Dal 9 luglio 2003 la Converse appartiene alla Nike dalla quale è stata comprata per 305 milioni di dollari; in questo modo sono state promosse come un fenomeno della moda e non solo un simbolo di appartenenza ad un genere musicale. Nell'estate 2007 è prevista l'uscita di una serie super limited edition fatta in collaborazione con il leader degli U2 Bono Vox
Nike ha rivelato, per la prima volta, quali sono e dove sono localizzate le fabbriche, sparse nel mondo, da cui si rifornisce. La compagnia, al centro da anni di polemiche sulle condizioni di lavoro nella sua catena di fornitori, ha indicato quattro principali aree di violazione dei diritti dei lavoratori: ore di lavoro, libertà di associazione, stipendi e molestie. Il ricorso al lavoro minorile risulta raro.
Al 31 maggio 2004, le fabbriche dei fornitori di Nike erano 731, di cui 124 in Cina, 73 in Thailandia, 35 in Sud Korea e 34 in Vietnam. I lavoratori occupati sono oltre 650.000, in maggioranza donne tra i 19 e i 25 anni. Oltre 285.000 sono nell’Asia settentrionale e oltre 265.000 in quella meridionale.
Tra il 2003 e il 2004, Nike ha controllato 569 fabbriche di suoi fornitori. In oltre il 25% delle fabbriche del Sud asiatico sono stati riscontrati abusi verbali e fisici nei confronti dei lavoratori, mentre tra il 25 e il 50 per cento delle fabbriche in quella regione pongono restrizioni all'uso delle toilette e alla possibilità di bere acqua nell’orario di lavoro.
Inoltre la metà delle fabbriche dell'Asia del Sud e nel 25% delle fabbriche sparse nel mondo, l'orario normale di lavoro supera le 60 ore settimanali. Le informazioni sono contenute nel secondo Rapporto di Nike sulla “Corporate Responsibility”, che non venne pubblicato dal 2002, quando alcune notizie trapelate erano state utilizzate per intentare una causa contro la multinazionale da parte di un attivista californiano, Marc Kasky, che l’aveva accusata di comunicazioni commerciali false e ingannevoli sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche dei suoi fornitori.
Nike ebbe il coraggio di contestare l'accusa invocando il Primo Emendamento, riguardante la libertà di espressione, sostenendo che quanto riportato nel suo primo Rapporto non era strettamente legato alla commercializzazione e alla promozione dei propri prodotti. La controversia, arrivata davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, si risolse nel settembre 2003 con un accordo tra le parti, in base al quale Nike decise di destinare 1,5 milioni di dollari in programmi di monitoraggio dei luoghi di lavoro nei Paesi in via di sviluppo e nella promozione di progetti informativi per i lavoratori.
L'operazione trasparenza di Nike ha ricevuto le congratulazioni dell'International Textile Garment and Leather Workers Federation (ITGLWF), che riunisce 217 organizzazioni sindacali in 110 Paesi, rappresentanti oltre 10 milioni di lavoratori del settore, tra cui le italiane Filtea-Cgil, Femca-Cisl e Uilta-Uil (si congratulano pure, roba da pazzi ndr). Questa notizia è stata pubblicata dal periodico “rsinews”.
-l'ho trovato nel blog di un mio amico-