Avevo bisogno di sentire il profumo delle rose...
Affannata, con i piedi scalzi, arrivai al cancello di legno. I cardini arrugginiti mi cigolarono il loro disappunto, non sentii... Colsi un bocciolo, ne ammirai la perfezione e con le narici ne feci mio l'odore... Non mi bastò.
Raccolsi rose con le mani, spremetti petali, me li spalmai sul viso, sulle labbra, sul collo, avvolta dal sentore delicato e profondo.
Io. Sola.
Una goccia di sangue cadde sulla pietra grigia e stanca a formare un fiore vermiglio. Da un dito era caduta. E mi ritrovai tradita dai miei fiori, ammaliata da tanto splendore e d'un tratto ferita, senza scuse nè accortezze. Io impulsiva, io incauta, ma loro bugiarde.
Guardandomi attorno mi sorpresero rovi e spine, punte e aculei, che avevo sempre guardato, ma mai avevo visto. E fu in quell'istante che mi accorsi che gli occhi, infondo, vedono solo ciò che vogliono, il resto lo dimenticano, solo sfondo sfocato.
Punta e compunta fuggii. Le lacrime non sfidavano il vento, ma amare scendevano lungo la gola, un peso nel petto rallentava la mia corsa. Ma io non mi voltai, mai. Lasciai i miei sogni rinchiusi in quel giardino, dietro al cancelletto bislacco.
Non ebbi il coraggio di tornarci mai più.