Era ‘Ol Piero’, era nessuno, un fanciullone
corpulento col cervello da bambino.
Come l’alba sempiterna di un mattino
lui sognava il Grande Evento, l’Occasione.
La cercava nella terra, dentro ai buchi,
si calava nelle viscere con zelo:
una torcia da ciclope, un sacco a pelo,
là nel buio pareggiava conti e duchi.
“Io lo so che là sui colli, ben nascosta
c’è l’entrata della Grotta delle Grotte
che si perde dove il giorno si fa notte.
Per sfuggirmi, io lo so che lei si sposta.
Non è una, ma son cento le caverne
collegate da cunicoli e pertugi:
son servite per millenni da rifugi
per sfuggire alle invasioni d’orde esterne.
Io lo so che c’è quel posto, son convinto
Serve solo un po’ di soldi e di pazienza
ma alla fine nella Storia e nella Scienza
il mio nome splenderà d’oro dipinto.”
Anno su anno, senza posa, con tenacia
lui s’intrufola dovunque trova un buco.
Per gli amici ed i parenti è solo un ciuco,
lui se trova un nuovo ingresso se lo bacia.
Quasi quasi vive ormai come una talpa,
poco manca che si cibi di radici.
Sottoterra vive spasimi felici.
Sogna. E i sogni son la nave su cui salpa.
Una vita spesa per una caverna,
per lasciare il proprio nome nella Storia.
Alla fine ebbe il suo buco senza gloria:
ben due metri coltivati a pace eterna.
Ora Ol Piero è la che vaga non so dove
con la sua lanterna accesa notte e dì:
sorridente narra a tutti che scoprì
quella Grotta … ma non ha lasciato prove!