Ne
Il principio speranza,
Bloch mostra come la coscienza anticipante dell'uomo, la sua capacità di anticipare i progetti più alti mettendo in moto lo sviluppo storico,
si manifesti sia nelle piccole forme storiche quali: i
sogni e le aspirazioni che caratterizzano la vita quotidiana, il mondo fantastico delle favole, i racconti dei films e degli spettacoli teatrali, le utopie sociali sia nelle grandi concezioni religiose, filosofiche.
In tutte queste forme della coscienza anticipante dell'uomo,
l'elemento fondamentale è la speranza, la quale non è qualcosa di puramente soggettivo ma aspetto reale dello sviluppo concreto dell'essere.
L'essere non è infatti
ontologicamente definibile nella sua immediata staticità e cristallizzazione ma
il vero, vitale essere è il non-essere-ancora.
Dall'analisi della natura della coscienza anticipante dell'uomo, infatti, emerge chiaramente il
non-ancora come la sua verità più profonda che dà valore reale alla speranza, intesa non più come astratto sogno campato in aria, ma come
docta spes, oggettivamente basata sul dinamismo della realtà.
La speranza allora, non è solo un atteggiamento sentimentale, ma concreta forza di voler costruire, con precisione razionale, la realtà. Così accade nell'
arte e in particolare nella
musica quando, sulla base di una rigorosa reale base
matematica, essa suscita in noi un flusso di sentimenti.
Tuttavia, già nell'
Introduzione alla traduzione italiana di quest'opera principale di Bloch,
Remo Bodei ricorda che non tutti i miti e i filosofi hanno considerato la speranza una virtù. E di ciò sembra accorgersi pure lo stesso Bloch, sia prendendo atto delle impreviste e non volute ricadute del suo pensiero sulla "Teologia della speranza" del protestante
Moltmann, sia inserendo al capitolo 20 un'importante alternativa:
la speranza non più come sguardo ottimisticamente diretto al futuro, bensì come immersione nelle potenzialità insite nel presente, quando l'uomo tenta di vivere cogliendo l'eternità nell'istante, il carpe aeternitatem in momento e il nunc aeternum dell’attimo oscuro.
La nostra coscienza del presente, che noi crediamo chiara, in effetti è offuscata: alla base del faro non c'è luce; noi dobbiamo dirigere la sua luce della speranza su ogni attimo della nostra vita presente, altrimenti la luce del faro si perde nella notte del futuro.
La speranza come proiettata nel
divenire storico, come creatrice della storia, implicava una nuova definizione della
filosofia della storia e, in quest'ambito, della
dialettica sia
hegeliana che marxista.
L'utopia e la speranza infatti, danno all'uomo la possibilità di anticipare quel
futuro dove l'uomo stesso realizza la sua intima
essenza; ma
il vero futuro deve essere nuovo, non può essere qualcosa di predeterminato nel passato e nel presente così da essere prevedibile in modo del tutto certo.
La speranza è certa nella soggettività (
spes qua speratur, la speranza nella quale si spera) dell'individuo ma è altrettanto incerta nella sua oggettività (
spes quae speratur, la speranza che si spera), altrimenti si renderebbe nullo e inefficace il concetto stesso di speranza.
La speranza infatti è continuamente sottoposta al rischio, all'incertezza, deve il continuamente lottare per il futuro-nuovo, deve sempre
stare sul fronte
La teologia della speranza
« Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un cristiano può essere buon ateo
»
(E. Bloch,
Ateismo nel Cristianesimo. Per una religione dell'Esodo e del Regno (1968))
Questo provocatorio motto può essere considerato come sintesi del
dialogo aperto da Bloch, dopo il suo ritorno nella Germania occidentale, tra la concezione marxista e la visione
teologica cristiana da cui si è sviluppata la cosiddetta "teologia della speranza".
Bloch propone una nuova lettura e interpretazione della
Bibbia secondo quella che egli chiama
deteocratizzazione, l'eliminare cioè dai testi sacri tutto quello che viene attribuito a Dio come monarca
trascendente: configurazione questa presa a giustificazione di ogni sopraffazione del potere dell'uomo sull'uomo. Bisogna invece rintracciare e mettere in rilievo quell'ideale di liberazione che attraversa tutto il testo biblico e che anticipa la finale salvezza dell'uomo.
Percorrendo la linea tracciata da
Feurebach e Marx, per cui
«la critica della religione porta alla dottrina secondo la quale l'uomo è, per l'uomo, l'essere supremo; dunque essa perviene all'imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, asservito, abbandonato e spregevole», Bloch giunge così a quell'
ateismo umanistico che afferma l'
assolutezza dell'uomo, incompatibile con l'assolutezza di Dio.
Il trascendente divino, così come appare nella Bibbia, mette in luce questo contrasto insanabile tre Dio e l'uomo, questa rivalità tra il divino e l'umano che è da superare eliminando dalla Bibbia ogni raffigurazione della trascendenza divina sostituendovi il «
trascendere senza trascendenza» proprio dell'
uomo che vuole essere «come Dio», senza Dio, per arrivare alla sua totale liberazione.
L'opera citata si conclude auspicando un incontro, non un compromesso, basato sul carattere umanistico che vive in entrambi, tra marxismo utopico, (purificato dal materialismo meccanicistico e dagli interessi solo economici, aperto all'utopia del regno della libertà) e cristianesimo ateo (privo di elementi
teocratici e finalizzato alla liberazione utopica dell'uomo).
Come il marxismo ha indicato materialmente la strada verso l'ideale utopico,così il cristianesimo ha sempre tenuto vivo nel cuore dell'uomo il desiderio utopico: ora, di comune accordo, possono avviare l'uomo verso l'
utopia concreta.