Si era costituita parte civile nel processo contro il pedofilo che aveva abusato di una delle sue bambine. È stata assassinata con quattro colpi di pistola ieri mattina in via Ponte dei Francesi, una delle arterie d'ingresso alla città. Ad armare la mano dei sicari che hanno ucciso a Napoli Teresa Buonocore, 51 anni, di Portici, potrebbe essere stata proprio la sete di vendetta contro una donna che aveva scelto, senza tentennamenti, di chiedere giustizia. Nella notte le indagini sembrano essere arrivate alla svolta: quattro sospetti sono stati fermati e condotti in questura. [...]
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Il medico. Il politico. Il tatuatore. Il complice. Ecco i quattro protagonisti dell´esecuzione di Teresa Buonocore. Gli attori della presunta vendetta contro una "mamma coraggio", che ha difeso la sua bambina e si è costituita parte civile contro il pedofilo (condannato in primo grado a 15 anni), che aveva abusato di sua figlia. E lui, il pedofilo, è il quinto uomo di questa storia complicata e con protagonisti inaspettati e insospettabili.
Chi sono i quattro indagati? Lei sono andata a prenderla in ospedale, al Maresca di Torre del Greco. Alle prime luci dell´alba. Lui a casa. Lei, Patrizia Nicolino è medico radiologo. Lui, Lorenzo Perillo, titolare di una società di recapiti postali, è impegnato da anni in politica e si è candidato alle ultime elezioni comunali con il candidato del Pdl. Sono i due principali indagati, insieme ad Alberto Amendola, 26 anni, tatuatore di Portici, fermato come presunto killer, e a un complice, l´uomo che sarebbe stato alla guida dello scooter da cui sono partiti i colpi che hanno crivellato Teresa Buonocore, lunedì mattina.
Il quinto uomo è il fulcro della vendetta, il perno intorno a cui ruoterebbe tutta la vicenda: Enrico Perillo, il geometra detenuto a Modena per le violenze a una delle figlie della Buonocore. Patrizia Nicolino è la moglie di Enrico Perillo. Lorenzo e suo fratello. Alberto Amendola è un amico di famiglia e un paziente della Nicolino. Più defilati il ruolo e l´identità dell´uomo alla guida dello scooter.
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Il suo alibi era il jogging. Tragitto, orario, timer. Tutt'altro luogo che quello del delitto. Aveva calcolato tutto Giuseppe Avolio, ventunenne fan di Al Capone fermato per l'omicidio di Teresa Buonocore, la mamma coraggio uccisa lunedì in via Ponte dei francesi. Tutto tranne il suo peso: 108 chili. La polizia ha fatto un po' di calcoli. Impossibile correre tanto e in così poco tempo, l'alibi si sgonfia. Eppure Avolio dice e non dice, e quel che dice, sottolinea, lo ammette solo perché l'ha saputo dal suo amico di Facebook Alberto Amendola, complice nell'inchiesta per omicidio. I silenzi di Avolio indeboliscono le ammissioni di Amendola, che invece dichiara: "Mi è stato chiesto di uccidere Teresa Buonocore". E così, mentre i due vengono fermati per il delitto, i mandanti che Amendola chiama in causa tornano liberi, anche se indagati per omicidio. Sono Patrizia Nicolino, medico radiologo, e Lorenzo Perillo, ex candidato alle comunali di Portici (non eletto) con il Pdl. Per l'accusa sarebbero stati loro - secondo il racconto di Amendola - a chiedere di uccidere la mamma coraggio.
Omicidio per vendetta, perché la vittima, con la sua testimonianza, aveva fatto condannare Enrico Perillo - fratello di Lorenzo e marito della Nicolino - a quindici anni di carcere per abusi sessuali sulla figlia di otto anni di Teresa. I due parenti stretti avrebbero dunque elaborato un agguato studiato nei dettagli, mentre resta per ora fuori dalle indagini Enrico Perillo. Per gli investigatori della Squadra mobile coordinati dal dirigente della Omicidi Pietro Morelli la vittima sarebbe stata pedinata dai sicari nei giorni precedenti il delitto. Studiate mosse e abitudini fino all'assassinio. Il prezzo dei killer: per Amendola l'assunzione nell'agenzia di recapiti postali di Lorenzo Perillo, per Avolio diecimila euro.
Storia ancora piena di punti oscuri e un verbale di fermo per i due killer secretato dai magistrati. La ricostruzione delle diverse fasi grazie al lavoro dei poliziotti di Portici diretti dal vicequestore Michele Spina, con il ritrovamento dello scooter usato per l'omicidio (di proprietà dell'ignaro fratello di Amendola, che ne denuncia il furto) e l'inquietante ritrovamento di un vero arsenale in un rimessaggio nella disponibilità della famiglia Perillo (ma per la difesa accessibile ad estranei): cinque pistole, due mitragliatrici, caricatori e munizioni, giubbotti antiproiettile.
Armi per ora non collegate al delitto. Emergono dettagli che riescono a tracciare una linea continua dei rapporti tra le parti di questa vicenda. Perché Avolio, quello che ha parlato meno con gli inquirenti, è solo il complice di Amendola. Questi è invece la figura chiave, che compare negli atti del processo contro Enrico Perillo in qualità di testimone a favore. Il tatuatore, amico della famiglia Perillo, racconta ai giudici che una delle due ragazzine violentate dal pedofilo era andata da lui a confessargli che si era inventata tutto. Ma la sua testimonianza non convince e Perillo viene comunque condannato. È in quella sede che conosce Teresa Buonocore, testimone al processo che mette a verbale: "Avevo notato che mia figlia aveva stranissimi comportamenti. Ma mai mi sarei immaginata che potesse succedere una cosa del genere. Mi fidavo dei Perillo...".
La condanna, il pagamento della provvisionale di cinquantamila euro. Che sarebbe, per gli inquirenti, la molla che fa scattare la rabbia dei familiari di Perillo. Non così per la difesa di Patrizia Nicolino e Lorenzo Perillo, il pool di avvocati Lucio Caccavale, Francesco Miraglia e Domenico Scarpone. "È passato troppo tempo da quella testimonianza per ipotizzare una vendetta - commenta l'avvocato Caccavale -. La provvisionale? La dottoressa Nicolino aveva chiesto di mandare un notaio dal marito in carcere per la firma di un mutuo per pagare la parte lesa, così da avere maggiori possibilità di una sentenza favorevole in vista dell'Appello".
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