Sta scritto nel Vangelo dei cristiani:
“La destra ignori quel che fa mancina”
e questa sia alla destra clandestina.
E’ noto che si parla delle mani.
Invece, nella culla dei bigotti,
l’Italia dei DC e dei papalini,
la Destra e la Sinistra sono affini,
si copiano nei modi e anche nei motti.
Se nel PD starnazzan tanti galli,
per quanto sia il pollaio piccolino,
nel PDL alligna ugual casino.
E come se li pestan, piedi e calli!
L’unione fa la forza e fa vittoria
finché c’è da intortare l’elettore;
ma quando l’ambizione va in calore
e quando in scena va la pappatoria
li vedi contro gli uni gli altri armati,
le zanne camuffate da sorriso,
artigli sfoderati all’improvviso,
leghisti contrapposti ai camerati.
Gianfranco vuol l’Italia forte e unita,
magari pilotata da un ex fascio,
un néro, non però perche malgàscio
ma pér quella sua stòria mai sopita,
per quella voglia ancora di regime,
di régolare i conti con quel veto
quell’ ànti- che sortì piazza Loreto
e dargli una risposta per le rime.
Per quélli invece délla Lega Nord
il pàrtigiano è mòrto e il fascio ànche;
per loro contan solo le palanche:
via dà Roma ladròna – e sei un Lord!
L’Italia è una geografica espressione
voluta dalla Juve e dai Savoia
e pòi da quei del “Chì molla è un bòia!”
Ma Umberto porterà la secessione.
Finché c’è il Cavaliere, tutto OK,
invita a cena il Fini con il Bossi:
agli ùni da la pélle, agli altri gli òssi,
però serviti s’ùn letto di sghei.
Lui tiene tutti quanti col guinzaglio,
oppur mi vien da dire col Manzoni
li regge come fossero capponi
che nel beccarsi emettono anche un raglio.
E intanto lì tra loro Gianni Letta
con quel suo far gentile un po’ così
gli mormora: “Da bravi, dite sì,
che pòi zio Silvio vì da la paghetta!”.
Insomma, è baraonda a destra e a manca:
si litiga, si bercia, si discute.
Così le istituzioni van fottute,
lo Stato tira su bandiera bianca.
Ma no! ci son Casini e l’UDC
compàtti e saldi còme un Pancia Sàncho.
Il motto è pronto già per il rilancio:
“Divìsi si, ma déntro la DC!”