Rubo dal sito del corriere il titolo di questo speciale, fondamentalmente per riportare il commento di un utente che mi ha particolarmente colpito:
Lo spazio per la felicità
23.10 | 22:01 Fede#79
Eppure io non mi abbatto:
sorrido di loro ed è il mio modo di non arrendermi.
Io non sono mai stato choosy:
faccio un lavoro di un’umiltà disarmante e lo faccio bene.
[tra l’altro, “disarmante”: che parola meravigliosa!]
Non ho grandi rimpianti:
avrei potuto prendere altri sentieri, allungare il giro,
fare una strada più lunga,
ma alla fine non credo che sarei arrivato in un posto diverso.
Lavoro all’università, non per l’università.
E una preposizione può cambiarti lo stipendio.
Incontro ogni giorno gente scesa a compromessi per fare carriera,
anche persone che hanno molti meno titoli di me.
Prendono l’ascensore, mentre io salgo le scale.
Do a tutti del lei, quando mi danno del tu sbagliando i congiuntivi.
Io non sbaglio un congiuntivo dal 1986.
Sorrido di loro ed è il mio modo di non arrendermi.
Anch’io sono sceso a compromessi, ma con me stesso.
Non sognavo questa vita, ma ho imparato a viverla.
E forse è normale che funzioni così:
in fondo non sognavo quasi niente di quel che ho vissuto,
ma quel che ho vissuto mi è piaciuto e non lo cambierei con niente.
Non rinnego gli studi, rifarei ogni cosa
[studio ancora, se è per questo].
Non ho studiato per il diploma, la laurea, il master:
sono pezzi di carta, convenzioni.
Il vero studio è egoismo.
Il vero studio è per sé stessi.
La sera, prima di addormentarmi, leggo Kerouac e Steinbeck
mentre giovani rivoluzionari twittano del niente.
Li hanno distratti.
Hanno costruito per loro dei giocattoli perfetti,
cianfrusaglie innocue con cui tenerli occupati.
Li chiamano social ma lì dentro tutto puzza di solitudine,
anche la rabbia di ragazzi che non fanno paura a nessuno.
Intanto il mondo cambia e loro se ne accorgeranno da vecchi.
Abbiamo buttato una generazione,
che è andata in crisi molto prima del Paese.
La prossima sarà quella dei miei figli.
La crisi è un fatto,
ma dobbiamo fare in modo che non diventi alibi.
Non è il tempo che ci frega,
stavolta è il modo.
E il condizionale è il modo della vita che non viviamo.
Ci vogliono pigri.
Sorrido di loro ed è il mio modo di non arrendermi.
Mio nonno faceva l’usciere:
sveglia all’alba e uno stipendio da miseria.
Prospettive di carriera: nessuna.
Non è mai uscito dall’Italia,
non ha mai guardato granché lontano,
conosceva e amava ciò che aveva sotto gli occhi.
Non ho mai conosciuto una persona più felice di lui.
Quando penso alla felicità, io penso al caffè.
L’odore, il rumore, il sapore del caffè.
Perché se c’è una cosa che ho imparato
è che la felicità è nelle piccole cose,
quelle che occupano poco spazio.
E se ci fossimo solo convinti che la felicità è altrove?
Varrebbe la pena domandarselo.
Ecco, io penso che loro avranno vinto davvero
quando noi inizieremo a pensare di aver perso
lo spazio per la felicità.
E credo che molti lo pensino già.
Sorrido di loro ed è il mio modo di non arrendermi.
L'ho trovato geniale, profondo, scritto molto bene e significativo.
Dopo essermi stupito di trovare, nel mare delle lamentele e delle polemiche, una gemma preziosa e rara come questo commento.. ho capito che verità fondamentale urlano quelle parole.
Cosa ne pensate? Dopo la TV, i social network sono davvero mezzi di distrazione di massa?
Stanno davvero cercando di spostare il nostro concetto di felicità e libertà solo per controllarci meglio o tenerci a bada?
Io come già si può cogliere in altri miei post, sono molto critico verso l'uso che alcuni fanno dei social network e lo "svendere" e "mettere in piazza" le proprie intimità su piattaforme che utilizzano qualsiasi nostro input per mero scopo econonomico... e non fatico a pensare che la diffusione incontrollata di questo sistema possa in un futuro nemmeno troppo lontano condizionare le vite di molti. (ma forse dicevano questo anche della tv i nostri nonni).
Quello che è certo è che stimo ed invidio un po' l'autore del post.
Fonte:
http://solferino28.corriere.it/2012/...zinoso-scriva/