Gianastolfo Epulone era così povero, ma così povero che un bel giorno si mise a rapinare le banche del seme: “Almeno –disse agli amici – potrò coltivare la speranza di un domani migliore”.
A via di non mangiare era diventato così magro, che la sua immagine non si vedeva riflessa nello specchio. Quando morì, si portò sottoterra tutti i suoi arretrati di fame; quando, dopo 30 anni, lo dissotterrarono, lo trovarono più florido che da vivo: si era mangiato tutti i vermi nel raggio di un chilometro cubico.
Ma torniamo a quando era ancora in vita; per quanto …… Era così nullatenente, che nel suo vocabolario non esistevano né il verbo ‘dare’ né il verbo ‘avere’: non avendo niente, niente aveva da dare.
Per sopravvivere, quando ne aveva la possibilità era costretto a mangiarsi con gli occhi le donne nude sui manifesti pubblicitari. I periodi più duri per lui erano le campagne eletorali.
Per anni e anni visse ridotto così male, che gli faceva la carità anche la sua ombra. Finchè non morì di stenti pure lei. D’estate, per raggranellare qualche soldo, bazzicava le spiagge affollate e, prima che morisse, faceva prostituire la sua ombra con gli ombrelloni.
Purtroppo per lui, la miseria fu l’unica eredità che gli lasciò il padre, che riuscì a non morire di fame solo suicidandosi.
Gianastolfo, invece, per non sentire i morsi della fame, a volte si metteva nelle orecchie i tappi di cera, a volte raccoglieva tutta la forfora grassa che trovava in giro, la faceva essiccare e poi la masticava a mo’ di coca. Che schifo! – direte voi: era sempre meglio che farsi cagare sulla lungua dai piccioni tanto per avere qualcosa da mettere sotto i denti.
In gioventù, per lunghi periodi gli riuscì di sopravvivere nutrendo uno smisurato orgoglio: perlomeno, si sentiva pieno di sé.
La sua fama di morto di fame si era così estesa, che Pannella, durante i suoi lunghi digiuni, gli lasciava cadere le briciole dalla finestra.
Cone tutti i maschi, aveva le sue esigenze; però, quando andava a ******* era costretto a pagare in natura.
Di suo era una persona onesta, ma era così indigente che non riuscì mai a mantenere la parola data.
Non si può dire che non fece mai niente per uscire dal suo stato di nullatenente: ogni tanto si faceva investire sulle strisce pedonali, nella speranza che fosse un investimento fruttuoso. Ma regolarmente veniva investito anche dai tracolli di Borsa.
Naturale che, in uno stato così miserabile, sentisse il bisogno di autocommiserarsi, ma doveva farsi prestare le lacrime dai salici piangenti per piangere su se stesso.
Parliamoci chiaro: ma chi se ne frega di uno così?!
Figuratevi che era così povero, ma così povero, che per sopravvivere un po’, si vendette l’ero e morì pov.
(*) I poveri mica possono permettersi una biografia!