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L'alienazione religiosa

  1. #1
    Dovahkiin
    Utente cancellato

    Predefinito L'alienazione religiosa

    Ok, ho deciso di aprire un topic serio per una volta. Ho studiato ultimamente, per piacere personale, l'alienazione religiosa secondo il pensiero dei suoi tre più grandi sviluppatori: Hegel, Feuerbach e Marx.
    Riporto qui una sintesi di quelle che sono le loro idee, per chi volesse farsene un'idea... Chi già le conosce le salti pure a piè pari



    HEGEL
    Per Hegel l’alienazione è un estraniarsi, un uscire da sé. Non è una perdita, ma anzi porta ad un arricchimento finale.
    Hegel interpreta la religione cristiana come una forma di alienazione. Il termine alienazione assume qui 2 significati a seconda che venga riferito alla coscienza umana o a Dio.
    Nel corso della storia si sono verificati diversi livelli di alienazione religiosa da parte della coscienza:

    • Il medioevo è il periodo caratterizzato da un maggior livello di estraniazione. Dio è visto come completamente trascendente all’uomo, e come essere sensibile ed esteriore. La coscienza non riesce così a ricongiungersi con l’assoluto perché muove dal presupposto che finito ed infinito siano separati, e risulta infelice.
    • Con il Rinascimento e la Riforma protestante vi è un superamento dell’estraneazione. Si afferma infatti l’interiorità e la spiritualità che portano ad una riconciliazione tra umano e divino. Secondo Hegel il protestantesimo è l’autentica realizzazione della verità cristiana.
      Il secondo significato va riferito alla venuta di Cristo.
    • Dio si aliena da sé abbandonando la propria infinitezza, facendosi finito, e immergendosi nel travaglio del negativo. Qui sta la concezione della riconciliazione di finito e infinito.

    FEUERBACH :
    Per Feuerbach la teologia (studio di Dio) è in realtà antropologia (studio dell’uomo).
    La religione può essere considerata vera in quanto è una prima forma di autocoscienza dell’uomo, ma in realtà è falsa perché porta all’alienazione. Scinde infatti l’uomo in:

    • PARTE CORPOREA, SENSIBILE, FINITA (individuo) in contrapposizione con
    • PARTE DIVINA, ASSOLUTA, INFINITA (essenza)

    Egli, invece di riflettere su sé stesso, inventa un Dio proiettando in esso i caratteri migliori dell’umanità, e in questo modo inconsapevolmente si aliena. Feuerbach fa la prima grande affermazione di ateismo.
    La religione è vista addirittura come una patologia psichica perché porta all’immiserimento dell’uomo e del mondo terreno. Essa va curata con la consapevolezza: attraverso un processo lungo e un percorso teoretico l’uomo supererà la fede incondizionata e i dogmi sviluppatisi in secoli di storia. Arriverà così a riappropriarsi di sé e a capire che l’infinito è dentro di lui.
    In effetti già il messaggio cristiano può far capire che uomo e Dio sono la stessa cosa:

    • il Dio cristiano non è solo un essere onnisciente (Dio della ragione) e onnipotente (Dio della morale), ma anche il Dio dell’amore, che per amore si è fatto uomo simbolizzando così il ricongiungimento di essenza e individuo.
      Questo messaggio positivo è però bloccato dalla fede, l’antitesi dell’amore:
    • nella fede infatti l’aspirazione legittima alla felicità si configura come un desiderio egoistico di beatitudine individuale; e poiché l’uomo vive solo in vista della propria salvezza ultraterrena tralascia il lavoro comunitario e il progresso.
      Obiettivo di Feuerbach è quindi liberare l’amore dalla fede.

    MARX
    Marx non si limitò a far propria la tesi di Feuerbach circa la religione come alienazione dell’essenza dell’uomo. Infatti le differenze fra le concezioni dei due filosofi sono molteplici:

    1. Mentre Feuerbach concepisce l’uomo come astratto e astorico, Marx lo concepisce come concreto e storicamente determinato.
    2. Mentre per Feuerbach la religione scaturisce dallo squilibrio tra essenza infinita e individualità finita, per Marx scaturisce da una più profonda e originaria alienazione sociale.
    3. Mentre per Feuerbach la religione è una prima forma di autocoscienza dell’uomo, per Marx è l’espressione della sua miseria.
    4. Mentre Feuerbach contro l’alienazione religiosa propone la presa di coscienza che la teologia è antropologia (giungendo ad una nuova era), per Marx va insegnato agli uomini che l’uomo è essenza suprema di sé stesso (giungendo al rovesciamento dei rapporti sociali e alla fine di ingiustizia, degradazione e assoggettazione).
    5. Infine Feuerbach è convinto di vivere nel periodo del tramonto del cristianesimo sopraffatto dalla secolarizzazione, mentre Marx sostiene che l’epoca in cui vive è caratterizzata dal cristianesimo che è la religione specifica della borghesia e del capitale.

    In particolare per Marx la religione è:

    • un’ancora di salvezza per coloro che vivono in una condizione di miseria perché permette di sperare in un mondo migliore nell’aldilà
    • un’illusione creata dai potenti per sottomettere l’uomo, per far dimenticare i problemi e la miseria; Marx la chiama “oppio dei popoli”

    L’alienazione religiosa è in realtà un aspetto di una più generale alienazione economica. Marx giunge a evidenziare alcune fondamentali contraddizioni tra i presupposti dell’economia:

    1. l’aumento della ricchezza genera l’impoverimento dell’operaio
    2. la concorrenza sfrenata porta al monopolio
    3. l’interesse del capitalista è in contrasto con quello della società
    4. l’economia non mostra interesse per l’uomo, considerandolo solo come un mezzo di guadagno
    5. suppone cose che in realtà non sono naturali (Es. proprietà privata)

    L’economia porta quindi a una generale alienazione:

    • dall’oggetto del lavoro (che non appartiene al lavoratore)
    • dall’attività lavorativa (che non è più momento di realizzazione dell’uomo)
    • dalla natura (che spinge l’uomo a trasformare la natura secondo un progetto consapevole)
    • dall’uomo stesso (che diventa unicamente forza lavoro di proprietà del capitalista)

    Tuttavia attraverso la filosofia l’uomo avrebbe potuto riappropriarsi di quanto perduto con l’alienazione e, prendendo coscienza del suo stato, giungere alla rivoluzione. Successivamente, attraverso tappe necessarie, si sarebbe potuta instaurare la società comunista. Queste tappe sono:

    1. COMUNISMO ROZZO con lo stato che si fa tutore e gestisce la proprietà privata portando i cittadini all’uguaglianza economica (dittatura del proletariato)
    2. COMUNISMO POLITICO con istituzione dell’uguaglianza dei diritti
    3. COMUNISMO POSITIVO con la sparizione della proprietà privata

    Dopo l’analisi dell’economia Marx focalizza l’attenzione sulla storia e formula il materialismo storico. Secondo questa concezione lo sviluppo (dialettico) della storia è frutto di elementi materiali. L’uomo infatti è materia e per vivere deve soddisfare dei bisogni materiali primari; organizza così la produzione dei mezzi di sussistenza. Man mano che la produzione cresce, si sviluppa la divisione del lavoro (una divisione prima per sesso, poi fra lavoro manuale e intellettuale e arriva fino alla specializzazione del lavoro moderna, il culmine della divisione).
    La necessità di soddisfare bisogni a portato alla formazione di una rete di rapporti di produzione, che Marx chiama struttura. Da questa dipende la sovrastruttura, un mondo ideale creato dall’uomo (permette l’arte e la religione) dove risiedono tutti i suoi valori e ideali. La sovrastruttura è un’utile valvola di sfogo per la società, ma nella società capitalistica essa è controllata dalla borghesia, che impone agli altri i suoi valori di ricchezza e guadagno.




    Qual'è la vostra visione sull'argomento? Cosa ne pensate?
    Basandovi possibilmente su questi tre autori (ma sono accettati tranquillamente discorsi provenienti da altre correnti filosofiche o autori) quale considerate sia il pensiero che più si avvicina al vostro?
    Ultima modifica di Dovahkiin; 26/1/2009 alle 2:34

  2. #2
    obo
    .
    35 anni
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    "La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli."

    la religione è fatta di dogmi e regole imposte che tu credente devi comunque accettare e (teoricamente) seguire. Se la religione ti dice che la terra è piatta tu ci credi senza appello anche se qualcuno ti ha dimostrato che è rotonda. E sei talmente pieno di te e sicuro di possedere la verità assoluta che un certo dio ti ha tramandato, che neanche ti interroghi o ti poni dello domande o dei semplici dubbi.

    metto le mani avanti per evitare fraintendimenti: la spiritualità personale e interiore è un'altra cosa.

  3. #3
    Chien Andalusia
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    la religione dà certezze, dogmi, è statica. la filosofia intimorisce, riempie di domande, fa crescere.
    la religione è più facile. la filosofia è difficile.
    per questo la religione mi interessa poco.
    se invece mi chiedi cosa penso di dio, beh, potrei rimandarti direttamente a Schelling, ma proprio in toto. ma dio e religione non coincidono affatto.

  4. #4
    colibrì
    Utente cancellato

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    io la penso come Hegel, sono per "l'anima individuale"... d'altronde sono protestante... ha anche un senso ciò che penso

  5. #5
    FdT svezzato
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    La religione va intesa come "apertura al Divino" (e non tanto, o non solo, come insieme di dogmi, regole).
    Nell'animo di ogni uomo, prima o poi, emergono delle domande con cui bisogna confrontarsi (il senso della vita, il dolore, la felicità).

    Personalmente, la religione cristiana mi ha dato le risposte che cercavo e mi permettere di vivere la religione non come una serie di regole da seguire (senza magari capirne il motivo) ma come un metodo per il raggiungimento della piena felicità.
    Altro che "alienazione": è un'esigenza legata alla natura stessa dell'uomo (quella cioè di essere "creatura" e di dipendere da un Altro).

  6. #6
    Can che dorme Wolverine
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    Altro che "alienazione": è un'esigenza legata alla natura stessa dell'uomo (quella cioè di essere "creatura" e di dipendere da un Altro).
    Chi ha detto che è così "obbligatorio" e connaturato dover dipendere da un "Altro"?....

  7. #7
    FdT svezzato
    Uomo 47 anni da Pavia
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    Chi ha detto che è così "obbligatorio" e connaturato dover dipendere da un "Altro"?....
    Non è una questione di "obbligatorietà" ma di prendere coscienza della nostra vera natura. Noi non ci facciamo da soli nè possiamo aggiungere un secondo alla nostra vita. Dipendiamo quindi da Qualcuno (Dio) che ci dà la vita in ogni istante.

  8. #8
    Can che dorme Wolverine
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    Non è una questione di "obbligatorietà" ma di prendere coscienza della nostra vera natura. Noi non ci facciamo da soli nè possiamo aggiungere un secondo alla nostra vita. Dipendiamo quindi da Qualcuno (Dio) che ci dà la vita in ogni istante.
    Questo che hai detto è in contrasto con il fatto che la vita media era di circa 40-50 anni fino a qualche secolo fa, e 70-80 oggi.....e dal fatto che possiamo noi decidere della nostra vita adottando un certo stile di vita piuttosto che un altro, o anche suicidandoci (per quanto mi sembri spesso un gesto da codardi, e qualche altra volta un gesto di onore, ma il concetto di base non cambia).

    Non sto mica dicendo che è in assoluto stupido o sbagliato credere, non capire male.....dico solo che non è giusto considerarlo come una via "prestabilita" e "connaturata".....dato che milioni di atei in tutto il mondo vivono altrettanto bene.....

  9. #9
    obo
    .
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    La religione va intesa come "apertura al Divino" (e non tanto, o non solo, come insieme di dogmi, regole).
    Nell'animo di ogni uomo, prima o poi, emergono delle domande con cui bisogna confrontarsi (il senso della vita, il dolore, la felicità).
    ma questa non è religione, è la spiritualità.
    ogni uomo di pone delle domande sul senso della vita ecc.. e cerca una risposta. poi c'è chi le cerca in se stesso, chi nella natura, chi nella religione (e torno a quando ho detto prima), chi nella scienza ecc..

  10. #10
    FdT svezzato
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    Questo che hai detto è in contrasto con il fatto che la vita media era di circa 40-50 anni fino a qualche secolo fa, e 70-80 oggi.....e dal fatto che possiamo noi decidere della nostra vita adottando un certo stile di vita piuttosto che un altro, o anche suicidandoci (per quanto mi sembri spesso un gesto da codardi, e qualche altra volta un gesto di onore, ma il concetto di base non cambia).

    Non sto mica dicendo che è in assoluto stupido o sbagliato credere, non capire male.....dico solo che non è giusto considerarlo come una via "prestabilita" e "connaturata".....dato che milioni di atei in tutto il mondo vivono altrettanto bene.....
    Ma io non parlo di prospettive di vita in senso biologico (legate ai progressi della medicina).
    Intendo invece considerare una questione antropologica fondamentale: l’uomo è una creatura, cioè viene generato (è un dato di fatto che non si può smentire). Non si fa da sé. La “macchina corpo” funziona indipendentemente dalla mia volontà (tant’è che il cuore batte anche mentre dormo).
    Prendere coscienza di questo, significa rendersi conto che esistiamo grazie ad un Altro (che ha creato l’uomo, la terra, etc.), che non siamo noi a generarci.
    Da qui, è naturale conseguenza fare i conti con quelle domande (il senso della vita, il dolore, la felicità) che sono presenti nel cuore di ogni uomo. La religione è appunto il metodo per aiutare l’uomo a prendere coscienza di queste domande e ad indicare la strada verso la vera e piena felicità.
    Che poi anche gli atei possano vivere “bene” (bisognerebbe però capire cosa significhi “vivere bene”…) fingendo che le domande di cui sopra non esistano è un altro discorso. Resta il fatto che l’esigenza di felicità, comune ad ogni uomo, è inestirpabile: la religione indica la strada da seguire. L’ateismo, non so.

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