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Rising Joy

  1. #11
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
    Messaggi: 2,441
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    Il "mattino" seguente Tom si alzò poco riposato e molto in disordine: immagini di sogni incoerenti e magnetici dove viveva per città che aveva conosciuto, ma ridisegnate a suo piacimento ed in totale assurdità, restavano a rumoreggiare nel suo pensiero. Vedendo quant'era in disordine il suo giaciglio, capì di aver dovuto lottare non poco nel sonno. La sveglia aveva suonato alle 06.00 del giorno artificiale della nave.
    Aprendo la tenda della vetrata della sua cabina infatti la stella vicina a loro era ancora nello stesso identico posto di dov'era quand'era andato a dormire: nello spazio poteva capitare anche quello, di passare mesi senza vedere la luce od il buio. Vide anche che un trasporto truppe della marina imperiale era venuto, come previsto, per prendere in consegna i prigionieri, i superstiti delle navi corsare che erano riusciti a salvare.
    "Nottata schifosa. Dovrei imparare a non dormire ormai. Su, al lavoro." Molti erano gli impegni della nuova giornata. Per prima cosa andò al quadrato ufficiali dove, ospite per colazione, c'era il comandante del trasporto, che all'apparire di Tom mollò le sue cibarie e si piantò su un saluto tanto rigido da parere goffo:
    -Capitano di corvetta Zed, al comando del trasporto truppe Tenno Maru, ai suoi ordini ammiraglio!

    Tom era in vena di scherzare, di fronte a tanta riverenza: -Si sieda comodo, signor Zed, in questo Sentai non ho ancora fatto fucilare nessuno per non aver osservato l'etichetta... per ora... Venga a sedere al mio tavolo, prego. Ma si ricordi di usare le posate giuste. Uomo avvisato...



    Andò a sedere al suo tavolo dove il contrammiraglio Uwai lo attendeva in piedi; l'ometto gallonato intanto trotterellò con la sua ciotola e chiedendo il permesso anche al giovane che lo guardava un pò stupito, prese posto. Mentre gli veniva servita la colazione, Tom parlava a bassa voce con l'allievo:
    -Hai avuto incubi stanotte? Non mentire.
    -No, signore... perché questa domanda?
    -Il perché dovrebbe essere evidente anche a te. Cos'hai sognato, allora...
    -Nulla, glielo posso giurare. Credo fossi troppo stanco per sogni ed incubi.
    -Bene, buon segno. Continua così.

    Uwai non aveva capito nulla. Cominciarono a mangiare e decise che non si sarebbe posto domande. Fu il suo maestro a riprendere la parola, sempre a bassa voce. Il capitano fingeva di dedicarsi al cibo per non dare a vedere che origliava.
    -Un vero soldato non deve avere incubi, ma neppure sognare. Per noi ci deve essere una sola dimensione del pensiero: il dovere. Quando avrai imparato a non sognare, a non amare e a non odiare, sarai arrivato alla perfezione marziale.
    -Ma... non è possibile!
    -Difatti la perfezione non è umana... questa notte ho sognato perfino troppo, e questo fa male alla mia lucidità.

    Vide il piccolo capitano che lo spiava incuriosito. Lo riprese:
    -Capitano!!

    Questo si paralizzò: -Signore?!?
    -Mi dica, si rilassi, per il cielo, è fra amici qua, nessuno le farà del male se farà quel che le diciamo; mi dica, dicevo, per che ora prevedete di ripartire con la vostra unità?
    -Il mio secondo mi ha assicurato che l'imbarco sarà completato prima del mio ritorno, signore!
    -Mi dà la sua parola d'onore che i prigionieri saranno trattati con rispetto?
    -Glielo garantisco su tutto quello che vuole, signore!
    Signore, se mi può perdonare una curiosità...
    -Non ci piacciono i curiosi, a noi della flotta di Hai Lung; però dica pure.
    -Quella nave immobile che ho visto poco distante da qui... era una nave corsara?

    Fulmineo balenò il sospetto nella mente di Tom che qualcuno fosse già stato mandato ad indagare; ma sarebbe stato dalla parte giusta? Il suo aspetto era del tutto inoffensivo, forse non era nient'altro che un povero diavolo che mai aveva vissuto una battaglia navale e voleva saperne di più: ma finché non avesse saputo leggere nei pensieri, non si sarebbe fidato. Nel dubbio scelse la prudenza:
    -Sì, capitano. L'abbiamo catturata intatta ma non sarà di alcuna utilità per noi: credo che la faremo saltare subito prima di ripartire.

    Poco dopo, Tom si trovava in plancia mentre attendeva la chiamata del capo di stato maggiore Nagumo; fuori, vedeva ripartire lentamente il grosso e pesante trasporto e ripensava che dopotutto, se anche fosse rimasto al grado più basso della gerarchia, a comandare uno scavafango del genere, sarebbe stato forse anche più sereno.

  2. #12
    Scrivano Lucien
    Uomo 40 anni da Imperia
    Iscrizione: 10/10/2008
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    Il Grand'ammiraglio Nagumo, al comando del Rengo Kantai, era gioviale come sempre malgrado le notizie poco positive: si sarebbe proprio detto che fosse lui a difendere Tomonaga dalle accuse che si rivolgeva da solo. Dallo schermo della videochiamata, Tom vedeva il suo viso largo che spiccava bene sullo sfondo della parete del suo ufficio al quartier generale della Marina ad Edo.

    "Bella forza, che non è arrabbiato: le vite di pochi uomini, per chi ne comanda milioni, non valgono il tempo di un pensiero sommesso per loro."

    -Insomma, Tomonaga, io non capisco di cosa si lamenta: se solo dieci navi sono riuscite a sfuggirvi, lo ritengo un buon successo, le capacità di quel gruppo sono state fortemente menomate e per un pò non ci daranno più noia.
    -Sì, signore, ma avrei preferito annientarlo e senza perdite; se fossimo stati informati meglio delle capacità del nemico, saremmo venuti con una forza più consistente.
    -Mi dica, com'è possibile che abbiate avuto danni tanto gravi?

    "Ecco, che gli dico adesso? Potrò fidarmi di lui?"
    -Signore, per forza, se quell'incompetente del capitano della Kirishima ha fatto abbassare gli scudi contravvenendo alle nostre regole d'ingaggio... le proporrò di rimuoverlo dal comando, non voglio impulsivi nel mio Sentai.
    -Sì, queste sciocchezze ve le vedrete fra di voi, faccia come le pare. Io intendevo dire, non i danni leggeri della Kirishima, ma quella torre che a quanto pare manca ora alla sua nave: che arma vi ha colpito?
    -Un siluro, signore. Uno o più, pensiamo ad una salva completa.
    -Possibile che dei corsari possano acquisire armi tanto moderne? La protezione delle Nagato era garantita a prova di tutti i siluri in servizio, ed ora l'abbiamo aggiornata da poco...

    "Lo conosco da una vita, da quando sono entrato in Marina... se non mi fidassi di lui... ma la comunicazione qualcun altro potrà ascoltarla..."
    -Signore. Quelli che ci hanno lanciato non erano siluri qualsiasi.
    -E di che modello erano, di grazia?
    -Le faccio inviare le immagini della nave che abbiamo catturato. Mi dica lei se non nota nulla di strano.

    Fece un cenno e l'addetto radio inviò istantaneamente le riprese, che Nagumo visualizzò su uno schermo a parte, nel suo ufficio. Tom lo vide corrucciarsi, sinceramente. Non stava fingendo. Da quello ipotizzò che fosse davvero in buona fede. Cambiò anche il tono di voce:
    -Beh... che mi prenda un colpo secco anzitempo se quello non è un vecchio Asahi Maru... ecco dov'erano finite le unità che mancavano nel nostro inventario!
    Ma allora questi siluri, che diavolo dovevano essere? Dei Long Lance?

    Nagumo l'aveva detto per ridere, ma Tom fece un grave cenno d'assenso, che alla vista del vecchio Grand'Ammiraglio non sfuggì.
    -Ma vuole scherzare? Li abbiamo messi in servizio da sei mesi, non erano stati imbarcati sugli Asahi Maru, com'è possibile che siano già finiti nelle mani di un gruppo di corsari senza arte né parte? Che scherzo mi sta cercando di fare, ammiraglio?
    -Signore, se il cratere apertosi nella carena della mia nave non fosse sufficiente per dimostrarglielo, ho raccolto altre prove. Dovrò parlargliene di persona appena rientreremo.

    Nagumo s'era appoggiato pesantemente allo schienale della sua poltrona, congiungendosi le mani davanti al viso e fissando Tom con severità. Lui non si scosse e Nagumo capì che diceva sul serio:
    -Che vuole che le dica... ho capito cosa sta pensando e la prospettiva che qualcuno si sia venduto non mi piace affatto. Ma nel dubbio, darò disposizioni perché si apra un'indagine. E sia. Se c'è una mela marcia, foss'anche un semplice imbecille che s'è fatto rubare navi ed armi sotto il naso, lo scoveremo.
    Le dò facoltà di proseguire la missione, di fare visite diplomatiche o di rientrare, a vostro piacimento. Per quanto mi riguarda, avete compiuto i vostri doveri.
    -Signore, farò visita agli alleati della Repubblica Slava per rimettere le mie navi in condizione di affrontare l'iperspazio, poi le riporterò ad Hai Lung per le riparazioni definitive.
    -Bene, come vuole. In caso di novità mi contatti.

    Nagumo chiuse la comunicazione senza attendere il saluto di Tom, che rimase con l'ossequio chiuso in gola e l'inchino abbozzato.
    Ora le Senkan si stavano disponendo in una formazione adatta alla navigazione di trasferimento verso Novaja Zemliya, portandosi dietro l'incrociatore corsaro, il cui vero nome, s'era scoperto, era stato Tenzan Maru XVII. Essendo che i suoi reattori erano disabilitati dal colpo di laser ricevuto nei coni di scarico, Tom, piuttosto di aspettare l'arrivo di una nave officina dall'Impero, aveva deciso di optare per una soluzione insolita: prenderlo a rimorchio. Le Senkan efficienti, Haruna e Kongo, stavano filando i cavi, mentre Hiei e Kirishima si disponevano manovrando lentamente ai fianchi dell'inconsueta pariglia.
    Prima di salpare per la colonia slava, Tom volle ricevere a bordo il capitano della Kirishima per sentire le sue ragioni e decidere del suo futuro.
    Lo aspettava nella centrale tattica della nave, al momento non presidiata, buia e fredda. Gli avrebbe fatto impressione ed avrebbe potuto meglio giudicare la sua reazione allo stress. Quando l'uomo entrò, era ancora convinto che lo avrebbe esonerato dal comando, benché avesse riconosciuto che lui al suo posto ed alla sua età -il capitano era men che ventenne- avrebbe fatto lo stesso.

    -Capitano di vascello Takuma, della Senkan Kirishima, a rapporto signor ammiraglio!

    Tom era nell'angolo più buio del locale e di lui si vedevano solo le gambe incrociate dinanzi al suo seggio. Attese prima di rispondergli.
    -Si sieda pure, capitano Takuma...

    Subito il ragazzo trovò una sedia e si sistemò in ordine, sondando le ombre per individuare il suo interlocutore. Lo schianto di un suo stivale sul pavimento, che permase a lungo sotto la volta, ne annunciò il sorgere ad una debole fonte di luce azzurrognola che ne delineò i tratti spettralmente.
    -Si rende conto, spero, di quanto siano state gravi le sue negligenze.

    Takuma non si perse minimamente d'animo:
    -Signorsì, non posso negarlo. Riconosco che il mio operato è stato impulsivo e poco professionale.
    -Quest'analisi imparziale le fa onore, ma non la discolpa. Mi dica cosa l'ha portata a prendere decisioni così avventate.
    -Volevo riuscire a tutti i costi a bloccare la formazione nemica, sapendo che non disponevano di artiglieria pesante ho fatto disattivare gli scudi per ottenere la massima cadenza di tiro...

    Tom si gustava il suono cupo della suola dei suoi stivali mentre passeggiava fingendo disattenzione per stressare il giovane arrogante che parlava più forte per farsi meglio intendere:

    -E per lo speronamento non ho davvero scuse, sono stato accecato dalla rabbia, ho dimenticato di segnalare la manovra alla Kongo ed abbiamo evitato per poco di collidere anche con lei.

    Tom si fermò dandogli le spalle, davanti allo schermo che era la fonte di luce del locale; vibrò il colpo più malvagio:
    -E se fosse in me, che punizione si attribuirebbe?
    -A rigor di regolamento, dovrei essere rimosso dal comando: se vorrà farlo non mi opporrò.

    Tom attese che Takuma continuasse l'arringa difensiva, ma cadde il silenzio. Si voltò e vide uno sguardo fiero che cercava di tagliargli dentro.
    -Questo è tutto quello che ha da dire?
    -Sì, signore. Lei potrà estorcermi una confessione di colpa, ma mai una lode a me stesso, una scusa o un'invocazione di clemenza.

    Questo era quanto Tom sperava di sentirsi dire, ma continuò il suo gioco:
    -Già, a rigor di regolamento dovrei privarla del comando... se non lo facessi ne dovrei rispondere con buone argomentazioni. Posso comunque chiederle di aiutarmi a trovarle, queste argomentazioni...
    Fossi davanti al mio superiore, direi che preferisco un comandante che ha ecceduto nella foga piuttosto che nella prudenza, e che son sicuro abbia appreso molto dal suo errore. Che non metterà più a rischio inutilmente la vita dei suoi uomini e farà ogni sforzo per restare lucido anche nei momenti peggiori. Mi dica lei se si riconosce in questo...

    Takuma s'era illuminato e sarebbe stato ora in grado di dire qualsiasi cosa:
    -Assolutamente sì. Glielo garantisco.
    -Bene... siamo d'accordo.

    S'era alzato per ringraziare con un inchino, ma Tom lo prevenne voltandogli le spalle:
    -Tuttavia, lei non se la potrà cavare senza macchia: la sua bravata sarà riportata sul suo stato di servizio con una nota di demerito, il che le impedirà di ricevere promozioni per i prossimi cinque anni. Inoltre la consegno a bordo della Kirishima per tutta la durata dei lavori di riparazione, che dovrà sorvegliare.
    -La ringrazio per la sua comprensione: accetto senz'altro.
    -Io spero piuttosto che lei non mi faccia pentire mai più dell'averla lasciata al comando. Può andare.

    Un lieve fruscio di stoffa d'uniforme ed un riflesso sullo schermo segnalarono a Tom che Takuma aveva fatto l'inchino regolare prima di uscire.

    Tornato alla luce della plancia, Tom parlò con Uwai che dalla sua posizione era in grado di fare il censore:
    -Allora, l'ha silurato?
    -No. Mi è parso sincero, ed ha mostrato di avere coraggio e fierezza. Son certo che non ci deluderà più. Siamo pronti a salpare?
    -Signorsì, il rimorchio è stato filato e siamo in posizione.
    -Una cosa ancora: risparmiamo combustibile, dato che resteremo a velocità subluce, navigheremo con la propulsione solare.
    -Bene signore! Vado subito ad informarmi sui venti in zona!

    Le Senkan classe Nagato disponevano di molti Km quadri di pannelli solari che potevano venir issati su alberi telescopici: in condizioni normali tutta l'attrezzatura era tenuta riposta in alloggi protetti dalla corazzatura dello scafo, e poteva venire armata in automatico in pochi minuti. Così venne fatto: dapprima i grandi alberi sorsero da chiglia e coperta, poi il tessuto delle vele venne issato, dando alle navi l'aspetto di draghi dalle creste nere. Lentamente cominciarono a muoversi, meno velocemente del solito. Dalla sommità del torrione, dove si trovava la timoneria per la navigazione a vela, Uwai chiamò:
    -Signore, i venti nella zona sono deboli, la stella più vicina è Arcturus VII che però è in quiescenza in questo momento...
    -Seguiamo la procedura standard, allora.
    -Risvegliarla? Bene signore, dispongo subito che la torre Alfa si prepari al tiro!

    Un minuto dopo, fu il direttore di tiro che si fece sentire con la sua vocetta debole di uomo che controllava il sistema d'arma più potente che l'Impero avesse mai installato su una nave:
    -Signore, siamo pronti all'apertura del fuoco... la sola torre Alfa, bersaglio designato: la stella Arcturus VII, distanza 19 milioni di Km. Tiro ad effetto dirompente. Aspettiamo l'ordine.

    Tom adorava quei momenti in cui tutto era perfezione scientifica. Specie quando anche i suoi uomini si dimostravano precisi come macchine:
    -Linea di tiro sgombra?
    -Ovviamente.
    -Aprite il fuoco a vostra discrezione!

    Dall'antenna che costituiva l'armamento della torre Alfa partì un fascio invisibile che andò a colpire la superficie della stella; perturbata dall'eccesso d'energia che portò il plasma a temperature prossime a quelle del nucleo, scatenò una reazione a catena che si risolse in una fantastica eruzione.
    Questa a sua volta fece arrivare una vera bufera di vento solare addosso alle Senkan, che bruscamente accellerarono sotto questa spinta poderosa, puntando verso la loro meta lontana
    Ultima modifica di Lucien; 17/1/2009 alle 15:26

  3. #13
    Scrivano Lucien
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    Novaya Zemliya era uno dei 10 pianeti d'importanza strategica che la Repubblica Slava aveva annesso direttamente a seguito del trattato di pace che pose fine alla guerra con la grande Repubblica Galattica.
    Era un grande pianeta molto ricco in minerali e metalli rari, dal quale si approvigionavano un pò tutti gli stati membri dell'Alleanza. Data la sua importanza e la sua posizione molto esposta, era diventato la sede di una delle più potenti Flotte della Voenno Morskoy Flot, la marina della Slava.

    Dopo cinque giorni di viaggio il Sentai era arrivato nelle orbite esterne della colonia ed era stato accolto calorosamente: il Governatore Demitchev aveva offerto ospitalità e, cosa più importante, aveva messo a disposizione i mezzi dell'arsenale del pianeta per riparare le due corazzate e rimettere la preda in condizione di muoversi autonomamente. Non solo infatti i due stati, l'Impero e la Slava, avevano una solida entente che manteneva fra di loro ottimi rapporti, ma si dava il caso che Demitchev, comandante di quella Flotta e governatore militare del pianeta, fosse un vecchio amico di Tomonaga.

    Mentre le 4 "piccole" Senkan terminavano di riporre le loro vele negli alloggiamenti in coperta ed affidavano la Tenzan Maru XVII a dei rimorchiatori della VMF, la Boretz Za Svobodu, la supercorazzata ammiraglia della Flotta, si affiancava alla formazione. Da sola, era lunga quanto le prime 3 navi del Sentai.
    Uwai dalla plancia per la navigazione a vela la guardava con soggezione, Tomonaga, salito a quel locale per prendersi una vista migliore, era invece abbastanza indifferente ma solo perchè riusciva a nascondere la sua emozione.
    Attendevano l'arrivo a bordo di Demitchev, che si era annunciato con la solita valanga di improperi tipica della sua franchezza. Lo scafo nero della supercorazzata sfilava sopra di loro e si confondeva con lo spazio retrostante.

    -E' incredibile... una nave di tale dislocamento deve avere una potenza di fuoco spaventosa. Finora di unità comparabili ho visto solo la Victoria.
    -Sì, sì... in realtà non è molto più potente di quanto lo siano le nostre quattro navi riunite... si tratta di filosofie progettuali differenti. Quella è una Classe Klimeni Vorochiloff aggiornata allo standard UD 4. Il suo progetto risale ancora ai tempi della guerra contro la Galattica, era stata pensata come arma definitiva per la vittoria... che venne prima che potessero impiegarle.
    Il mio amico Demitchev è molto orgoglioso di comandarla, se non altro perchè porta un nome prestigioso, quello che fu dell'ammiraglia della VMF alla Battaglia di Coruscant.
    -Verrebbe da rimpiangere di non aver anche noi una storia recente così carica di gloria e battaglie.
    -Forse. Ma noi, a differenza di loro, non abbiamo neppure così tanti Caduti da rimpiangere.
    Lascia alla tua coscienza decidere cosa sia meglio.
    Ah, ecco la scialuppa dell'ammiraglio... andiamo a riceverlo.

    Demitchev entrò nel quadrato ufficiali accompagnato dal marinaio di picchetto, con la sua consueta aria gioviale e rude che gli dava un pò l'aspetto di un capomafia russo, impressione confermata dalla grossa pistola TT, fuori ordinanza, che teneva al suo fianco. La sua uniforme grigia da Ammiraglio di Flotta -la sua carica precedente che aveva però voluto conservare- era un tono insolito fra le giacche nere degli imperiali.
    Tom talvolta si chiedeva se per caso non avesse cominciato a beneficiare un pò più direttamente del fiume di denaro che gli passava per le mani.
    Era solo una sua idea: e del resto, aveva imparato ad apprezzare tutti gli uomini per quel che valevano, non per quel che facevano; nelle esercitazioni combinate, Demitchev era uno dei pochi altri ammiragli dell'Alleanza che riuscissero a batterlo con una certa regolarità. E quindi, una delle poche persone nell'universo per le quali aveva una sincera ammirazione.
    Tom ed Uwai fecero il consueto, compassato inchino di benvenuto: Demitchev li abbracciò pungendo le loro guance con i suoi baffoni neri. Nel vederlo, Uwai si ricordò di un'altra figura importante della storia del popolo da cui proveniva. Era incuriosito da quest'uomo così potente e anche così rozzo e disinvolto.
    Dopo i convenevoli, si sedettero al tavolo del tè; all'ospite era stata concessa una sedia tradizionale, dato che star seduto alla maniera orientale a gambe incrociate era per lui una tortura insostenibile.

    -Caro Tom, vecchia carcassa, è un piacere vederti da queste parti! Che ci fai qui, il vostro timoniere ha bevuto troppo sakè e siete usciti di rotta?
    -Rientravamo da un pattugliamento di polizia navale e ho pensato di passare a farvi una visita ufficiale. Come sai abbiamo avuto danni e vorrei approfittare della tua disponibilità per mettere in sesto le mie navi e l'incrociatore corsaro che ho catturato.
    -Già, già, ho sentito. Avete fatto un ottimo lavoro, quel gruppo di corsari stava creando problemi un pò a tutti.
    Saremmo andati noi, ma dato che ancora non ci avevano causato perdite e dato che, come sai, il vecchio Ammiraglio Kuznetsov non è più capo di stato maggiore della VMF, e che quindi stiamo diventando una repubblica di rammolliti, non ci avevano dato il benestare per la missione.
    -Hai aggiornamenti sulla situazione diplomatica? C'è ancora tensione fra il Commonwealth e l'Impero dei Metuselah?
    -Sì: il loro buon First Lord Harris sta saggiando la capacità di reazione delle difese di Tera Metuselah... detto fra noi, quello sì che è un ammiraglio con gli attributi, come piacciono a me... e si sospetta anche, se ti può interessare, che quei corsari avessero la loro base in uno dei pianeti disabitati del loro sistema...
    E intanto continuano i combattimenti fra gli helgan
    -Helghast...
    -Oh, non rompere... fra quelli lì e l'esercito della Nuova Repubblica per il possesso del pianeta Insula. Nessuno dei due ha il coraggio di dichiararsi apertamente guerra, e continuano a scannarsi per quella fogna senza che siano ufficialmente belligeranti. Ci sono state anche un paio di scaramucce fra navi di linea nei pressi del pianeta, ognuno cerca di prevenire che l'altro possa rifornire il suo esercito.

    Demitchev aveva una grettezza ed una mancanza di cultura sorprendenti per un uomo del suo grado: e Tom si stupiva sempre più di come potesse essere più astuto ed abile in battaglia di molti dei loro migliori comandanti.

    -Come pensi che finirà?
    -Come pensi che possa finire? I repubblicani tengono duro e non si fanno mettere sotto facilmente, ma senza aiuti dall'esterno la loro resistenza sarà sempre più difficile. Ricordati che secondo i trattati di pace loro non possono avere fabbriche d'armi od arsenali e dipendono da noi per tutti gli armamenti.
    Fossimo stati ai tempi della guerra della Galattica, non avremmo esitato un istante ad andare a soccorrerli: ma ora il nostro governo, che si è spaventato proprio per quella guerretta da nulla, ha deciso che saremo sempre neutrali finchè non verremo attaccati! Cosa che avverrà presto, se continuiamo a dimostrarci così debosciati e a calarci le braghe di fronte ai prepotenti!

    Demitchev dopo una pausa avvampò di furia:
    -Schifosissimo schifo! Noi stiamo qui a bere la tua brodaglia immonda quando invece dovremmo correre in aiuto dei repubblicani, che pur essendo i discendenti delle carogne della Galattica, da quando li abbiamo raddrizzati son sempre stati nostri alleati! Mi verrebbe voglia di andare da solo, con la mia Flotta... solo che verrei processato per ammutinamento.

    Tom pensò che forse quello che più lo tratteneva al suo posto erano gli interessi che aveva negli affari della lucrosa colonia. Lo corresse con sussiego, sapeva che l'avrebbe fatto arrabbiare ancora di più parlando da vecchio professore, e voleva vedere fin dove si sarebbe spinto:
    -Non dovresti dir male del nostro tè verde, è un toccasana, dovresti berne più spesso, è una bevanda molto salutare.
    E poi non mi sembra che voi stiate dimostrando debolezza: state solo seguendo una politica di prudente neutralità, è una condotta che io reputo molto saggia.
    -Tom, ora cominci proprio a seccarmi con questa tua parlantina da diplomatico finocchio. Sai che ne faccio io del tè verde che mi regali ogni volta che mi vedi? Lo uso per accendere la stufa.
    Ora, torniamo a noi: voi che politica adotterete?
    -Non mi sono aggiornato da quando la missione è cominciata, quindi posso solo far supposizioni. Ma son quasi certo che resteremo anche noi neutrali, in omaggio ai nostri principii. Spero che riusciremo a far vendere lo stesso un pò di armi, se gli Helghast dovessero passare all'offensiva.
    -Ma non eravate voi quelli che vi vantavate di essere l'arsenale di tutte le democrazie?
    -Può darsi che si decida di aiutarli con la nostra produzione industriale... ma al momento sono all'oscuro di qualsiasi decisione.
    -Sì, sì, forse se e ma. Tempo che vi deciderete la Nuova Repubblica sarà diventata una succursale dell'Impero Helgan o quel che è... e saremo noi della Slava ad essere nei guai: noi non dimentichiamo, che prima che con la Galattica avevamo avuto a che fare anche con loro.
    -Credo che neppure loro lo dimenticheranno... Chimaera...

    Tom aveva pronunciato quel nome a bassa voce ed abbassando lo sguardo sulle sue mani, come se stesse guardando nelle dita affusolate la fragilità della sua vita, come se quello fosse il nome di un Dio oscuro e malvagio. Uwai intimorito ma anche profondamente affascinato non resistette più alla curiosità, ruppe quel silenzio in cui era caduto perfino il sanguigno Governatore:
    -Chiedo perdono... che cos'era Chimaera? Non ne ho ancora sentito parlare...

    Tom cominciò a parlare guardando il vuoto tristemente:
    -Chimaera era un'arma biologica usata dalla Repubblica Slava durante la loro guerra contro l'Impero Helghast... un virus, per la precisione, ottenuto tramite la ricerca genetica di modo che fosse curabile per gli umani e mortale per gli Helghast che, come saprai, hanno un genoma leggermente diverso dal nostro. Ha quasi portato all'estinzione il loro popolo.

    Demitchev riprese la parola:
    -Eppure ancora non hanno imparato la lezione, basti vedere cosa stanno facendo ora. Ragazzo, tu non lo saprai, ma io ero al comando dell'Arkangel, uno degli incrociatori che furono mandati a bombardare i loro pianeti con proiettili caricati con Chimaera: subito ho avuto dei sensi di colpa, ma appena i sopravvissuti hanno ricominciato a costruire armi e navi da guerra per vendicarsi, mi son pentito di non essere riuscito a completare il lavoro.
    Torniamo a noi, Tom: spero accetterai il mio invito a scendere sul pianeta per questa notte! E porta con te anche il giovane, che lo faremo svegliare come si deve!

    Mentre i due continuavano a discutere allegramente, Uwai era perso nel suo pensiero, immaginando quella morte invisibile che pioveva dal cielo.
    Ultima modifica di Lucien; 18/1/2009 alle 18:13

  4. #14
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    Yayoi uscì dall'ombra nerissima del portico nella luce del pomeriggio e Tom la vide di spalle in una nube di tessuto scossa dal vento come una fiamma azzurrina. Pareva quasi che non toccasse terra. Tom sentiva dentro di sé una voce straniera, che parlava persino con un timbro che non era il suo:
    "Servire agli ordini di qualcuno, esserne umiliati; Vedere davanti a sè la donna perfetta, assoluta, anche parlarle, ma non poterla neppure sfiorare; Sentire un amore tanto profondo quanto il Cosmo che ci circonda, costretto al silenzio dalle contingenze; Sapere che questo amore non potrà mai realizzarsi..."
    Si scosse: da quando in qua uno spirito straniero parlava in lui?
    "...Ma potessimo svincolarci dalla nostra limitatezza corporea, dalle dannate convenzioni sociali e morali, potessimo sempre dire apertamente ciò che pensiamo e manifestarci come vorremmo davvero essere...
    La prigionia della tua fisicità e delle convenzioni non riuscivi a tollerarla e ti dava tanta pena quanto l'amare senza esser riamato."

    Aveva ancora l'azzurro che balenava nello sguardo quando lei gli fece un cenno dalla delicatezza regale. Si ritrovò a seguirla su una spianata d'un biancore accecante, torrida sotto il sole. Una strana forza gli impediva di raggiungerla, per quanto sforzasse il passo. Si sentiva impacciato e nella sua uniforme nera soffocava. "Ora ti sentirai più miserabile che mai, perché anche se hai giurato di non dichiararti mai, inconsciamente cerchi di sedurla, sempre."
    Stavolta non lasciò che il pensiero straniero lo torturasse impunemente:
    "Smettila. Da dove vieni tu, perché mi parli così? Chi sei?"
    "Io? Io sono te, la tua verità, quel che hai sempre represso. Tu piuttosto, non sei il vero Tomonaga."

    L'immagine di Yayoi si confondeva ora col cielo retrostante. Tom si incendiò di rabbia e cominciò a parlarsi a denti stretti.

    "Io non sarei me stesso? Ma sì, ti ho già conosciuto, traditore, e so come farti tacere ancora."
    "Dici?"
    "Vedrai."

    Estrasse un libricino dalla tasca sul petto, lo aprì a colpo sicuro alla trentatreesima pagina e lesse a voce alta, poco importava se sentiva anche Yayoi:

    -L'amore più profondo è l'amore nascosto. La poesia dice: "Alla mia morte dal fumo conoscerai il mio amore, mai espresso e tenuto celato nel mio cuore". Chi esprime il suo amore prima di morire, non ama profondamente. Solo l'amore che rimane celato fino alla morte è infinitamente nobile. Sono convinto che sia sublime amare fino alla morte.

    Soddisfatto, attese il ritorno alla tranquillità. Lei si fermò. Non si voltò a guardarlo se non con la coda dell'occhio e lui vide il suo volto di profilo, quasi nascosto dal fluttuare dei capelli, l'occhio scuro quasi triste rivolto a lui. E lui sentì allora le forze venir meno, le gambe come fatte d'aria, e la voce maligna farsi risentire più chiara. Rideva:
    "Ecco quanto possono le parole di fronte a Lei! Parole morte da millenni contro la Vita! Cosa può il nero degli ideogrammi contro il nero dei Suoi occhi? Hai perso, ora farai quel che la tua natura t'impone. Ora solo IO sono TE."

    Per un attimo lo sgomento si impadronì di lui, poi però si sentì liberato di ogni miseria e costrizione. Lei era rimasta immobile, con quel suo occhio malinconico a guardarlo, e solo i capelli e la nube di tessuto seguivano il fluire dell'aria tiepida. Finalmente poté raggiungerla e delicatamente stringerle i polsi che erano rimasti in attesa di quella presa forte e straniera. Sentiva leggerissimo il suo respiro da dietro le sue spalle: vi accordò il suo. Lei lo accolse con parole che lui fece fatica a sentire in quel profumo:

    -Finalmente, dopo tanti anni: dimmi quel che io già sò...
    -Amare tanto, e amare solo te: quanto tempo e quanto vuoto prima di coglierti...

    Un lampo nero offuscò ogni cosa, le loro voci, i loro respiri armonici e la distesa candida: Tom, sudato e terrorizzato, si alzò con furia dalla sua cuccetta sulla Hiei. Gli pareva perfino di sentire una leggera aritmia nel battito accellerato. Per un istante non fu sicuro di esser tornato alla realtà.

    -Un incubo... un fottutissimo incubo!

    Era appena passata la seconda notte nell'orbita di Novaya Zemliya: malgrado continuasse ad alzarsi all'alba del giorno della nave, il suo inconscio riusciva lo stesso a tradirlo. Ora sapeva che avrebbe passato una pessima giornata.

  5. #15
    Scrivano Lucien
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    Secondo l'ora della capitale del pianeta, era il primo pomeriggio; per l'ora delle navi del Rengo Kantai, erano le sette di mattina. Il Sentai, in orbita stazionaria, cominciava allora ad uscire dal piccolo cono d'ombra della luna di Novaya Zemliya, e gli scafi grigi alla luce pallida di Arcturus VII riprendevano ad illuminarsi in riflessi abbaglianti. Attorno, qualche scura Korabl della VMF manovrava con lentezza, e le piccole navi officina giunte dagli arsenali orbitanti si affollavano attorno alla Kirishima ed al corsaro di cui Tomonaga aveva già dimenticato il nome. Le riparazioni sarebbero state portate a termine in breve, una volta rimesso in sesto il condotto di scarico del reattore danneggiato. Quanto alla Kirishima, le maestranze della VMF e l'equipaggio avevano allestito una prora provvisoria per rimetterla in grado di affrontare l'iperspazio in tutta sicurezza: senza la sua pinna sembrava però mutilata della sua grazia naturale e l'alto torrione, mancando ora di un volume corrispondente in basso, non era più proporzionato al resto dello scafo. La sensibilità estetica di Tom gli dava di che avere un leggero disagio nel vederla, sebbene in distanza.
    "Lo sapevo che sarebbe stata una giornata no."
    Andò a farsi servire la colazione sotto la cupola di cristallo alla sommità del torrione, dove i bracci aperti del grande telemetro della nave sembravano ali, e la prua fendeva lontano il buio, in basso. Voleva scacciare le immagini della notte con altre visioni.
    La Boretz Za Svobodu, "Combattente per la libertà", era in quiescenza sopra di loro, mimetizzata in nero e grigio, era difficile distinguerla dallo spazio retrostante. Cercando di astrarne la sagoma, sentì freddo per quel nome così carico di storia e lutti, quella mole minacciosa nel suo silenzio. Dalla parte del globo azzurrato del pianeta, si vedeva il buio incombere e la linea del tramonto disegnata in toni rosati dal vapore acqueo nell'atmosfera: e su quel rosa, sagome dolorose e nere di navi da guerra straniere irte di propaggini, come un qualche feroce piccolo essere uscito dalla fantasia d'uno psicopatico.
    Non sapendo più dove guardare, si chinò sulla sua tazza di tè. Quindi il trillo del comunicatore lo distrasse: si volse alla telecamera, e prese la chiamata; il sottufficiale in servizio alla centrale radio gli disse che c'era in linea qualcuno che voleva parlargli.
    Tom fece un cenno col capo e portò la tazza alle labbra, sicuro che sarebbe stato o Demitchev o qualche suo sottoposto a cercarlo; però sullo schermo alla faccia beota del sottufficiale un pò annoiato si sostituì l'opera d'arte naturale del volto di Yayoi.
    -Carissimo Tom... come stai?

    Lui ebbe un sussulto e gocce di liquido bollente debordarono dalla tazza scottandogli mento e mano. Si riprese, delicatamente posò l'incomodo e le sorrise moderatamente.
    "Stare, stare... stare che? Io non sto mai, io sono sempre in viaggio, in fuga: anche ora, ti sembro immobile con la mia nave, ma su questa grande giostra del cosmo, prendendo te come punto d'origine del mio sistema di coordinate, ti starò fuggendo a centinaia di chilometri al secondo, e la frequenza ultraterrena della tua voce deve sottostare ad un filtro dell'effetto doppler, per arrivarmi inalterata. Punto d'origine del mio spazio-tempo, punto d'arrivo di tutte le invisibili parabole delle rotte che traccio nel mio universo. Forse avresti dovuto chiedermi: Carissimo Tom... dove fuggi?"
    -Yayoi... che piacere risentirti, dopo tanti giorni! Sto bene, come vedi.

    Lei attaccò una ramanzina scherzosa:
    -Potevi anche fare lo sforzo di cercarmi te, però. Ti devo sempre venire a scovare chissà dove!

    "Sì? Dici? Sì. Mi hai scovato di nuovo anche stanotte, mi scovi ogni notte dovunque vada. Quando vorrai infine darmi un pò di riposo? Continuerò a vederti anche nel sonno da cui non c'è risveglio? No, forse allora riavrò la tranquillità perduta. Se sapessi che tu mi fai desiderare ed aspettare la morte! Cosa ti farebbe fare allora la tua amicizia?"
    -Hai ragione, sono stato il solito screanzato. Avevo mille occupazioni per la testa e non ho saputo trovare un momento da dedicarti.
    -Che occupazioni?

    "Cose da nulla. Rischiare di morire in battaglia e scoprire che qualcuno della nostra Marina s'è venduto. Da nulla in confronto alla guerra che tu senza saperlo mi fai combattere, o forse lo sai, ma vuoi sentirti amata e mi tieni aggiogato. Ma la tua volontà è la mia, e forse lo sai. Sono solo costretto a mentirti perché il mio dovere è contribuire alla tua serenità, e se ti dicessi cosa è successo davvero, otterrei l'effetto contrario. Un'altra goccia di menzogna nel nostro oceano, non farà grande differenza, Mia Signora."
    -Abbiamo dato la caccia ad un gruppo di navi corsare, e li abbiamo ingaggiati e sconfitti. Un'operazione nella norma, ma abbastanza intensa da togliermi il tempo di cercarti.
    -Davvero? Avete combattuto?

    "Che cosa vuoi sapere? Tu che non hai avuto mai, non hai e mai avrai un nemico, perché vuoi sapere del nostro dolore? Perché vuoi sapere? Vuoi forse che sentendo raccontato dalla mia voce il tremore buio della battaglia, traspaia la forza di quella che io combatto ancora e sempre ed anche ora? Di salva in salva sgranavamo la morte d'altri uomini e spegnevamo loro le stelle, io l'ho ordinato, vorresti che ti parlassi così? Vuoi davvero sapere che il tuo mite amico ha annullato mille vite e forse più?
    E le nostre armi tuonavano e squassavano il ponte sotto i miei piedi, io gli ordinai di sparare, il fuoco ci ha avvolti che mi parve di sentire l'urlo dei morenti ed il mio che mi rialzai per gridare nel mio vuoto ancora più forte che la fiamma e la bocca rovente del cannone che TI AMO!!!
    Ho sentito e gridato la loro morte, e la mia.
    Sicura di voler sapere tutto questo? Tu non navighi, non sai quanto neri possano essere i cosmi, fuori e dentro di noi. Prego per te che tu non lo sappia mai."
    -Sì, una breve battaglia. Serrando le distanze per non farli sfuggire abbiamo avuto danni leggeri dal loro fuoco, ma nulla di cui preoccuparsi. Faremo ritorno quanto prima.

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