Scambiato per pirata delle strada, linciato, ridotto in fin di vita. E ora, dopo qualche giorno in terapia intensiva, Gianfranco Gargiulo è fuori pericolo ma resta ricoverato al reparto di neurologia subintensiva del Gemelli.
Una storia degli equivoci, secondo i parenti della vittima, con un finale tragico. Giovedì scorso, il 9 aprile, Gianfranco Gargiulo, stava tornando a casa dopo il lavoro a bordo della sua macchina. In via dell´Acqua Fredda, all´incrocio con via Boccea, si sente male. Una crisi ipoglicemica gli fa perdere il controllo dell´auto. E lo fa urtare contro un altro veicolo, la macchina si cappotta e va a sbattere contro altre vetture. Scatta una reazione a catena e l´incidente coinvolge in tutto 11 mezzi.
La velocità era ridotta, i feriti sono tutti lievi, compreso Gargiulo. Che, però, poco lucido per il malore o forse impaurito per la reazione degli altri automobilisti, decide di incamminarsi verso casa. «Mi sentivo morire - ha detto al fratello - volevo tornare a casa dalle mie bambine». Ma nemmeno il tempo di allontanarsi e viene aggredito da alcune delle persone coinvolte nell´incidente. Pugni, calci, insulti. A cui si uniscono anche quelli di alcuni passanti. Lo accusano di essere un pirata, di aver tentato di scappare. E viene lasciato in terra con un trauma cerebrale per cui ha subito un intervento di quasi quattro ore. Lo ritrova la polizia e quando arriva al Gemelli è in fin di vita.
Ma l´agonia non è finita. Continua il giorno dopo quando giornali e televisioni parlano di un pirata della strada che ha causato un incidente in zona Boccea. A quel punto i parenti di Gargiulo decidono di raccontare la loro versione. «Mio fratello è un ingegnere, un padre di famiglia con due bambine piccole, una bravissima persona - dice Corrado - non ha mai preso una multa. Non è un pirata della strada, non sarebbe mai scappato. E se è successo tutto ciò è solo perché si è sentito male». E le analisi del sangue a cui è stato sottoposto rivelano una anomalia glicemica, ma nessuna traccia né di alcol, né di droga. In compenso, per le botte, oltre a un trauma cranico, ha lividi sul viso, sulle braccia, sulla schiena.
«I giustizieri della strada - spiega la cognata - dovrebbero andare al Gemelli e guardare negli occhi lividi e gonfi il pirata giustiziato e spiegarci come e quando hanno deciso di credere che la giustizia che condanna la violenza si deve servire della violenza per trionfare e spiegare com´è possibile che un uomo venga pestato a morte solo perché a 1 km da casa ha avuto un malore».