In un libro Natascha Kampusch racconta i suoi 3.096 giorni di prigionia
“3.096 giorni“. E’ questo il titolo del libro scritto dalla protagonista di una delle storie che ha avuto più eco sui giornali internazionali negli ultimi 12 anni, Natascha Kampusch. A quattro anni dalla sua liberazione, la giovane donna racconta in un autobiografia la sua lunga prigionia: 8 anni, dal 1998 al 2006. Otto anni in cui lei è cresciuta ed è diventata una donna. Tolta alla vita di tutti i giorni da un maniaco a soli 10 anni e restituita al mondo ben otto anni più tardi. Un’adolescenza svanita in un vortice di violenza e di orrori.
Natascha Kampusch
In quasi trecento pagine, Natascha racconta la sua prigionia a partire da quel 2 marzo 1998, quando fu sequestrata da un maniaco mentre andava a scuola in una città a pochi chilometri da Vienna, Strasshof. E la storia si conclude otto anni dopo, quando riesce a liberarsi, il 23 agosto 2006. Il racconto struggente di una bambina che all’improvviso si è ritrovata ad essere donna, senza poter attraversare quel periodo fondamentale della vita di ognuno che è l’adolescenza. L’incubo più grande che Wolfgang Priklopil, il suo carceriere, le ha lasciato.
Il libro, di cui in un’intervista al quotidiano inglese “Daily Mail” Natascha rende note alcune parti, uscirà nelle librerie mercoledì prossimo e già si parla di bestseller: 50.000 le copie della prima edizione, un numero notevole. Qui Natascha racconterà la sua “vita” in 12 metri quadrati di stanza, costretta a frequenti violenze, resa schiava e vittima di vessazioni fisiche, psichiche e di abusi.
Al “Daily Mai” la ragazza racconta come l’uomo che la teneva prigioniera la picchiava più volte al giorno fino ad arrivare a 200 in una settimana e abusava frequentemente di lei, dormiva ammanettato a lei e la cotringeva a radersi i capelli e a fare le pulizie seminuda. Lo stesso uomo che, il giorno in cui Natascha è riuscita a liberarsi, si è suicidato.
Ma soprattutto questo è il libro delle paure di Natascha durante la sua prigionia. La paura di essere dimenticata in quella stanza, luogo “freddo, buio, disgustoso“, la paura di non potersi mai liberare. Per il suo aguzzino lei era Bibiana, spiega la Kampusch. E forse questo sdoppiamento di personalità le ha permesso, col tempo, di raccogliere tutte le forze che le sono servite, otto anni più tardi a scappare e a correre “tanto velocemente quanto i piedi mi consentivano“. Forza necessaria per strappare di mano ad un criminale la sua stessa vita.
Pensate di leggerlo?
Io sì, mi interessa come genere.
Da voi è già in vendita?
Io ho chiesto in tre librerie quì a Palermo ma ancora niente...