La figlia di Guido Rossa ai giudici: liberate il killer di papà, è cambiato L’appello di Sabina Rossa, figlia dell'uomo ucciso dalle Br nel 1979. «Guagliardo si è ravveduto»
Sabina Rossa (Ansa)GENOVA — Ventinove anni fa Vincenzo Guagliardo sparò, per primo, nell’agguato mortale delle Br a Guido Rossa. Oggi Sabina Rossa, figlia del sindacalista, chiede che gli sia concessa la libertà condizionale: «Avergliela rifiutata — dice — è un’ingiustizia ». Sabina, deputato del Pd, chiede di parlare con il giudice che ha respinto la richiesta perché l’ergastolano avrebbe dimostrato «un’assenza di reale attenzione» per le vittime. «Non è vero—dice Rossa —. Io ho incontrato Guagliardo nella cooperativa dove lavora in semilibertà, credo nel suo ravvedimento e lo voglio testimoniare. Ha scelto il silenzio, per tanti anni, perché non si pensasse che chiedeva perdono per tornaconto, per ottenere dei vantaggi. Me lo ha spiegato. Anzi, la prima volta che per telefono gli ho chiesto di incontrarlo mi ha detto di no per questo motivo».
Sabina Rossa ripercorre quei giorni di novembre del 2004, da quella prima telefonata di rifiuto cui lei fece seguire una lettera: «Gli ho scritto che me lo doveva, che non poteva tirarsi fuori: con me, ho scritto, non te lo puoi permettere. Mi richiamò lui». Sabina racconta del tempo passato a leggere «venti faldoni sull’omicidio di mio padre. Per la prima volta vidi le fotografie. Dopo tanto tempo in cui non avevo voluto sapere, ora volevo sapere tutto. Nei dettagli, chi aveva sparato, i fori di entrata e di uscita dei proiettili...». Guagliardo aveva sparato per primo: «Volevo sapere perché quello che doveva essere un ferimento era diventato un omicidio. Ma su questo non mi seppe rispondere ». Un incontro apparentemente piano, ma crudo, senza finzioni: «Ci siamo dati del tu. Mi ha detto: io sono quello che ha sparato alle gambe. Gli ho risposto: non ti preoccupare, lo so».
Sabina Rossa è chiara nel giudizio e nelle parole: «Io non cerco vendetta, né mi compiaccio della sofferenza degli altri. Per me gli ex brigatisti sono persone e non reati. Sono contraria al fine pena mai, il carcere deve mirare alla riabilitazione e credo che Guagliardo abbia pagato, con 28 anni di carcere, il debito con la società. Quello che ha fatto ame è un’altra cosa, è su un altro piano e appartiene a me. Non abbiamo parlato di perdono, è una parola che mi infastidisce, riduce tutto a vuote formule e spettacolo, lui non l’ha chiesto né io l’avrei dato. Mi ha detto: davanti a te mi sento in colpa». E ora, per lui, la figlia del sindacalista ucciso chiede la libertà. Eppure due giorni fa si è dichiarata offesa dalla decisione di Sarkozy di non estradare l’ex terrorista Petrella: «Non c’è contraddizione—risponde —. È necessario riconoscere le responsabilità, anche individuali, e ognuno deve pagare il suo debito. Guagliardo l’ha fatto. Io... io rispetto il suo percorso umano ».
Rossa non approva la legge che prevede l’incontro delle vittime con gli ex terroristi prima di concedere certi benefici: «Trovo che sia una forzatura. È qualcosa di molto pesante chiederci una cosa simile. Ma visto che la legge c’è, allora è giusto che ci stiano a sentire e il nostro parere deve contare. Non lo penso soltanto per Guagliardo. Sono già andata a parlare con un giudice perché concedesse la libertà condizionale a un altro ex terrorista». Ha ottenuto un risultato? «Sì». Si trattava di Luca Nicolotti, uno dei capi della colonna Br di Genova, ex responsabile dell’Italsider, la fabbrica dove Guido Rossa era delegato sindacale. Sabina Rossa lo ha incontrato. «Voglio la verità—dice—soltanto così, con la verità e la giustizia si potranno superare quegli anni
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e giusto perdonare come in questo caso oppure no?
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ma allora in questo caso è utile chiedere l'estradazione della terrorista BR
anche se ammalata e perdonare per il male che ha fatto visto che e passato molto tempo?