Da appassionato lettore della Bibbia, a volte vengo colto da dubbi inquietanti: la vicenda della mela, andò veramente così?
Io mi son fatto la mia idea.
Eva disse ad Adamo: “Te la do, se tu mela dai”. Lui accettò e ne nacque la prima forma di baratto.
Per la precisione, si trattò di un baratto orto-frutticolo: Eva offrì ad Adamo la pisella-prugna-patatina, in cambio della fava-pisello - più la mela.
Eva amava molto frutta e verdura ed avrebbe volentieri effettuato baratti con altri coltivatori - ma l’unica bancarella era quella di Adamo. Dovette accontentarsi della solita zuppa.
E il serpente che offre la mela ad Eva? Un’abile mossa pubblicitaria di Adamo per farle venire l’acquolina in bocca – con tutto quel che ne poteva conseguire.
Pubblicità scorretta? Evvia, si sa che i messaggi promozionali sono sempre striscianti.
Una mela tira l’altra, nacquero Abele e Caino. Il babbo non ebbe difficoltà a riconoscerli per suoi: entrambi presentavano un vistoso pomo d’Adamo. Gli venne anche il dubbio che la mamma non avesse digerito del tutto le sue prestazioni.
Il battesimo dei due pargoli non fu cosa semplice: come chiamarli? Adamo propose di chiamarli con un fischio, ma Eva, attenta lettrice della Sotis, respinse sdegnata la proposta. Come nomi, a lei piacevano: Piersilvio, Pierferdinando, Pierpaolopasolini, Carloazeglio, Lucadimontezemolo, Giorgdaboliù e simili.
Adamo, meno raffinato, puntava su Ugo (facile da chiamare), Lionello (che in antico ebraico significa: figlio del re della foresta), Gasparre (dalla radice sanscrita: gspr, che significa: la bellezza non è tutto, l’intelligenza è niente).
Essendo domenica (giornata standard per le cerimonie), le biblioteche e le librerie erano chiuse: niente dizionari dei nomi.
Morale: mentre si recavano al fonte battesimale, incrociarono il celebre ‘Casinò Babele’ e, pur di non darla vinta l’uno all’altra - e viceversa, decisero di chiamare i loro figli: Casino e Babele.
Il solito impiegato dell’anagrafe pasticcione fece sì che alla storia venissero consegnati Caino e Abele.