Dopo che Prodi al convegno di Confindustria si è impegnato a ridurre di 5 punti il cuneo fiscale in un anno,operazione che ha un costo stimato di 10 milioni di euro,ha ribadito che una parte delle risorse circa 2.5 milioni deriverà
dall'aumento dell'imposizione fiscale sulle rendite finanziare,mentre per il resto delle risorse finora è buio assoluto,ma non è difficile prevedere che come al solito sarà reperito mettendo le mani nelle tasche dei cittadini.
A parte che tagliando il cuneo fiscale si risolve poco o nulla per le aziende che sono in competizione con i paesi emergenti,dove il costo del lavoro è 20 volte inferiore,diventa un problema per i lavoratori il taglio degli oneri contributivi che incideranno eccome al momento di andare in pensione.
Le aziende ad alta tecnologia
e competitive invece non hanno certo bisogno di questo regalo.
Tornando alla tassazione delle rendite finanziare,in queste sono compresi i titoli di stato(Bot CCT ecc.)con i quali è finanziato il debito pubblico,siccome se ne rinnovano +o- circa 300.000 ogni anno su circa 1.800.000
circolanti si comprende bene
che con la nuova tassazione non si puo' reperire in un anno 2.5 milioni,allora molto probabilmente si interverrà per decreto su tutti i titoli
in deposito,con effetto retroattivo,violando così il patto fiscale tra lo stato e gli investitori,poichè i risparmiatori e investitori ci penserebbero prima di rinnovarli con la nuova aliquota.
Si è detto che fino a una certa cifra non sarà aumentata la tassazione forse 50 o 100.000 euro,ma questo comunque creerà disagio ai cittadini in quanto sarebbero costretti a dichiarare le cifre investite per evitare la maggiore imposizioni.
L'impatto sui risparmiatori "traditi" dall'aumento della tasse su bot e cct genererà la probabile fuga dai titoli di Stato di futura emissione, con la grave conseguenza di mandare in crisi il complesso del debito pubblico dello Stato.
Resta poi da vedere da dove saranno reperiti i restanti 7.5 mln di euro,non c'è da meravigliarsi se ci saranno altri decreti operanti notte tempo come il "prelievo coatto" dai c/c di Amato o l'eurotassa.
Insomma si rischia di tornare di nuovo ai "carrozzoni statali" della grande industria "mantenuta dai contribuenti",uno studio ha recentemente dimostrato che un azienda come la Fiat è costata ai contribuenti italiani qualcosa come 220.000
miliardi di lire dal 1975 ad oggi,per non parlare della acciaierie di stato l'IRI ecc.ecc.
In Italia non c'è,non c'è mai stata,nè ci sarà la cultura della grande industria,questi
pseudo grandi industriali investano di tasca loro in tecnolgia e ricerca,e rischino in proprio,a privatizzare contributi e profitti e socializzare le perdite sono capaci tutti.
Altrimenti delocalizzino o chiudano se non sono capaci di stare sul mercato.
Non è un caso che in questi anni,per la prima volta dal dopoguerra la Fiat per non fallire è stata costretta a mettere le mani sui propri capitali e indebitarsi con le banche,e non a carico dei contribuenti come al solito.
Un moderno stato deve dare all'industria infrastrutture e servizi all'altezza non altro.
BASTA CON L'INDUSTRIA DI STATO!!!!!
VIGILIAMO SUI NOSTRI RISPARMI
ALTRIMENTI PRENDEREMO ANCHE NOI UN "CUNEO" IN QUEL POSTO.
Mio padre ha già detto che nel caso questi signori vincano le elezioni,prima che il nuovo governo entri in carica "disinvestirà i risparmi" e non li lascerà certo in banca alla loro mercè.