Un'omicida è un omicida e una vittima è una vittima, a prescindere dalla rispettiva razza, religione, luogo di nascita...
Giovane cinese massacrato e decapitato
Aveva 17 anni L’omicida sarebbe un amico VILLASIMIUS. L’assassino si è accanito per almeno 4 ore durante la notte con ogni sorta di arma sul corpo del ragazzo cinese di 17 anni che dormiva spesso in quel caseggiato della zona industriale, affittato da un dipendente dell’unico distributore di benzina di Villasimius. L’omicida, forse, è stato preso: Francesco Loi, 28 anni, figlio dell’affittuario, trovato nella sua auto in stato confusionale.
Il medico legale Francesco Paribello dirà quale dei tanti e diversi colpi ha ucciso Shaolong Lin, residenza regolare in Italia, nativo della città cinese di Fujan e, diceva ieri a Villasimius la zia negoziante nella via Roma, figlio di magistrato. Il povero ragazzo è stato decapitato, la testa infilata in una busta di plastica e buttata assieme al corpo su un ammasso di letame della proprietà confinante, dove si allevano maiali e mucche. Il presunto assassino l’hanno trovato i carabinieri della compagnia di San Vito poche ore dopo dalla telefonata degli operai della nettezza urbana che, dallo spiazzo più in alto rispetto all’allevamento di animali, hanno notato il biancore di un corpo nell’ammasso scuro dei liquami. Francesco Loi era in un viottolo nella periferia del paese: è sospettato di aver ucciso il giovane cinese e, nel rischio di una sua fuga (peraltro tentata, stando alle testimonianze), i carabinieri agli ordini del capitano Massimiliano Corsano di San Vito e del collega del nucleo provinciale di Cagliari Giuseppe Donnarumma, lo hanno fermato quale indiziato di delitto. Il capo di imputazione esatto sarà formulato dopo la perizia necroscopica e gli accertamenti del Ris, il nucleo scientifico dei carabinieri, al lavoro nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Mauro Mura. Ieri durante la conferenza stampa convocata al comando provinciale, gli ufficiali hanno rimarcato più volte la delicatezza della vicenda sul piano investigativo: si tratta di un omicidio efferato per la brutalità, mai vista «non solo in Sardegna», ed evento sconosciuto a Villasimius, paese famoso finora solo per il parco marino e per le migliaia di turisti che d’estate scelgono di trascorrerci le vacanze. Francesco Loi, nato a Cagliari, residente a Elmas e domiciliato a Villasimius, risulta avere precedenti penali per rissa e lesioni personali, sarebbe un patito di boxe, ma chi ha visto le condizioni in cui è stato ridotto il corpo del giovane cinese spiega che in questo omicidio c’è altro su cui lavorare con tutti i mezzi investigativi a disposizione. Stando alle testimonianze raccolte, capitava spesso che il giovane straniero dormisse nel capannone. Formalmente affidato alla zia paterna (il ragazzo era minorenne), d’inverno studiava all’istituto commerciale «Martini» di Cagliari e d’estate racimolava qualcosa con lavori occasionali, come quello nella pompa di benzina del paese. Conosceva i Loi, aveva dormito spesso nel capannone dove si ricoverava anche Francesco: testimoni hanno dichiarato che, la notte di domenica, prima uno e poi l’altro erano andati a dormire lì. Nel caseggiato c’erano alcune brande e materassi, ma i carabinieri non hanno trovato disordine o altri segni di una possibile colluttazione. L’assassino ha infierito sul petto e sulla testa, la perizia accerterà se e quanto il povero giovane abbia sofferto, le ferite risultavano procurate da armi da punta e da taglio, tutte ritrovate seghetto compreso. L’azione dell’omicida è andata avanti per ore, ma tecnicamente non si può parlare di torture perché gli investigatori hanno rilevato che ciascuna delle ferite era di per sé gravissima e forse mortale: è verosimile che Shaolong Lin abbia perso i sensi al primo colpo. I carabinieri hanno raccolto parecchie tracce che renderebbero evidente il lavorìo successivo a questo delitto dai connotati maniacali: l’assassino ha cercato di lavare con l’acqua il molto sangue sparso; ha tentato di nascondere il materasso dove probabilmente ha mozzato la testa; il corpo, con le sole mutande addosso e massacrato per ore dentro il capannone, l’ha buttato in un terreno vicino. Gli indumenti della vittima sono finiti tutti dentro il suo zaino e anche questo non è stato lasciato dov’era, certo vicino al letto del povero Shaolong: l’ha ritrovato un passante nella cunetta della strada per Castiadas, lungo la corsia di marcia opposta al lato in cui si trova il capannone. Insomma, le prime evidenze disegnerebbero la scena terribile di un assassino inferocito che, poi, vuole eliminare tutti gli elementi in grado di portare gli inquirenti sulle sue tracce. Secondo i carabinieri non c’è riuscito perché ha scelto soluzioni tanto grossolane quanto atroci. Loi non sembrava sorpreso quando ha visto i carabinieri avvicinarsi alla sua auto e chiedergli di seguirlo in caserma, gli ufficiali non escludono il «raptus criminale», si raccolgono informazioni anche sullo stato di salute mentale dell’uomo, ma il movente del delitto resta nebuloso. «All’assassino è parso di aver subito qualcosa da parte della vittima e questo ha scatenato la sua furia», dicevano gli ufficiali, attenti a non andare oltre. Si valuta anche il «profilo passionale». Ma neppure questo sembra sufficiente a spiegare una brutalità che ha avuto bisogno di troppo tempo prima di esaurirsi. Gli ufficiali l’hanno detto: un omicida di questa natura non uccide una volta sola.
LA NUOVA SARDEGNA, 22 agosto 2006