di secolo. Non appena abbiamo ricevuto dalla Procura della Repubblica, la notifica dei risultati delleanalisi, con il presidente Caldoro, ci siamo attivati verificando da subito l’importanza della situazione». (Daniela De Crescenzo, IlMattino)
Il pentito aveva ragione: acqua avvelenata, a rischio le coltivazioni | La voce dell'Emergenza - il Blog
Prosit !