ROMA - Non c' è pace al vertice dell' Atac. Dopo Parentopoli, un nuovo terremoto travolge l' azienda del trasporto pubblico romano. In un solo giorno, ieri, si sono dimessi il presidente e l' amministratore delegato, Luigi Legnani e Maurizio Basile. Una decisione che spiazza il Campidoglio, avvertito soltanto a cose fatte, e accolto con «profondo stupore» dal sindaco Gianni Alemanno. Dopo neanche sei mesi, dunque, il manager di lungo corso con fama di "risanatore", chiamato a ottobre per rimettere in sesto le disastrate casse di Atac e risollevare le sorti di una società travolta dagli scandali sulle assunzioni facili, getta la spugna. Ultima goccia: il rifiuto del sindaco di aumentare il biglietto di autobus e tram, impopolare per l' amministrazione capitolina ma necessaria a parere dell' ad per far quadrare i conti. Una scelta maturata nel corso del cda, dopo che sia il presidente del collegio dei sindaci, sia quello dell' azienda, avevano annunciato il loro addio. Che però non avverrà subito, ma diventerà effettivo solo il 16 giugno, giorno in cui l' assemblea dei soci approverà il bilancio 2010 sancendo ufficialmente un buco di 150 milioni (l' anno scorso la perdita si era fermata a 91). Un «disastro finanziario» più volte denunciato dall' opposizione, che ha già causato il blocco dei pagamenti ai fornitori e adesso mette a rischio lo stesso servizio del trasporto pubblico. Chiedono chiarezza i partiti della minoraza. «Ormai siamo al tutti contro tutti, Basile ci dica se fa sul serio», attacca l' Udc. «È la prova del fallimento della giunta Alemanno, lo scandalo Parentopoli ora lo pagheranno i cittadini romani», rincara il Pd. Lapidari Verdi e Idv: «Il sindaco faccia come l' ad di Atac e si dimetta».