E' un articolo un po' vecchio...
Voi?
Ogni quanto gettate via tv, telefonini, pc e simili ?
In un rapporto diffuso nei giorni scorsi Greenpeace denuncia che il Ghana sta diventando la discarica per i prodotti hi-tech dei paesi industrializzati. "Container pieni di vecchi computer spesso rotti, monitor e TV di varie marche come Philips, Sony, Microsoft, Nokia, Dell, Canon e Siemens arrivano in Ghana da Germania, Corea, Svizzera, Olanda e Italia sotto la falsa veste di 'beni di seconda mano'. Due "commercianti" di questi rifiuti in Ghana hanno spiegato a Greenpeace che la merce arriva dall'Olanda via Anversa. Ma la maggior parte del contenuto di questi container finisce nei cantieri africani dove i rifiuti vengono trattati e bruciati a mani nude dai giovani lavoratori" - riporta Greenpeace. Questo "riciclo", fatto in modo molto grossolano, ha lo scopo di estrarre parti metalliche, principalmente alluminio e rame, che poi vengono rivendute per circa 2 dollari ogni 5 chili.
Il mercato mondiale degli articoli elettrici ed elettronici è in continua crescita e ciò sta determinando, insieme al sempre più breve ciclo di vita di questi prodotti, un forte aumento di rifiuti tecnologici generati nel mondo. La stima è di 20-50 milioni di tonnellate prodotto ogni anno a livello globale. Un problema in ascesa se si considera anche la natura di questi rifiuti. I prodotti hi-tech, infatti, sono costituiti di molte sostanze e materiali pericolosi ed i rifiuti che ne derivano sono quindi difficili da riciclare e smaltire senza arrecare alcun danno all'ambiente e alla salute umana.
In alcuni paesi, soprattutto quelli occidentali, sono state introdotte normative specifiche che limitano l'uso di (alcune) sostanze pericolose nei prodotti tecnologici e regolano (in parte) la gestione dei rifiuti prodotti. "Queste leggi, però, sono limitate in quanto non regolano tutte le sostanze dannose impiegate nei nuovi articoli di consumo ed inoltre non sono state adottate in molti altri paesi dove questi articoli sono prodotti, usati e smaltiti" - avverte Greenpeace. "Nella stessa Unione Europea, dove vigono regolamenti alquanto restrittivi in materia, si perdono le tracce del 75% dei rifiuti tecnologici prodotti. Si tratta di un "flusso nascosto" - denuncia Greenpeace - che in buona parte viene esportato illegalmente in quei paesi dove il riciclo e lo smaltimento non sono regolati da leggi". E' già accaduto in Asia, dove gli impatti ambientali e sanitari sono già stati dimostrati da tempo ed ora sta avvenendo in altri paesi, come l'Africa, dove questo tipo di attività sono in forte crescita.
Lo studio di Greenpeace in Ghana focalizza sui due principali siti in cui avvengono le operazioni di riciclo e smaltimento selvaggio dei rifiuti elettronici: il mercato di Abogbloshie nella capitale Accra ed un piccolo cantiere vicino la città di Korforidua, a nord della capitale. "In queste aree i rifiuti sono riciclati in modo molto rudimentale e pericoloso, prima attraverso un disassemblaggio manuale e poi per mezzo di fuochi all'aperto. Operazioni utili ad isolare il rame dalle plastiche, per esempio" - sottolinea il rapporto. "La maggior parte del lavoro viene fatto da bambini e ragazzi, principalmente maschi, di età compresa fra gli 11 e i 18 anni, ma non mancano esempi di bimbi anche di 5 anni, che sono mandati dai genitori nella capitale per guadagnare denaro. I bambini eseguono le operazioni usando strumenti primitivi, spesso a mani nude, e senza alcun dispositivo di protezione, guadagnando meno di 2 dollari ogni 5 chili di metallo venduto (principalmente alluminio e rame)" - denuncia Greenpeace.
I campioni analizzati da Greenpeace sono stati prelevati sia da aree dove i rifiuti vengono bruciati all'aperto che da una laguna superficiale ad Abogbloshie. I risultati di laboratorio mostrano una contaminazione ambientale dovuta a numerosi composti organici tossici e persistenti, nonché a diversi metalli tossici presenti in alte concentrazioni. Queste sostanze sono in parte già presenti tal quali nei prodotti elettronici di consumo ed in parte derivano dai processi di combustione che avvengono senza controllo perché derivati da fuochi a cielo aperto. La natura e l'estensione della contaminazione chimica di questi siti africani è simile a quella trovata in un'altra indagine di Greenpeace condotta in aree di smantellamento di rifiuti elettronici in Cina, India e Russia. Il metodo non solo inquina l'ambiente ma espone gli operai a fumi e ceneri potenzialmente tossiche.
Greenpeace chiede controlli più severi sui carichi di rifiuti tra un paese e l'altro, ma soprattutto la messa al bando delle sostanze nocive dalla produzione e l'impegno da parte delle imprese a farsi carico anche dello smaltimento. "I Paesi ricchi continueranno ad avvelenare i Paesi più poveri del mondo fino a quando le aziende non elimineranno le sostanze pericolose dai loro prodotti elettronici e non si assumeranno la responsabilità di gestire l'intero ciclo di vita di un articolo di consumo" - conclude la nota di Greenpeace. Se è vero infatti, come segnala un altro rapporto di Greenpeace - che alcune aziende elettroniche stanno compiendo progressi nell'assunzione di responsabilità per l'intero ciclo di vita dei loro prodotti, multinazionali come Philips, Panasonic e Sharp continuano a ignorare ogni tipo di responsabilità legata ai rifiuti prodotti dai loro articoli a marchio.
Nel marzo scorso Greenpeace ha pubblicato inoltre la Ecoguida ai prodotti elettronici analizzando 37 prodotti di 14 aziende rispetto a quattro criteri: contenuto di sostanze chimiche tossiche; efficienza energetica nell'uso del prodotto; ciclo di vita del prodotto e innovazione e marketing. L'indagine condotta non ha designato un vincitore assoluto anche se diversi articoli tecnologici presentano innovazioni che sono prive di composti tossici, andando addirittura ben oltre le attuali norme, come la direttiva europea RoHS che limita l'utilizzo di alcune sostanze pericolose. [GB]
Greenpeace: in Ghana discariche di rifiuti hi-tech europei / Notizie / Home - Unimondo