Il "mattino" seguente Tom si alzò poco riposato e molto in disordine: immagini di sogni incoerenti e magnetici dove viveva per città che aveva conosciuto, ma ridisegnate a suo piacimento ed in totale assurdità, restavano a rumoreggiare nel suo pensiero. Vedendo quant'era in disordine il suo giaciglio, capì di aver dovuto lottare non poco nel sonno. La sveglia aveva suonato alle 06.00 del giorno artificiale della nave.
Aprendo la tenda della vetrata della sua cabina infatti la stella vicina a loro era ancora nello stesso identico posto di dov'era quand'era andato a dormire: nello spazio poteva capitare anche quello, di passare mesi senza vedere la luce od il buio. Vide anche che un trasporto truppe della marina imperiale era venuto, come previsto, per prendere in consegna i prigionieri, i superstiti delle navi corsare che erano riusciti a salvare.
"Nottata schifosa. Dovrei imparare a non dormire ormai. Su, al lavoro." Molti erano gli impegni della nuova giornata. Per prima cosa andò al quadrato ufficiali dove, ospite per colazione, c'era il comandante del trasporto, che all'apparire di Tom mollò le sue cibarie e si piantò su un saluto tanto rigido da parere goffo:
-Capitano di corvetta Zed, al comando del trasporto truppe Tenno Maru, ai suoi ordini ammiraglio!
Tom era in vena di scherzare, di fronte a tanta riverenza: -Si sieda comodo, signor Zed, in questo Sentai non ho ancora fatto fucilare nessuno per non aver osservato l'etichetta... per ora... Venga a sedere al mio tavolo, prego. Ma si ricordi di usare le posate giuste. Uomo avvisato...
Andò a sedere al suo tavolo dove il contrammiraglio Uwai lo attendeva in piedi; l'ometto gallonato intanto trotterellò con la sua ciotola e chiedendo il permesso anche al giovane che lo guardava un pò stupito, prese posto. Mentre gli veniva servita la colazione, Tom parlava a bassa voce con l'allievo:
-Hai avuto incubi stanotte? Non mentire.
-No, signore... perché questa domanda?
-Il perché dovrebbe essere evidente anche a te. Cos'hai sognato, allora...
-Nulla, glielo posso giurare. Credo fossi troppo stanco per sogni ed incubi.
-Bene, buon segno. Continua così.
Uwai non aveva capito nulla. Cominciarono a mangiare e decise che non si sarebbe posto domande. Fu il suo maestro a riprendere la parola, sempre a bassa voce. Il capitano fingeva di dedicarsi al cibo per non dare a vedere che origliava.
-Un vero soldato non deve avere incubi, ma neppure sognare. Per noi ci deve essere una sola dimensione del pensiero: il dovere. Quando avrai imparato a non sognare, a non amare e a non odiare, sarai arrivato alla perfezione marziale.
-Ma... non è possibile!
-Difatti la perfezione non è umana... questa notte ho sognato perfino troppo, e questo fa male alla mia lucidità.
Vide il piccolo capitano che lo spiava incuriosito. Lo riprese:
-Capitano!!
Questo si paralizzò: -Signore?!?
-Mi dica, si rilassi, per il cielo, è fra amici qua, nessuno le farà del male se farà quel che le diciamo; mi dica, dicevo, per che ora prevedete di ripartire con la vostra unità?
-Il mio secondo mi ha assicurato che l'imbarco sarà completato prima del mio ritorno, signore!
-Mi dà la sua parola d'onore che i prigionieri saranno trattati con rispetto?
-Glielo garantisco su tutto quello che vuole, signore!
Signore, se mi può perdonare una curiosità...
-Non ci piacciono i curiosi, a noi della flotta di Hai Lung; però dica pure.
-Quella nave immobile che ho visto poco distante da qui... era una nave corsara?
Fulmineo balenò il sospetto nella mente di Tom che qualcuno fosse già stato mandato ad indagare; ma sarebbe stato dalla parte giusta? Il suo aspetto era del tutto inoffensivo, forse non era nient'altro che un povero diavolo che mai aveva vissuto una battaglia navale e voleva saperne di più: ma finché non avesse saputo leggere nei pensieri, non si sarebbe fidato. Nel dubbio scelse la prudenza:
-Sì, capitano. L'abbiamo catturata intatta ma non sarà di alcuna utilità per noi: credo che la faremo saltare subito prima di ripartire.
Poco dopo, Tom si trovava in plancia mentre attendeva la chiamata del capo di stato maggiore Nagumo; fuori, vedeva ripartire lentamente il grosso e pesante trasporto e ripensava che dopotutto, se anche fosse rimasto al grado più basso della gerarchia, a comandare uno scavafango del genere, sarebbe stato forse anche più sereno.