Alle volte ho la vescica così gonfia ma così gonfia, che se ci dipingo sopra un po’ di barba me la scambiano per Giuliano Ferrara.
Un paio di anni fa, ora più ora meno, non ce la facevo più a tenerla e non c’era mezzo di svuotare la cisterna dove mi trovavo. Tè che proprio in quel momento ti passa di lì un accelerato: siccome la vescica mi si sta gonfiando come il debito pubblico italiano, non guardo nemmeno dove va e salto su al volo. Mi schianto nella toiletta e tolgo la sicura. Aaaaaaahhhhhhhh! ne mollo tanta che al treno devono mettere il salvagente per farlo restare a galla.
HHHHHHHIIIIIII!!!!!!! Sto mollando l’ultimo mezzolitro, che il treno inchioda proprio in stazione; salto giù leggero come la scatola cranica di una velina, convinto di essere sì e no a Viterbo. Infatti, leggo il cartello: Asti Gange! osti, ridendo e pis*i*ndo sono arrivato in India! Ho letto in Internet che questo è il paese dove imbottigliano l’acqua del fiume sacro e ci mettono l’etichetta ‘Asti spumante’. E’ che tanti anni fa gli indiani si sono visti arrivare tra le pa**e tonnellate di giovani italiani fumati persi, che si erano bevuti il cervello alla ricerca di se stessi. Da allora sono convinti che noi ci beviamo tutto.
Io, la prima vacca sacra che vedo mi viene un’idea bestiale: metto su al volo un’importazione di scatolette di carne simmenthal per venderle come reliquie. Ogni dieci scatolette da 250 grammi gli regalo una di quelle che se le giri e rigiri senti il verso della mucca: MMMMMUUUUUHHHHH!!!!! L’indiano resta sconvolto, perché la vacca indiana muggisce in sanscrito. E si sa che l’uomo se non capisce cade nello stupore, come quando parla Prodi.
Col fatto poi che la gelatina si squaglia, ho messo in giro la voce che era roba tipo il miracolo di san Gennaro, che ho ribattezzato ‘miracolo di Gangennaro’. .
In India le pratiche burocratiche sono di una lentezza tale che Gandhi ha dovuto inventare la nonviolenza, se no gli indiani facevano su un macello. Che è contro la loro religione. Sta di fatto che in India si fa tutto in fila indiana.
Però io qui sono come i marocchini da noi: metto giù il mio banchetto senza tante menate, con l’insegna “No al fanatismo, sì a una giusta simmentalità religiosa”. C’è il problema del clima: il caldo mi squaglia la gelatina – e Gangennaro deve fare il miracolo solo nella festa di Acchànisciunefèsso.
Per risparmiare sul frigorifero, ho chiesto aiuto a un mio amico guardia svizzera: mi sono fatto mandare le registrazioni di tutti i discorsi di papa Ratzinger e le sparo a tutto volume sopra le scorte di scatolette. Quelle, gli viene i brividi e restano fresche.
Tò che un bel giorno, mentre sto contrattando una grossa partita di reliquie con il marajà di Vhattelapescà, chi ti vedo?! il Don Backy, quello del Clan di Celentano: 30 anni dopo i Beatles, c’ha avuto anche lui la sua bella crisi mistica, è fuori come un balcone in crisi mistica. Mi racconta che prima di iscriversi ai corsi di induismo del CEPU ha provato con ‘Il buddismo fai-da-te’ a dispense. Però quando ha raggiunto l’illuminazione s’è dimenticato di spegnerla e l’ENEL l’ha mandato in bolletta.
Per vendicarsi, ha telefonato a Beppe Grillo per chiedergli di montargli i pannelli solari. Il Grillo era impegnato nell’assemblea di condominio per decidere la data delle primarie in vista delle elezioni del capocondomino; così, ha frainteso e gli ha risposto che lui non fa il dentista, non monta i molari.
Il Don Backy mi racconta che prima di venire qui, per purificarsi faceva tutti i giorni a piedi la A3 Salerno-Reggio Calabria, lavori in corso compresi. Una sera, mentre procedeva a passo d’uomo per il gran traffico, ha dato un passaggio a un vecchietto, che gli ha detto di chiamarsi Ciriaco De Mita. Lui ha capito ‘celiaco’, si è impietosito e per confortarlo gli ha parlato della sua crisi mistica: in pratica, non voleva più fare il Don. De Mita, che tutto si può dire, tranne che non è di Benevento, gli ha detto: “Se vuoi ridrovare de sdesso, brova gon la madonna di Bombei”.
Detto fatto, eccolo in India.
Ha girato tutta Bombay, , ma le uniche madonne che ha trovato sono quelle che ha tirato giù lui quando tutti gli chiedevano l’autografo di Celentano. Per campare, prima ha venduto i suoi dischi, poi anche quelli del suo padrone di casa. Ha provato a fare la vacca sacra, ma con l’erba che gli davano gli usciva il fumo anche dalle orecchie. Adesso campa facendo il santone. Siccome si è stancato di girare l’India, ha deciso di girare un film: aveva pensato a un cortometraggio sulla sua crisi mistica: “La fuga di Backy”, ma poi ha deciso per ‘Santone e i filistei’. Colonna sonora di Elio e le storie tese. Inizialmente doveva esserci la Philarmonic Orchestra di Monteporzio Catone, ma durante le prove, a forza di provarci con tutti, gli è rimasta incinta la Direttrice d’orchestra e sono rimasti a piedi. Monteporzio Catone-Bombay a piedi è lunga e hanno dovuto rinunciare.
Elio e le storie tese si sono offerti di sostituirli , distrutti dai sensi di colpa per aver messo incinta la Direttrice, trasformati in branco selvaggio dall’assunzione prolungata di puntate di Zelig.
Elio, una sera che ci stavamo facendo una canna da Zucchero (scusate se urlo, è per far sentire la Z maiuscola), mi ha spiegato che non è facile mettere su una colonna sonora come si deve. La tonalità, per esempio, dipende dal marmo che usi: Fassbinder usava spesso colonne di marmorto.
Capisco che il livello è piuttosto bassino ma lo sapete anche voi che il livello del Mar Morto è sotto il livello del mare. La battuta in sè è cretina, ma noi oggi abbiamo una diversa sensibilità verso i diversamente intelligenti.
Nelle pause di lavorazione della colonna sonora, tra una simmenthal e una canna, Elio spiegava a Don Backy (che qui si fa chiamare Guru Backy) che nel Mar Morto si pescano solo le acciughe sotto sale; gli altri pesci non sopravvivono: gli prende la depressione e si suicidano buttandosi in acqua.
L’essere umano italiano, al contrario, quando cade in depressione va in India a rompere i co***oni alle vacche sacre. Ce n’è di quelli, ignoranti come i foruncoli del c**o di Cal***oli, che vorrebbero mungerle, convinti che con il latte sacro si faccio quello yogurt che gli indiani chiamano yoga: in mancanza di fermenti spirituali, si accontentano di quelli lattici.
Per tornare a bomba, un giorno la dea Kalì ha sentito Guru Backy che salmodiava le sue orazioni: gli ha messo addosso le mani e gli ha gridato: “Andate a lavorare, barboni!”
Lui per lo spavento c’è rimasto così male ma così male, che ha avuto una pol*u*i*ne notturna in pieno giorno e ha macchiato indelebilmente i muta***mi di lana dono di Celentano per questo viaggio. Poi ha preso su i suoi quattro stracci e si è trasferito in Tibet. Adesso fa il Lama e sputa sentenze.
Ha un grande sogno: sfondare nella Hit Parade tibetana. Con tre frikkettoni di Vicovaro Mandela ha messo su un complessino che si chiama ‘Yak lo squartatore’ perché sgarano i timpani. I monaci tibetani hanno risposto con i cimbali ma non c’è storia: Guru Backy c’ha dentro la carica esplosiva di una supposta di nitroglicerina che ha vissuto un raduno di le*h*sti a Po*t*da.
Toccherà farmi revisionare la vescica, perché poi raccontaglielo te alla moglie che sei stato via una settimana in India con Guru Backy. Capace che ti risponde: “Sì, i 24.000 bachi che c’hai in testa tu!”